lunedì 31 dicembre 2012

Lettere & Cartoline / 7

Caro 2012,
te ne vai e sinceramente non mi dispiace.
Ho contato i momento belli. Forse due.
Sei stato probabilmente il più duro e difficile dei miei anni ma, si sa, a uno questa palma doveva toccare.
Non te la prendere se il primato della bruttezza ce l'hai tu. Alla fine ogni medaglia ha l'altra faccia.
E un'altra faccia tu ce l'hai.
Mi hai saccheggiato, spremuto, derubato.
E quando non avevo nulla più, necessariamente mi è toccato fare un gran pulito.
Via sanguisughe e falsi amici. Via sfruttatori e bugiardi opportunisti.
Sono cresciuta molto.
Perché quando ti viene a mancare tutto ti fai bastare quello che hai.
Ho ridefinito la parola amore.
Troppo spesso usata ed abusata.
Adesso sono con rari scelti amici, povera, stanca e serena. In piedi sui miei piedi. Con nuove prospettive. E tanto entusiasmo.
Non è poco.
In questa carestia di tutto che mi hai regalato, tra le mille difficoltà ho imparato a volermi più bene.
E non è poco.

Ora, siccome non sono masochista, spero che il buio si rischiari e mi auguro che il 2013 sia per me meno spietato.
Però di te mi ricorderò.
Alla fine sei stato un nemico leale, che mi hai affrontata a viso aperto.
E in questi tempi di guerra in cui non sai chi combatte contro chi, è una gran cosa.
Addio 2012. Grazie comunque di esserci stato.

sabato 29 dicembre 2012

***tempo, ritmo e lunari

Bruciano le candele, finiscono le pagine del mio lunario preferito, la coperta riscalda quanto basta.
La luce nella stanza è rilassante e il telefono non suona.
Il mio tempo stasera ha un ritmo lento.

Il tempo dei giorni ha ritmi diversi: capita che il motore sia su di giri, oppure vada al minimo o che la macchina sia ferma per un po'. Va tutto bene.
Non mi scalfiscono più le provocazioni gratuite. Se c'é chi si diverte a macellare carne, lo faccia. Sono da un bel po' tendenzialmente vegetariana.

C'è una cosa che ho sperimentato: i cicli si chiudono nostro malgrado, ma niente finisce mai davvero. Semmai cambia di senso, di valore, di prospettiva.
Quello che sembrava di vitale importanza, diventa dettaglio trascurabile.
I pesi e gli esseri umani insopportabili, a un certo punto sono fonte di sollievo.
Con la coscienza serena e trasparente, anche l'errore che commetti diventa perdonabile.
E finché hai più desideri che rimpianti, ad una stagione che tramonta ne segue sempre una nuova, perché sei ancora giovane. Molto giovane. E ti piace così.

Come la luna, che stasera è piena e tra qualche giorno inizierà a sparirà per poi tornare a risplendere.
Lunari appunto.
Un Lunario che finisce mentre un altro è pronto sul tavolo per esser sfogliato e che anno dopo anno stringi tra le mani con la devozione con cui stringeresti e baceresti la mano di chi quel lunario te lo ha fatto conoscere ed amare. 
Un lunario povero che veniva letto per tradizione da chi era nato contadino e aveva avuto la fortuna e la tenacia di imparare a leggere da solo. Simbolo di un mondo antico fatto di saggezza spicciola e buona. 
La saggezza di chi -con amore infinito- ti diceva: "Oh Popa te sei brava studia e studia tanto. Ma 'un ti fa' buggera'. La vita, le genti, 'un s'imparano nei libri e nelle parole. Ascolta tutti, ma poi fai come ti pare. Tanto quello che è vero 'un lo sa nessuno e chi c'ha capito qualcosa 'un è mica tornato indietro a raccontarcelo..."

venerdì 28 dicembre 2012

Quando l'amore è il potere di una sola parola giusta (Parole, parole, parole - Mina e Alberto Lupo)

Lui era un vero re. Il mondo girava attorno a Lui.
La sua bacchetta magica erano le parole.
Era un affabulatore. Se la giocava a parole con tutti.
Anche con Lei.
Anzi. Soprattutto con Lei.
Perché sapeva come farla sentire speciale.
E Lei si sentiva così speciale che era felice. Felice di tutto. Anche del nulla.
Avrebbe voluto un impegno, lo ebbe a parole.
Avrebbe voluto un progetto, lo ebbe a parole.
Avrebbe voluto un figlio. Non lo ebbe neppure a parole.
E con ogni Lei era stato così.

Poi a Lui accadde un'evento inatteso: per la prima volta nella sua vita si innamorò.
Si innamorò di una nuova Lei, venne sopraffatto dalle sue parole.
Perse la sua bacchetta magica, già, perché questa Lei con le parole era un portento.
Se la giocava a parole con tutti.
Anzi. Soprattutto con Lui.
Perché sapeva come farlo sentire speciale.
E Lui si sentiva così speciale che era felice. Felice di tutto. Anche del nulla.
Avrebbe voluto un impegno, lo ebbe a parole.
Avrebbe voluto un progetto, lo ebbe a parole.
Avrebbe voluto un figlio. Non lo ebbe neppure a parole.

Poi un giorno Lui si svegliò ed era solo.
Non aveva più Lei, non aveva più le parole di Lei, non aveva neppure le sue di parole.
Era confuso, non le ricordava.
No, forse le aveva perdute. O qualcuno gliele aveva rubate.
Non sapeva che dire, che dirsi.
Si sentì abbandonato, solo, violentato.
Soffriva tantissimo, era deluso soprattutto perché Lei gli aveva regalato solo parole vuote, giocando con i suoi sentimenti sinceri.

Come si poteva chiamare questo freddo che sentiva adesso? Bastava una sola parola giusta.
Ma non la sapeva. Tutte le volte che aveva fatto provare agli altri la stessa cosa non si era preoccupato di dargli un nome. E ora aveva un gran bisogno di dire quello che provava. Ma non riusciva: non sapeva quali parole poter usare.
Era nudo, piccolo. Ma non lo sapeva dire.
Stava male. Ma non lo sapeva dire.

A) FINALE NATALIZIO MIRACOLOSO:
Prese il telefono, chiamò le Lei con cui era stato così.
Non dette tempo ai convenevoli, alle risposte, a niente.
"Ciao, sono io. Adesso ho capito. Scusa. Non ho altro da dire. Perdonami, se puoi".

