venerdì 30 dicembre 2011

Epifanie / 10

L'assenza e' privazione. Disagio. Buio nero. Freddo.
L'assenza e' non colore. Immobilità. Estraneità.
L'assenza e' dolore che non e' manco dolore. E' fame che non si sazia. Sete che non si placa. Smania che non diventa voglia.
L'assenza e' inutilita', perdita di senso e significato. Vuoto abissale.

La presenza e' realtà, calore, colore.
La presenza e' amore.

Lo so perché tu ora sei qui.

giovedì 29 dicembre 2011

RIFLESSIONI 37 / abbiamo trasmesso la rubrica...

E poi viene il giorno in cui ti aspetti che finalmente venga accettata l'esternazione di un tuo "giudizio" 
(NB: "giudizio": lo scrivo tra virgolette perché volutamente gioco con questa parola che di fatto odio. Odio la sola idea del giudizio e del giudicare).

Il giorno in cui finalmente pensi che sia il tuo turno, che tu abbia diritto di cittadinanza.
Speri davvero che il tempo sia maturo. Ti sei preparata, hai studiato, hai aspettato di buon grado, hai pure sofferto e faticato.

E invece quel giorno tanto atteso, diventa per te il giorno dell'ennesimo giudizio. Un giudizio che devi accettare, anzi, subire senza appello. Con tanto di dichiarazione di rottura di palle finale. Ma mica subito eh... ce ne vuole...

Complimenti Corsi per la perspicacia con cui ti eri preparata: come uno che va in montagna a gennaio col bikini e la crema solare...

Eri arrivata lì, muta, speranzosa di non dover dire manco una parola, certa che tanto tutto ormai doveva esser chiaro e invece... Ti tocca di parlare e di dire. Forse, pensi, può esser un bene. 

Non capisci. Ti senti disorientata e eviti parole a favore di sensazioni fisiche. Poi ti sembra che veramente ci sia spazio per le parole, che le parole siano richieste, cercate e resti anche un po' basita... all'inizio ci vai piano. ma davvero son chiamata a parlare anche io?
Il gioco cresce. E tu ci cadi dentro.
In men che non si dica ti trovi a girare il manico nel solito paiolo di minchiate. 

Basta: non ne puoi più, decidi che per una volta è meglio se "ti affermi". 
Affermi te, quello che vedi, quello che provi e quello che pensi.

Ma neppure la tua "tenera mezza età" ti ha insegnato che le piaghe altrui non si toccano, manco se te le sbattono addosso, perché poi, una volta sfiorato il bubbone, inutile appellarsi alla ragione, alle parole più o meno misurate che alla fine escono di misura, inutile metter il freno ai sentimenti quando i sentimenti strabordano. 
Tu sei quella stronza che fa male e che mette le mani dove non dovrebbe...
Inutile anche appellarsi al bene che non riconosci più, affogato dall'egoismo, dal cinismo e dal risentimento.

Epperò, quando alla fine anche il limite della tua sopportazione che, per come ti conosci, ormai è veramente diventato extra/ordinario modello santamariagoretti, viene calpestato, succede che ti incazzi. Ma come raramente ti sei incazzata.

Mi si perdoni l'abuso di francesismi.: sì, mi sono incazzata.
Abbiate pazienza, succede anche a me.
E quando mi incazzo cade la mannaia del silenzio così mi sfogo qui. Tanto chi mi sente?

Anzi, a proposto di sentire... se mai qualcuno si sentisse tirato in causa non abbia dubbi: sì, parlo con te. E anche con te. E anche con quell'altra laggiù.
Eh, è andata male, oggi siete tanti.
Chi c'è finito e chi ci si è messo, siete tutti nel calderone della mia incazzatura: quelli che non hanno l'elenco del telefono, quelli che non hanno senso di responsabilità, quelli che non hanno rispetto, quelli che son privi di morale (e io e questi sappiamo di quale morale parliamo), quelli che devono avere l'assoluzione, quelli che vogliono l'estrema unzione e quelli che cercano anche il miracolo.

Notizione, leggete il cartello: 
"LA PREMIATA DITTA CORSI E' CHIUSA PER SANO EGOISMO 
INDOTTO DALLA VOSTRA EMULAZIONE"

Ovvia, voglio provare ad essere egoista per un po'. 
C'è chi va in vacanza per un po'. Io no, sono egoista per un po'.
Offesa. Incazzata e quindi permalosa ed egoista. 
Voglio fare questa esperienza prima di morire, dal momento che la fanno tutti e tutti campano proprio bene, la faccio anche io. Evaffanculo!