B) FINALE BANALE COM'È BANALE QUESTO RACCONTO
Uscì con gli amici, fece finta di stare bene.
Bevve un po', dormì un paio di giorni. Poi tornò quello di prima.




giovedì 27 dicembre 2012

RIFLESSIONI 45 / mamma ho perso...

Mamma ho perso l'aereo.
No quello era il film....

Mamma ho perso il caricatore della batteria del telefonino.
E questo è stato il film di oggi.

Mamma ho perso il giochino per il nintendo di mia nipote.
E questo è il film di questa settimana.

Mamma ho perso il sonno.
Questo è in replica da un bel po' di tempo.

Mamma ho perso la pazienza.
Questa è una telenovela di quelle che non finiscono più.

Mamma ho perso tempo.
Uh, la pellicola è addirittura in bianco/nero, tanto è vecchia.

Mamma ho perso un amico.
Un amico?
No, impossibile questa è una cosa detta male. Se lo hai perso non lo hai mai avuto.

mercoledì 26 dicembre 2012

Lettere & Cartoline / 6

Caro Babbo Natale, finalmente ti puoi riposare e per un annetto sei in ferie!
Sai, mi piacerebbe conoscerti di persona, passare del tempo con te, capire come la pensi di questa cosa che qui chiamano "festività".

Caro Babbo Natale, io non ce l'ho con te. E' il tuo lavoro e, soprattutto di questi tempi, il lavoro è sacro. 
Ce l'ho con tutti quelli che ti "adoperano" per sentirsi "più buoni” per qualche ora. Come quelli che spruzzano il deodorante sull'ascella che puzza di sudore e subito si sentono puliti.

Il fatto è che la gente sembra impazzire in attesa di questa giornata che poi stordisce tutti di cibo e di noia. E invece di "ridimensionare" le aspettative, anno dopo anno, crisi o non crisi, è tutto un gioco a crescere. Bastano un po' di lucine che brillano ad intermittenza e un po' di palle colorate alla fine questa roba grassa la si chiama gioia, festa.

La cosa che trovo più ignobile è che chi non partecipa di buon grado a questo gioco di società nel migliore dei casi viene tacciato di esser depresso.
Ma depresso perché? Perché si rifiuta di far finta di voler bene a parenti che per 364 giorni sono perfetti estranei? Perché si rifiuta di urlare auguri a chiunque per strada, correndo a destra e a manca alla rincorsa dell'ultimo pacchetto? Perché non ha voglia di buttare due bei giorni tra tortellini e panettoni? 
Sia chiaro: viva chi ama il Natale così com'è o come viene. 
Mi inchino davanti a chi coglie l'occasione di riunire i propri affetti intorno a un tavolo o ancor più mi inchino davanti a chi usa questo tempo per dedicarsi a chi ha bisogno. 
Il mio disprezzo è per quella fiera dell'ipocrisia fatta di regole inderogabili che ti vogliono per forza come non sei. 
Le cene degli auguri a cui non puoi mancare, l'albero di Natale che se non lo fai fai peccato, i regali da ricambiare per forza, la zia a cui telefonare anche se non ne ricordi più il volto, il cugino da invitare anche se non ci parli dal 1876, l'amico che devi per forza invitare e chi più ne ha più ne metta.
Vedi, caro Babbo Natale, a me piacerebbe un Natale a modo mio.
Una sorta di pausa dal caos quotidiano, priva di regole e priva di liturgie, fatta per ritrovare sé stessi nel modo in cui uno meglio crede. 
Chi col cappone, chi col cuscino a ciascuno il suo.
Ma quello che mi sembrerebbe ancora più importante è altrove.
Mi piace che in questi giorni tutti si trovino anche involontariamente a pensare (fosse anche  per un nanosecondo) ai cosiddetti "buoni sentimenti" ma prima di ammantare tutto con questa copertina "peace and love", mi piacerebbe che tutti trovassero del tempo per amare sé stessi, coccolarsi un po', farsi un esame di coscienza e rimettere l'orologio della vita puntato giusto al minuto in cui tu sei arrivato col col tuo cammino.
Una cosa per l'anima insomma: ma sia chiaro, niente a che vedere con le cose ecclestiastiche o religiose, ma piuttosto con il sacro. Già il nostro essere sacro, la sacralità della nostra esistenza.


Ecco caro Babbo Natale, alla fine la letterina te l'ho scritta anche io. 
E li sento già quelli che ridono e dicono che questa roba è retorica e scontata. Eh, beati loro che son trincerati e ben difesi dalle loro certezze e dalle loro paure. 
Tu non ascoltarli, neppure se mi deridono. Liberami dai crostini e concedimi la libertà di poter stare con me e con chi fa davvero parte della mia vita.


Io vorrei provare un Natale così.
Ma magari ne riparliamo, tanto abbiamo un anno di tempo!
Buone vacanze!
S.,

martedì 25 dicembre 2012

Quando l'amore è ricordare ogni Natale (Have yourself a merry little Christmas - Ella Fitzgerald)


Dei suoi Natali da bambina Lei ricordava le lucine dell'albero di Natale, certi cibi particolari, le carezze dei più anziani di casa.
Poi, anche per Lei, iniziarono i Natali da donna.
Il primo fu un Natale col batticuore, pieno di speranze. O meglio: un pre-Natale, perché era ancora il 20 dicembre quando Lei salutò Lui che doveva partire per tornare a casa dai suoi col cuore in tumulto. A Gennaio quella storia era già un'altra storia. Ma quando ancora non si hanno 20 anni sopra la testa il cielo ha i colori variabili della primavera, anche in inverno.
Ci furono poi tanti Natali divisi a metà con le famiglie d'origine di Lei e quelle di Lui residenti in città diverse. Ma il "Natale con i tuoi" era un dovere e gli innamorati si dovevano separare. Un prezzo pagato in bigliettini pieni di promesse d'amore eterno, pesanti gettoni telefonici e struggenti malinconie. 
Ci furono poi i Natali dei presepi. Quelli in cui Lei pensava di costruirsi una capanna proprio come quella che ospitava l'asino e il bue. Pensava di non esser sola, e invece lo era.
Ci furono poi i Natali che ebbero senso solo perché Babbo Natale esaudiva le letterine scritte da una manina paffuta, tenera, profumata. Quelli delle recite scolastiche e dei sogni nel cassetto.
Ci fu poi un Natale passato a arredare a sorpresa una casa dove sembrava di esser tornati a volare. Ma il volo si interruppe presto.
Ci fu un Natale nel quale un Lui innamorato e bellissimo fece di tutto per far sentire quella Lei una principessa. Anche quello fu un sogno che durò poco. Lei frantumò tutto quello che c'era da frantumare e restò sola per un po'. Anche per il Natale che sarebbe venuto dopo.
E siccome la solitudine chiama la solitudine, ci fu poi più di un Natale fatto di pericolosi incontri con il nulla. Per caso, per strada, in macchina, in hotel. Un corpo a perdere, calci ai sentimenti sinceri e tanti cari auguri.
Poi ci fu un Natale che fu il peggiore della sua vita. 