Ma porca miseria: ti aspettavi non dico delle scuse, ma almeno la presa di coscienza silenziosa di chi ti aveva usato un torto. Ti aspettavi di esser stata chiara nel tuo giocare a perculare con leggerezza chi ti tirava dentro a difficoltà di cui non volevi sapere niente. Ti aspettavi di esser tacciata di esser stata brusca per la precisione con cui avevi dichiarato che non te ne frega niente di tubi rotti e lavatrici scassate. E invece?
Ancora c'è la fila?

E chi ti vuole così, chi ti dice che sei cosà, chi ti taccia di esser colà...
E tu diventi quella sbagliata. Ma manco per niente!
E allora cari amici, state alla larga! Sono inavvicinabile per il modo e la maniera con cui mi offendete. 
Si, mi offendete. Offendete me, la mia intelligenza, la mia sensibilità, la mia disponibilità.
Mi avete punto e io sento male e mi difendo. Niente altro. Niente di più. 
Forse mi passerà, ma mica lo so...

Tanto avete sempre qualche angelo custode di scorta nel cassetto no? Un amichetto pret/a/porter. Mica resterete a "culo ignudo"? Da soli? No, non ne siete capaci. Chi non a chieder scusa, non sa manco stare solo.
Bene, del malcapitato di turno, abbiatene cura. E buona fortuna.

Cara Corsi, veniamo a noi: 
sbraiti tanto e poi te lo mettono sempre lì. Sei la solita credulona. 
Di buono c'è che alla fine cresci, ma per negativo, non per positivo. Per sottrazione non per somma. E i conti a te non tornano mai. 

Sarà caso di cambiare.


Buoni propositi per l'anno prossimo:
- smettere di nutrire aspettative, anche su se stessi, che l'unica cosa certa è la delusione
- conoscere Jonny Deep (che se con un uomo devi avere a che fare almeno ne valga la pena per il guscio)
- visitare diverse capitali europee così da andarci e raccontarle e non farsele raccontare
- godere il più possibile e fisicamente e moralemente e cerebralmente (ci sarà anche qualche altro che può pensare ai casini vari no?)
- sbattersene delle piaghe del prossimo, sublime e raffinato sistema per fagocitare le dementi come te che pensano sempre che l'altro abbia bisogno di una pacca sulla spalla e dar loro modo di rinfacciarti a vita di averli amati troppo
- smettere di amare troppo chiunque e la qualunque che poi di speciale non c'è quasi nessuno
- smettere di dire la verità anche a chi vuoi bene, perché a verità non la vuole nessuno se non la sua.

E soprattutto ricordarsi che dire "ti voglio bene" non costa niente. La frase è inflazionata e per adesso non tassata quindi abusata.
E ricordarsi che a dirlo, magari con un sofferente e sentito pathos aumentato da un teatralissimo fil di voce, son bravi tutti, anche i pessimi attori.
E tu, che di pessimi attori ne hai recensiti tanti, sarà meglio li stronchi subito.

Buon 29 dicembre, che non sarà come lo scorso 29 dicembre e non sarà di certo neppure come il prossimo che di cose son cambiate, cambiano e cambieranno.

E come direbbe adesso il mio più dolce e simpatico e adorabile amico:
signori e signore, abbiamo trasmesso la rubrica... "una buona parola per tutti" a cura di Sonia Corsi.
Spettacolo unico. Non si concedono repliche. 
O ci sei o non ci sei.
O ti piace o non ti piace.

lunedì 26 dicembre 2011

CONSIGLI NON RICHIESTI / 6 incontrarsi, quando

Secondo me è meglio incontrarsi in primavera o in estate: tutto favorisce l'amore e si può uscire la sera, e si possono fare gite al mare...
E' facile conoscersi: i vestiti son leggeri e scivolano via subito. Si fa presto a restare nudi e prender fuoco.

Secondo me è meglio incontrarsi in autunno o in inverno: tutto favorisce l'amore e fa buio presto, c'è bisogno di un rifugio per ripararsi dal freddo, anche la più grande città diventa intima, talvolta silenziosa...
E' facile conoscersi: i vestiti ci coprono bene ma fa freddo e viene voglia di stringersi forte. 
E così, abbracciati, ci si scalda bruciando di passione sopra un plaid, mentre una lampada di carta di riso diffonde una pallida luce.

domenica 25 dicembre 2011

Post-it / 13 delle candele

Stasera ho acceso tante candele, la mia passione.
Ci sono candele che bruciano a stento. Fanno fatica a consumarsi come i ricordi degli amori che te li hanno regalate.
Ci sono candele che lasci accendere ad altre mani e bruciano insieme alla passione che a queste ti unisce.
Ci sono candele che illuminano notti prive di luce e creano un'atmosfera ruffiana e irresistibile. Ti accorgi di non esser solo.
Ci sono candele che non vorresti accendere mai tanto sono belle e piene di significati.
Ci sono candele che scaldano e sorridono.
Ci sono candele che sono preghiere.

E ogni candela ha un suo modo, ha un suo tempo, un suo stile.
Nessuna è uguale all'altra.

Anche la vita assomiglia a una candela.
Bella quanto vuoi è un peccato non consumarla ardendo di passione e amore.

venerdì 23 dicembre 2011

RIFLESSIONI 36 / previgilia

Ho sempre vissuto le festività ricordate con un bel po' di tristezza.
Oggi, 23 dicembre mi trovo a riflettere su pochi dati di fatto che certo non contribuiscono al buonumore.
Persone per cui lavori e a cui dedichi le tue migliori energie ti passano sopra pur di salvare loro operato all'urlo di "ma io ti voglio bene eh....". E lì capisci che, chi ha il culo al caldo, ha sempre ben poco da rischiare. E che l'amicizia finora proclamata è solo millantata.
Persone con cui dovresti condividere anche problemi di lavoro, a una cert'ora spengono il telefono. E te li condividi da sola.
Persone che ami a cui hai dimostrato con i fatti una vera devozione, davanti a un tuo disagio nei loro confronti, meditato ed espresso con amore, spariscono nel nulla.
Persone a cui hai voluto bene e ancora me vuoi, si innamorano e hanno paura a dirtelo perché temono che tu possa tagliarti le vene, quando a te in realtà la cosa fa piacere sebbene tu ne intraveda pericoli molteplici.

Ora, sarà che questo povero natale che incombe mi fa desiderare come non mai che sia già giugno, ma in un giorno solo così tante delusioni emotive mi scombinano l'emotività.
Non è una ripetizione. Vorrei davvero che babbo natale non mi portasse altre sorprese.
Mi serve un centro di gravità non dico permanente, ma almeno stabile per una settimana.
E un abbraccio vero. Magari.

martedì 13 dicembre 2011

Confessioni di un'anima che finora ha capito poco

Finora il mio è stato un viaggio faticoso.
Ho sempre avuto qualcosa da fare.

Sin da piccola, ho dovuto consolare chi era più piccolo di me. Difenderlo da ingiustizie e inutili violenze.
Ho dovuto dare una mano a chi restava più indietro di me a causa di un maestro severo.
Poi, ho dovuto incoraggiare chi non si sentiva bello, chi non aveva il vestito nuovo per la festa, chi riceveva un'educazione troppo rigida, chi si faceva infrangere il cuore per i primi amori.
Ho ascoltato ore e ore. Ho offerto le mie parole e i miei abbracci a chi li voleva o ne aveva bisogno.