Fu un bel giorno: Lei ebbe la certezza che da lì in poi non avrebbe potuto che migliorare.


lunedì 17 dicembre 2012

Poi viene la notte / 9


Poi viene la notte in cui ti avvolge la nebbia. Ti trovi sola e fai bilanci.
Anzi, no. I bilanci ti annoiano.
Ti trovi sola cerchi di capirla questa solitudine.
Scopri che ha due facce. 
Una disperata, fatta di delusioni, tradimenti, inganni, bugie, false promesse, gabbane rivoltate, false emancipazioni, falsi amici, manco un soldo e neppure più un'idea. Una solitudine triste, nera.
L'altra piena di silenzio, un silenzio che è simile alla pace. Una solitudine bianca,  che somiglia alla nebbia che ti avvolge e ti nasconde dai rumori mondo, che non ti permette di vedere né inutili luminarie festose né inutili vetrine piene di niente.
Una solitudine che rallenta ogni cosa.
Per un po' anche nello stomaco il cuore batte più lento.

E quando ricominci a sentire la prima voce che ti arriva dichiara:
"suvvia, la disgrazia ha qualità comiche che non bisogna disprezzare"

Ecco.

lunedì 3 dicembre 2012

Epifanie / 24

Ci sono canzoni che ti presentano il conto, ti riportano a un preciso momento, ti danno le lancette perfino dei nanosecondi grazie alle quali tu possa sapere, senza dubbio alcuno, che tempo è adesso. 
Il tuo tempo di adesso.
Ci sono canzoni che ti annebbiano gli occhi e ti bucano lo stomaco. Per bellezza, per gioia, per nostalgia, perché parte di quello che sei.
E tu sei fatta anche di quella musica lì.
Ci sono canzoni ingombranti, che hai voluto dimenticare per un po' perché legate ad affetti ingombranti. Ma proprio quando le avevi mollate da una parte, ti hanno sorpreso alle spalle.
E sono sempre roba tua, quelle canzoni e quegli affetti.
Ci sono canzoni minime, minuscole, cui però non potresti mai rinunciare perché ogni tuo giorno ha qualcosa di minimo e al tempo stesso irrinunciabile.
Ci sono canzoni arroganti, quelle di cui si poteva fare a meno. Ma tu lo hai scoperto dopo. E va bene così. Son durate comunque 3 minuti, poco più. 
Ci sono poi canzoni indefinibili, quelle che sono la tua pelle. Quelle che dovrebbero esser segnalate nella tua carta di identità.

E quando sono le 3 e mezza di un mattino di inizio dicembre e fuori senti scendere una pioggia tanto fredda quanto insistente, ti accorgi che tutto nel tuo silenzio é pieno di canzoni.

Allora chiudi gli occhi e ascolti la musica. E sai che tutto va. 
Non sapresti dire dove e neppure come, ma tutto continua ad andare. Sul ritmo delle tue canzoni.

venerdì 23 novembre 2012

Poi viene il giorno / 15

Poi viene il giorno delle combinazioni.

Qualcuno li chiama "i casi della vita". Altri parlano di "circostanze fortuite". Altri più sbrigativamente dicono "cose che succedono". Già, cose che succedono.
E succedono per puro caso, quando meno te lo aspetti. 

Ti ritrovi sparata in mezzo agli occhi una quantità di verità da far paura. Perché si dice anche che "certe verità fanno proprio paura". Ma questa è una paura indefinibile, che poi non è paura, è qualcosa che abita tra lo schifo e la pena.

In quel momento è come se un faro ti togliesse la vista ma poi, dal dettaglio all'orizzonte, ogni cosa riacquista contorni, sfumature, definizione, colori. E il quadro appare chiaro. Nitido.
Come lo avevi già visto. 
Perché lo avevi già visto. 
Tu. 
Ti ci eri già vista tu, in quel quadro.
Certe situazioni, anche quando non le conosci direttamente, sai già che hanno un nome, un odore e perfino un volto. Indovini anche il volto.
Il volto che avresti dovuto avere e che non hai.
Il volto che ti hanno messo addosso e che non hai.
Il volto che hai davvero e chi dovrebbe guardare non solo non guarda, ma non vedrà mai.

Ecco: quelle verità sono scomode. C'è poco da fare, son sassi nelle scarpe. E, tu hai cercato in ogni modo di far finta di sbagliarti. Ma sapevi che non ti sbagliavi. Questione di sesto senso? No: questione di sapere. Sapere con che tipo di materie si ha a che fare.

Passato il mal di stomaco, alla fine non senti più niente.
Nessun dolore.

sabato 3 novembre 2012

Poi viene il giorno / 14

Poi viene il giorno in cui ti tocca di dare ragione a chi ti diceva che a certa gente l'unica definizione che sta bene addosso è quella di "sanguisuga".
Gente che ti spreme perché sei bischera all'inverosimile. Che ti fa credere che quello che fai lo stai facendo per te, anche se in realtà i benefici vanno in tasca loro, che ti cerca solo se ha da prender qualcosa, che finge di darti una mano ma che in realtà bada solo ai cazzi suoi.
E tu cieca e sorda non ci hai voluto credere finché non ci hai sbattuto il muso.
Bene.
Oggi è il giorno in cui la lista delle tue sanguisughe si allunga.
Ora lo sai. Bisogna tu lo accetti. E bisogna tu addrizzi il tiro.
Con un sereno, sorridente, placido, sentitissimo: "andate tutti affanculo".





sabato 27 ottobre 2012

***teoria&pratica 1

Ho conosciuto e, per  tragico errore, amato gente che evita la pratica e si dedica alla teoria fino a stravolgerne le regole. Questa gente arriva al sofismo e da lì distrugge la filosofia, la sublima in qualcosa di volatile, indefinibile, surreale, inesistente.
Sostiene la verità di tutto e il contrario di tutto e per di più un tutto possibile ma - al contempo- anche inaccessibile. Cerca perennemente ma non si sa cosa, poi perde perennemente qualcosa ma non si capisce cosa. E così, se provi a seguirlo, ti confonde.

Gente, appunto, non persone.
Le persone non fanno la filosofia della gioia, dei dolori, delle solitudini, degli amori e in generale della vita. Le persone la vita la vivono, come sanno, come possono, come gli riesce, poi magari provano a parlarne. E chi è più dotato con le parole ne parla meglio di un altro, ma quel che conta è la pelle segnata.

La gente, certa gente invece, la pelle l'ha liscia e profumata come il culo di un neonato.
Certa gente è solo chiacchiere e distintivo: pipponi mentali e pipponi fisici.
Guai a lasciarsi coinvolgere davvero da qualcosa che non sia il proprio ego.
Guai a innamorarsi di qualcosa che non sia il proprio ego.

E questi avrebbero anche la faccia di spiegarti il senso vero del vivere vero.
Di fatto ci riescono. Per negativo: sono l'estremo contrario. Il paradosso.
Sono gente. Parlano e tacciono, appaiono e scompaiono solo per dimostrarti che esistono. Ma vavava.

Io sto con le persone. Quelle che si sbucciano le mani, ti rispondono al telefono, corrono, sbagliano, fanno tardi anche se si alzano presto, non portano l'orologio, stonano, ridono e piangono ma non abbassano la testa se a un certo punto tu sei rimorso e rimpianto per loro. Senso di colpa. Rabbia per averli tanto amati da averli così ben capiti. 

Io sto con quelli che cambiano idea e sanno vedere i cambiamenti nelle persone.e sanno che vuol dire esser una persona, avere a che fare con una persona.

Io sto con le persone, e le persone hanno anima, cuore e personalità. Provano emozioni.

La gente, nell'ipotesi migliore, è solo brava a venderti un'immagine che ovviamente è costruita in laboratorio, ma che è priva di ogni calore e colore.

Sì, io sto con le persone.


sabato 13 ottobre 2012

Lettere & Cartoline / 5

Carissima e dolcissima Figlia,
di te mi parlò tempo fa tua madre.
Fu una situazione buffa. Io ero andata da lei per sapere di mia figlia, per la quale aveva (e spesso a ragione) poche parole di elogio. Le aveva sempre dato fare la mia creatura, non era un rapporto idilliaco il loro. Ma quel "dovercisi dedicare" era parte del suo lavoro. E la tua mamma lo faceva, perché non  tutti gli allievi son come si desiderano.

Altro discorso sono i figli.
E infatti le si illuminò il viso raccontandomi di come, con successo, stavi concludendo la scuola superiore. Mi disse che era vicino il tempo in cui avresti dovuto scegliere cosa provare a fare da "grande". E mi raccontò che ti sarebbe piaciuto fare un lavoro simile al mio.
Così mi chiese quale, a mio avviso, potesse essere la strada migliore e lo fece con tutta l'apprensione e la voglia di capire che una madre ha quando si tratta di una passione, di un desiderio, di una voglia anche effimera di un figlio. Si capiva che vedeva in te grandi qualità e che per nessun motivo avrebbe mai voluto vederle "sprecare". Voleva il meglio.
Proprio come me per mia figlia: il meglio. La felicità.

Ora mi costringi a mille domande: cos'è il meglio? E come facciamo noi madri a sapere cos'è la felicità di voialtri figli se spesso non siamo felici noi per prime?
E ancora: ma poi, che cos'è la felicità?

Forse sono stata felice quando sono diventata mamma.
E questo mi fa pensare che quando lei ti strinse a sè la prima volta, io ancora non immaginavo che anni dopo avrei fatto la stessa esperienza.
È per quello che si prova in quel preciso momento che adesso, pensando a te, ho nel cuore anche lei.
E un pugno allo stomaco. Un male sordo. Un silenzio che fa impazzire.

Ora mi costringi a pensare se ci sia mai un pensiero per una madre che adesso vive quello che vive lei. E spero di no. Spero che non ci siano pensieri da pensare.

Vedi, figlia bella e dolcissima, ho sempre difeso ogni tipo di scelta personale quando qualcuno mette in gioco se stesso. Anche non condividendola. Provando solo ad accettare senza giudizio.
Perdonami se adesso non ho una visione così lucida e fredda e distaccata.

Se infatti riesco a mettermi nei tuoi panni di figlia, non riesco neppure ad accettare di mettermi nei panni di tua madre.
E se sento quasi disperatamente confortevole il vuoto che hai deciso di abbracciare lasciando il tuo giubbetto sul quel tetto, non riesco manco a guardare l'orlo del baratro in fondo al quale immagino essere adesso quella tua mamma, che solo al tuo futuro, parlando con me, pensava.

Ora mi costringi ad altre mille domande e non trovo pace: perché tanta inaudita fragilità che diventa un così terribile coraggio? Perché tanta impotenza? Perché tanto dolore?

Fragilità, coraggio, impotenza, dolore.
Quelli tuoi, figlia bella e amatissima che metti 5 metri tra la tua vita e il mondo, quelli di tua madre che forse adesso non sa più cosa sia vita, mondo, tutto finito dopo quei 5 metri.

E quelli miei, che son qui col cuore gonfio e gli occhi gonfi, incredula che una cosa del genere possa davvero accadere.
E poi quelli di mia figlia che si organizza per venirti a salutare e soprattutto per venire a salutare tua mamma.