E il difficile è arrivato prestissimo, quando ho dovuto accettare di non aver potuto far niente contro la testardaggine di uno dei miei più cari amici che aveva dannato la sua anima per sempre dentro una siringa.
A nessuno di noi due all'epoca era concessa la patente per guidare. Ci sarebbero voluti almeno un paio d'anni buoni. E quando si è così piccoli un mistero così grande come la morte, è un qualcosa che si affronta con la stessa incoscienza della vita. E infatti dopo ci sono stati amici da salutare perché se ne sono andati correndo troppo per strada, frantumando il proprio motore contro un altro motore e così via.
Distacchi terribili anche quando naturali, come quelli che portano via i vecchi di casa. Distacchi che comunque prevedono un lavoro infinito per provare inutilmente a colmare un vuoto che resta sempre incolmabile.
E io lì a consolare. A far coraggio per darmi coraggio.
Ho asciugato le lacrime di chi ho visto soffrire.
Ho sofferto con loro e sono andata avanti.
Ho aiutato a coltivare i sogni di chi aveva sogni.
Ho sperato nelle speranze di chi nutriva speranze.
Ho creduto a chi credeva a qualcosa con forza e determinazione.
Ho aiutato chi non sapeva come arrivare a fine mese.
Ho aiutato a guarire chi stava male.
Ho aiutato chi aveva delle capacità a farne dono per gli altri.
Ho cercato di avere sempre una candela in mano per offrire un po' di luce a chi aveva perduto la strada.
Ho visto sorrisi di gioia e giornate di sole piene di vita e di energia buona.
Ho visto volti illuminati dalla passione e poi distrutti dalla passione ma incapaci di rinunciare alla passione.
Ho sostenuto anche chi commetteva errori sapendo di commettere errori.
Ho sempre votato a favore dell'amore pur avendo una mia personalissima idea di amore che non veniva compresa.
Ho aiutato bambini a nascere, ragazzi a crescere, adulti a migliorarsi, anziani ad accettare.

L'ho fatto con il cuore e in buona fede.
Magari sbagliando, ma in buona fede e con entusiasmo.
L'ho fatto con tante e tante persone. Fino all'ultimo caldo.
Poi, appena finita l'estate, mi sono fermata un'attimo perché il freddo è arrivato all'improvviso e mi ha trovata impreparata. E sola.

E ora, che sono seduta alla luce di una lampada arancio, mi accorgo che l'anima di tutte quelle persone ero io. Io ero tutte quelle persone.
E ancora non ho capito niente di tutto questo bell'andare.
Ma spero, perché vedo in lontananza una candela che si muove nel buio. Forse è lì per me.
E spero.

Perché? / 10

Perché quando meno te l'aspetti la vita ti mette davanti ad una prova che richiede il coraggio di esser felici?
E perché è più facile talvolta stare aggrappati a un dolore che si conosce che non lasciarsi andare ad una felicità nuova, inesplorata, forse pericolosa o forse soltanto piena di magia?
E perché quando sai cos'è la sofferenza hai sempre paura di dover soffrire di nuovo, come se fosse un pedaggio da pagare quello di soffrire?

E perché poi ci si pensa sempre così tanto a tutte queste cose?
Bah, io adesso spengo la luce

lunedì 12 dicembre 2011

***inverno, notti, coperte

Ho sognato un viaggio fatto di notti a passeggiare e immaginare parole.
Ho sognato di camminare per strade fredde e guardare le vetrine illuminate di negozi chiusi.
Quando la vita frenetica del giorno è andata a dormire e tu hai bevuto quel po' di vino che basta per non arrenderti all'umidità che ti bagna le ossa.
Ho sognato di sentire la musica di un bandoneon che arrivava struggente da un portico poco lontano da una grande piazza. E lì, senza fare attenzione al ritmo mi sono ritrovata a ballare e a ridere da sola. E qualcuno che rideva con me, osservandomi.
Poi, sempre al buio camminare, senza una meta, senza un bisogno.
Leggera. Sotto la luna.
E così, notte dopo notte, lungo un fiume, tra vicoli stretti e profumati di mare, tra grandi strade di grandi città, in quei quartieri pieni di locali affollati da ragazzi in libera uscita, in un metrò, in un parco, in un viale di palazzi eleganti e finestre illuminate che lasciavano vedere le ombre di persone che prendevano parte ad una festa très chic e ancora vicino a poche bancarelle di libri usati e cartomanti pronti a leggerti il futuro che subito dopo dovrai inventarti.
Ho camminato così tanto da consumare anche la luna e ritrovarmi al buio.
E quando pensavo di essermi definitivamente perduta in quel viaggio fatto di gioia e di imprevisti, mi sono accorta di esser dentro un portone appena rischiarato da una vecchia lampadina gialla appesa a un filo che scendeva precario dal soffitto.
Manco il tempo di guardare ed ero tra le braccia calde, forti, sapienti e piene di poesia e di fantasia di qualcuno che era lì ed aspettava proprio me.
Mi aspettava per ballare su quell'inverno e bagnarmi gli occhi e riscaldarmi l'anima con una coperta speciale fatta di parole d'alta sartoria, tessute alla perfezione.