Lei, mia figlia, mi ha detto con sgomento quando sono rientrata, che la ragazza di cui arrivavano notizie da ore, eri proprio tu.
Lei, mi ha vista trasecolare, e ha capito e abbracciato le mie lacrime di madre.
Lei, che adesso con le sue compagne parla di tua madre e dice che domani la verrà a trovare e che temo non sia preparata ad incontrare il lato più intimo e vulnerabile una donna che non ha mai visto come una mamma ma come un'insegnante.
Poi saluterà anche te, non ha capito mi ha detto, la tua scelta di oggi, ma ha capito che dovevano esserci tue ragioni profonde. Insindacabili.
"Mamma - mi ha detto- è una cosa gravissima per tutti, siamo tutti troppo piccoli davanti a cose così".
Poi mi ha pregato di smettere di piangere ma non riesco.
Mi sento proprio inadeguata, colpevole, incompleta sia come figlia che come madre.
E non sapendo a chi rivolgermi, invoco e supplico un qualsiasi angelo della pace. 
Se  c'è, che ci venga a trovare, e pace regali a questi nostri cuori che non trovano risposte, perché di risposte forse non ce ne sono. Solo tormento: il tuo a cui forse hai voluto metter fine, quello di tua madre che temo non avrà fine, il nostro, troppo piccoli e inutili davanti a queste cose.
Maledetto tormento!
Se solo sapessi pregare chiederei solo pace. Per tutti questi cuori. Pace.




lunedì 8 ottobre 2012

Lettere & Cartoline / 4

Cambia lo superficial
cambia también lo profundo
cambia el modo de pensar
cambia todo en este mundo...

... y así como todo cambia 
que yo cambie no extraño



mercoledì 3 ottobre 2012

Epifanie / 23

Le relazioni hanno più di una sfaccettatura. Non sempre quello che si mostra o si vede fuori, corrisponde a quello che si vive dal di dentro.
E in genere le bugie che ci raccontiamo servono a farci sembrare più rosa, quello che così rosa non è.
Si  sa che son bugie, ma se servono a farci stare meglio...
E tocca dire che il famoso fine giustifica il famoso mezzo.

Auguri!

martedì 2 ottobre 2012

FuoriModaFuoriTempo / 16

Ci sono immagini che ti riportano in luoghi che hai vissuto e sentito tuoi.

Una fotografia e sei in un interno. Sei proprio lì, in quella stanza: senti l'odore. Quel misto di profumi che ti ha segnato l'anima, perché pensavi fosse casa, o così ti avevano fatto credere.
Un bel soggiorno accogliente fatto di luce anche quando la luce non c'è.
Un soggiorno con un divano e pieno di oggetti e significati. Bicchieri, dischi, libri, fogli, chiavi, menta e basilico. E ancora. Caffè, incenso, candele talvolta, cartoline, bigliettini e calamite.

Un grande tavolo sempre occupato da qualcosa.
Un tavolo su cui mangiare, lavorare, fare l'amore.
Un tavolo che è caldo come il legno di cui è fatto

Quello è un mondo intimo fatto di complicità, disponibilità, sincerità: la tua almeno.

Poi ti svegli e torni al presente.
L'onda di tenerezza si vela di delusione: quel tempo era fuori tempo già allora e tu eri un riempitivo fuori moda già allora.
Non significavi niente.

Ripensi a quel tavolo e ti accorgi che ha fatto bene il suo lavoro: è servito soltanto a consumare.
E si è consumato di tutto lì sopra...

Le migliore delle pietanze servite: paté della tua persona con macedonia dei tuoi migliori sentimenti.
Pare che il commensale se ne sia nutrito con voracità anche se non ricorda neppure se ha o meno gradito.

Sorridi.
Anche questo esser sempre coi pensieri fuori luogo lo chiamano vita.


lunedì 24 settembre 2012

***Lucia

Domani alle 15 avrà luogo il funerale...
Un sms ti annebbia la vista. Rileggi e lo stomaco fa malissimo. Forse hai letto male. Cerchi una conferma e provi a chiamare qualcuno anche se sono le 23 passate.
Risponde tua madre, persona sbagliata, e infatti hai sbagliato numero. Non ricordi manco il nome di un amico comune e sì che ne hai tanti in rubrica.

Cerchi e cerchi di capire cosa è successo. Come è successo.
Sembrano pochi giorni fa. Lei, bella come sempre, sorrideva piena di ogni grazia. E ti raccontava. E ti ascoltava. Con leggera delicatezza. 
Parlavamo dei nostri segreti che poi erano sempre gli stessi ed erano conditi dalle nostre risate fatte del mio sarcasmo e della sua dolcezza.

Poi un amico risponde a un sms.
E' tutto vero. Un'infezione impazzita. Giorni di un'assurda agonia e lei non c'è più.

Guardi le foto fatte insieme. Le scarpe per andare a ballare.
Quel ballare che era la sua passione per la vita.
Era.
Un imperfetto che ti riga le guance e ti toglie il sonno.
Un imperfetto, già, come imperfetto è questo dover accettare che si muore anche nel pieno della vita.

Mi viene in mente che domattina non troverò un tuo messaggio di commento a questo post. Tu che leggevi sempre, stavolta non ci sarai a dirmi la tua. Mi viene in mente che da un po' non mi scrivevi.
Ma adesso serve a poco pensare.

Non ci siamo salutate ed è meglio così. Non ho saputo nulla se non quando ormai era troppo tardi ed è meglio così. Non ti ho detto che ti voglio bene dai tempi della salsa portoricana vicino casa mia, con quel che ne seguiva, ma sono certa che tu lo sai.

Resterà quel ciao detto alla fine dell'ultima milonga vissuta insieme.
Ciao, alla prossima!

Intanto tu balla. 
Balla per me, ovunque sei adesso Lucia.
Io farò ballare nel mio cuore le parole che mille volte mi hai ripetuto con affetto in momenti speciali e che porto con me insieme al tuo sorriso, ai tuoi occhi.

Ci sarà un tempo per dirsi ancora. Questo sarà solo un discorso interrotto, come quando inizia una nuova tanda e ci vengono a invitare... La senti la musica, vero?
E speriamo che stavolta il ballerino sia uno di quelli bravi che ci faccia divertire e che il tango sia uno di quelli che piace a noi....
Balla Lucia, balla. 

Balla,
lieve
su tutto.


giovedì 13 settembre 2012

FuoriModaFuoriTempo / 15

Ci sono solitudini che come alcune gioie vere, intense, sono difficili da raccontare.
Ti spiazzano. Ti strapazzano.
Sono emozioni che sfuggono, non hanno confini, non possono esser definite.

Con il tuo fiato appanni il vetro e poi ci scrivi sopra. Tre, forse due nomi e mezzo. Ma dura poco: e quei nomi scivolano via.

Come son durate poco le persone sulle quali hai scommesso e che ti hanno detto "ti voglio bene", "sono con te".
Tu hai creduto fosse la verità e hai puntato tutte le monete che avevi sulle loro bugie.
Poi, hai perso.
Peccato. 
Ma per carità, si vive lo stesso.

E la siccità di questa estate che ti ha privato anche della vista del mare, ti regalato un panorama giallo ocra, brullo, onirico, a suo modo meraviglioso.
I rami secchi si son rotti da soli.
E la prima pioggia, che ha bagnato la terra, ha portato nuovi profumi.

Era ora di capire, accettare, accogliere quello che doveva accadere con l'umiltà e la forza di chi crede che il pericolo non è mai il cambiamento, ma il nostro ostacolare e vanamente impedire che il cambiamento avvenga.

Oggi, serenamente, auguro buona vita a chi di vita me ne ha portata via tanta, senza scrupoli, senza dir ciao, senza dir grazie e senza manco saperlo.

FuoriTempo, magari. Ma non è mai troppo tardi.

Io sono e guardo altrove.

L'estate è quasi finita. Per fortuna.




domenica 2 settembre 2012

Poi viene il giorno / 13

Poi viene il giorno in cui ti rendi conto che da tanti giorni non scrivi più su questo taccuino virtuale.
E non scrivi più da quando la vita ti ha sorpreso di nuovo con un incontro che ti ha tolto le parole.
Perché ci sono volte in cui le parole non riescono ad uscire, imprigionate dalla forza dei fatti.
Allora aspetti.
Ascolti il chiasso che fa quel silenzio e aspetti.
Intanto dai voce a quel che accade, perché stavolta di azioni concrete c'è bisogno.
Dai una mano per come ti senti e per quello che puoi e come il fornaio controlla che il pane cresca  tu aspetti che torni a lievitare un sorriso di nuova speranza, su quel volto dove ogni luce era spenta.
Poi ci sarà di che raccontare. Altroché. 

Ma pudore vuole che stavolta il raccontare sia bisogno naturale e non solo necessità.


martedì 14 agosto 2012

Epifanie / 22

E bisogna davvero accettare che gli amici veri son quelli che si ricordano di te, di dove abiti, di che profumo hai, anche quando la loro vita è piena di mille altre persone, case e profumi.
E il dolore che senti non è per l'amore donato a vuoto, sempre di amore si tratta.
Piuttosto è per chi ti ha fatto sentire importante e ti ha spacciato per lealtà e amicizia, puro e semplice bisogno.

Inutile dire che alla fine anche tu imparerai. Tu non sei fatta così. E ne vai comunque fiera.

giovedì 9 agosto 2012

Poi viene la notte / 8

Poi viene la notte in cui ti trovi per puro caso a leggere una dietro l'altra frasi scritte a penna su un libro avuto in dono, lettere, mail, sms, anche bigliettini conservati per caso nel borsello.
Tutte parole diverse, pensate per te e donate a te da persone diverse. Parole belle.

Pensavi di avere a che fare con quel che si dice "metter in ordine". Invece ti trovi davanti a un bel po' di confusione. 

Di fatto è una confusione emotiva che, alla fine, ti dice una cosa sola. In quelle parole a cui tu hai creduto sinceramente e dove solo adesso scopri il dipanarsi di tante bugie, ritrovi il tuo amore disperso per mille e più rivoli. 
A tuo modo hai amato tutta quella gente, e qualcuno ti ha anche a suo modo corrisposto.
Fa solo male dover accettare che sono proprio le persone a cui hai dato il meglio di quello che avevi e anche di più, le prime nell'hit parade di quelle che ti hanno illusa, delusa e voltato le spalle senza manco avere il dubbio se fosse o meno il caso di salutare.
Già meglio sparire. Fa più "abracadabra".

Ho sempre pensato fosse inutile "distruggere" un oggetto che ti ricorda qualcosa o qualcuno. Tanto la memoria di un momento vissuto non la si cancella in nessun modo.
Però in questa notte, per la prima volta nella vita, la tentazione di riempire un bel sacco nero e affidarlo ai netturbini l'ho avuta.
Alla fine ho optato per chiudere tutto dentro ad una scatola e metterla in uno scaffale a prender polvere. Forse la polvere servirà da emostatico a tante piccole/grandi ferite. Sbiadirà i contorni, i segni, i volti, le voci, i sorrisi, i litigi. Giù tutto sotto la polvere.

Resta la lezione da imparare. Quella che non imparerò mai: la fiducia è una cosa seria... Lo sapeva anche il signor Galbani, io ancora no. Pensa te!

lunedì 30 luglio 2012

CONSIGLI NON RICHIESTI / 11 olimpiadi & vita vera

"Hai visto la Vezzali all'ultimo incontro? Era sotto di due stoccate a 9 secondi dalla fine. Si è portata in paritá e poi ha vinto il bronzo all'extra time".

Pausa.

"Tu di carattere ne hai quanto vuoi. Non molli mai. Tiralo fuori. Tanto c'è una persona sola che può aiutarti quando sei in difficoltà e quella persona sei tu".


Ci ho pensato un giorno intero. E credo che in queste parole che mi sono state regalate da un amico che ne ha combinate tante ci siano milioni di verità e tante carezze.
Quando il gioco si fa duro...diceva qualcuno.
Io preferisco immaginarmi la Vezzali, 9 secondi, due punti da recuperare e poi una sola chanche per vincere. Tanta sofferenza un urlo di gioia, di liberazione e di rabbia e con umiltà doversi contentare di un bronzo che di sicuro pesa meno dell'oro che sognava alla vigilia.
Ma i sogni son sempre d'oro. Poi c'è la realtà con i suoi giorni fatti di partite vere.
E quando le partite non vanno come speravi è il momento di giocarsi il tempo fino all'ultimo secondo.
Se non sarà oro, magari sarà argento oppure bronzo. Oppure sarà stata una bella esperienza.
Ma mai perdere di vista il podio. Il tuo podio. Con tenacia, umiltà, caparbietà, coraggio, carattere, lavoro. E voglia di ricominciare. Sempre.

A chi sa, grazie.

lunedì 23 luglio 2012

Confessioni di un'anima nuda, senza calzari

Ho sempre cercato luce e fuoco negli occhi di chi incontravo, così come nei miei occhi, ogni volta che li guardavo in uno specchio.
Luce e fuoco. Con la speranza di averne a sufficienza per scaldare e illuminare la notte di chi ne avesse bisogno. E la mia notte.

Ho cercato aria nel cuore e nella mente di chi avvicinavo per essere sicuro di non soffocare e non esser soffocato. La stessa aria che portavo nel mio cuore e nella mia mente.

Ho sempre avuto riserve d'acqua per dare linfa alle mie energie migliori. Acqua che ho donato e che spesso mi è stata offerta.

Ho diviso da sempre la terra e i suoi frutti con chi cammina accanto a me.

Desidero che i miei pochi compagni di viaggio, che siano scelti dal caso o dalle mie voglie, abbiano almeno lo sguardo rivolto in una direzione simile alla mia.

Amo che siano anime molto diverse tra loro, convinto che nella differenza si nasconda la vera ricchezza.

E quando permisi a chi mi stava seduto accanto, in questa carrozza che è il tempo che va, di essermi amico, mi fidai.

Cercai onestà regalando onestà a scatola chiusa. Con la speranza di non trovarmi mai ad avere a che fare con una menzogna.

Cercai lealtà essendo leale con tutto il coraggio che avevo.

Sbagliai talvolta, ma lo feci in maniera così grossolana che la mia buona fede non fu da metter in discussione. Semmai la mia dabbenaggine.

E a coloro che volli come mia famiglia, detti più di quello che avevo.

Uno dopo l'altro li vidi scender alle loro fermate e poi prender le loro strade. Qualcuno salutando con cortesia, altri sparendo nel buio, altri sbattendo porte.

Mi chiesi molti perché e mi sentii perfino colpevole di tanti abbandoni ingiustificati e talvolta dolorosi.

Poi, un bel giorno, fu io a salutare e a scendere.
Fu un doloroso sollievo, un nuovo capire.

Il bisogno è natura, la "sublimazione" del bisogno è condizione.

Un'anima non è fatta per le catene della ragione; la fame di un'anima è sempre fame di puri bisogni.

E quando i bisogni sono mediati dai pensieri, dalle convenienze, ci son di mezzo "condizioni", un apparato di regole e dogmi, che poco hanno a che fare con l'istinto, la naturalezza.

E io, che sono un'anima di viaggiatore, ho bisogno di istinto primordiale. Se adesso non trovo fuoco, luce, aria, terra, acqua, li continuerò a cercare. Non mi hanno portato via tutto. Una cosa ce l'ho: la solitudine.
La mia solitudine.
E' già un punto di partenza.

Se questa è la scommessa che l'esistenza gioca su di me, perché proprio io devo darmi per perdente?
Si parte di nuovo e si parte da qui.
Il resto si farà.

***
Nudo, senza neppure i calzari, di questo ragionava mentre era convinto di sostare. In realtà stava andando. Era in viaggio. E di strada da fare ancora ne avrebbe avuta.


sabato 21 luglio 2012

Lettere&Cartoline / 3

Nella notte tra il 20 e il 21 luglio del 2012, dopo un pomeriggio caldo.


Amico ingrato (anche tu ingrato, come scopro esserlo tutti coloro a cui ho dato il meglio di quel poco che potevo).
Amico comunque, in qualche maniera, amato, compreso.

Oggi la tua anima mi ha è passata accanto.
Erano quasi le 19, ed ero seduta al tavolo del bar più frequentato dagli studenti della città.
Per caso ero lì.

Davanti a me la porta spalancata sulla strada e un bicchiere di acqua e limone.
Intorno a me il vuoto curioso di chi frequenta quel posto.
Musica dalla radio, rumori dalla strada, di fatto ho alzato lo sguardo dal mio scrivere nell'attimo in cui sei apparso tu. Passavi davanti alle due porte del bar, guardavi dritto in avanti, nel vuoto.

Ti ho visto.
O meglio. Ho visto l'ombra di ciò che rimane di te: una maglietta verde, gli stessi pantaloni che indossavi in gennaio, barba lunga e capelli incolti, oppure barba incolta e capelli lunghi. Passo veloce e inconfondibilmente trasandato.
Un attimo e mi ha raggiunta la precisa, fredda sensazione del tuo male di vivere.

Non mi hai vista. Ne sono più che certa.
Guardavi a sud, la tua direzione preferita. Dritto a sud, verso la tua casa che non è. Già perché non è casa quella che si abita senza starci dentro. Quella che si è scelta per forza e spesso maledetta per i mille problemi che ha rappresentato. Per i cambiamenti necessari che ti ha imposto.

Non ho avuto la forza di chiamarti e nel tentare di alzarmi e affacciarmi alla porta per provare a fermarti mi si è rotto anche il vestito. L'ho preso come un segno.
In fin dei conti non ci saremmo detti niente di vero, di sincero. Tu avresti negato il male che ti si legge in faccia e io il mio.
Bugie per farci forti. Per sembrare meno brutti, più autonomi.
Ma mi è dispiaciuto lasciarti andare così, verso sud. Solo. Verso l'ennesima festa del venerdì con annessa l'ennesima rimorchiata del week end e gli amici e il fumo e l'alcool e una lunga fila di perle imperfette fatte di giorni inutili come quelli precedenti e a
uguali a quelli che verranno.
Eppure quella improbabile maglietta color verde giocatore del Brasile parlava per noi.
Come se ancora fossero gli anni dei venti anni, e come se ancora lo specchio non ci avesse rivelato che per noi la primavera è finita.
Le lucciole son sparite con i papaveri ed è già iniziata l'estate. Sarebbe quasi finito il tempo di mietitura, e invece siam qui come cicale afone. Ad uccider minuti e paranoia. A cantare, coglioni come pochi, che felici come adesso non lo si era mai stati. A menare il torrone con la dignità, la libertà, l'indipendenza, noi che siamo ricattabili da tutto e tutti e che non siam liberi neppure di pisciare al bisogno.

Ma il brutto lo sai qual è? E' che le cicale mica lo sanno che poi finito Caronte, Minosse, Circe, il ciclone e l'anticiclone, il freddo loro non lo sopportano.

E col freddo fuori che si mescolerà a questo gran freddo che ci abita dentro e che tu copri con la tua pelliccia di peli e io con le vesti bucate che ho, che fine faremo?
Sarebbe stato meglio usar diversamente, lumi, chiavi, parole e cervello.

E invece ogni volta è questione di orgoglio, dignità, di rispetto, di principio, di libertà. Umiltà ci vuole e magari riconoscenza.
E invece vai con l'arroganza delle sparizioni che son pure peggio delle frasine fatte e degli applausi a comando.
Ma mi faccia il piacere, direbbe Totò.
E lui principe lo era davvero.

Io di sangue blu non ne ho, non ne ho neppure rosso... Ma principessa lo sono nell'animo. E chi mi conosce, nonostante possa spalare merda per sentirsi meglio per le proprie vigliaccate e piccinerie, lo sa. Lo sa molto bene e da prima di me.

Per questo stasera, nonostante tutto, sento anche te. Il tuo vuoto. Il tuo deserto. La tua tristezza e solitudine. E li faccio un po' (ma solo un po') anche miei.
E sebbene sarai cosi superiore da non fartene di niente ti mando un abbraccio.

Domani andrà meglio. Credici.
Cambiati la maglietta, fatti una doccia e taglia barba e capelli.
Sotto a tutto quel casino di peli e colori bruttissimi troverai quello che resta di te oltre e al di lâ di quello che hai buttato via.
Di roba buona ricordo che ce n'era tanta.

Buona fortuna amico ingrato.

Di bene te ne voglio, perché il bene non è un qualcosa che conosce la ragione.
Abbiti cura, almeno un po' di più, che la vita è bella anche quando fa schifo.

No te vayas y te vas

giovedì 19 luglio 2012

RIFLESSIONI 44 / delle sorprese

Le sorprese più straordinarie (nel senso di extra-ordinarie) e inattese (nel senso che era proprio inimmaginabile che arrivassero da lí), te le fanno sempre i cosiddetti "insospettabili".

Gli insospettabili sono quelli che tieni alla larga perché li conosci poco o niente e di conseguenza non hai con loro confidenza, oppure quelli che ti abitano dentro casa perché sono la tua famiglia.

Ora, al momento di una ricorrenza, di un lieto evento, il familiare è lì e spesso ci si trova per un affetto dovuto all'abitudine, alla circostanza. Lo "straniero" che è incuriosito da te invece ti si presenta con l'effetto speciale.

Stessa cosa accade nel cosiddetto "momento del bisogno", bisogno vero, non minchiate eh. Gli affetti? Seeee Addiooooo, minimo c'hannodaffa. Un pochino ti ascoltano poi... Il deserto dei tartari in confronto è più densamente abitato.
E allora vaghi e capita che ti imbatti in facce nuove e può succedere che ti diventano amiche e che sanno dirti cose perfette per te.

Diceva la mia professoressa di fisica: "Poggio e buca fa piano". Non fa una grinza.
La conta di chi conta la si fa quando c'è da contare davvero.
E le cose scorrono come devono scorrere.

Qualche carta buona il mazzo te la passa sempre. Soprattutto se tu hai giocato onestamente, in modo pulito, con verità. Per quanto scomoda sia la verità, e brutta, e antipatica. Poi, puoi anche perdere, ma non è detto che perdere sia sempre una sconfitta. A volte ci rimette di più quello a cui pare di vincere.

La vita nonostante la vita. E' questo il regalo bello, bellissimo che l'esistenza ci fa e che se lo sai cogliere ti riconcilia con tutti. Senza esser bischeri, con le dovute differenze. Riconciliare non significa più farsi calpestare, almeno per me.

E allora sia quel che sia. Sfogatevi pure. Elevatevi al livello più eccelso che potete immaginare. Io resto qui, nel mio basso, con i piedi nella terra e se piove nel fango.

Alla fine se gli sportivi prevedono anche il girone di ritorno ci sarà un perché.
Mi fido.

mercoledì 18 luglio 2012

Post-it / 19 chiavi

Ci sono alcuni esseri umani che tu fai entrare nella tua vita senza riserva alcuna e che quando non hanno più bisogno di te si dimenticano che esisti.
Ricordarsi di usare maggior prudenza quando si regalano le chiavi del proprio cuore.

Poi viene la notte / 7

Poi viene la notte in cui metti insieme i pezzi di un puzzle che avevi lasciato incompleto.
E alla fine il quadro si delinea.
Tessera dopo tessera questi moderni mosaici restituiscono immagini precise.
Certo, sono immagini segnate dalle rughe che servono da incastro ai pezzetti di cartone. Il disegno finale così e' preciso, ma "violato".
E vedi tutto.
E vedi i segni. E capisci che quei segni c'erano anche prima.
E capisci che erano proprio nel DNA, in qualche modo necessari.

E' stata un'altra giornata di caldo e di sete.
Di tante parole vuote come gallerie.
Di piccoli grandi dispiaceri.
Però a compensare il fastidio di chi all'improvviso, incontrandoti per strada, ha fatto finta di non vederti, ci sono state due neo mamme che ti hanno mostrato i loro meravigliosi tesori.
Due giovanottini che spalancavano gli occhi su tutta quella vita che passava e su tutto quel caldo pensando a chissà cosa, con un'espressione incerta tra il riso e il pianto.
Come li capisco! Ridere o piangere?

Due belle mamme giustamente orgogliose.
D'altra parte ciascuno mostra il meglio di quello che ha.
E in quei due passeggini, di bellezza ce n'era da restare senza fiato. Altro che girarsi altrove!
Poi è stato tempo pensare al domani di una bellezza un po' più grande. Una corsa in libreria, e ti sei ritrovata a sfogliare, piena di emozione, un'antologia fresca di stampa che parla solo di Iliade, Odissea e Eneide. Chissà se l'investimento fatto in quel libro sarà ripagato con altrettanta emozione.

Non so se stasera avrei preferito esser un giovanottino ancora senza denti a spasso con mamma nel passeggino o una ragazzina in procinto di affrontare il liceo, che volentieri mamma la lascia a casa.
Di certo non avrei mai voluto incarnare i panni scomodi e ridicoli di uno che non saluta per conto terzi, o meglio, per il puro rispetto del palio della "cupola" come diceva ieri l'amico Scansano.

Bah! Meglio giocare con i puzzle che ci restituiscono volti di cartone segnati da rughe artificiali.
Si. Meglio.
Spesso, i volti di cartone sorridono di sorrisi più sinceri e umani di quelli fatti di carne viva.
Non è bello, non è consolatorio ma è già qualcosa.

giovedì 12 luglio 2012

***la mamma dice

La mamma dice che sono bello, ma non ci ho mai creduto. Certo, ho sempre incontrato molto con le donne. Ci ho saputo fare forse. Però mamma mi trova seducente, e in questo le do' ragione. Mi piace conquistare le femmine.

La mamma dice che sono molto intelligente, è esagerata! Diciamo che sono un uomo dotato di una certa sensibilità, abbastanza colto e forse anche intelligente sebbene lei mi adori e mi veda con gli occhi dell'amore.

Certo, la mamma si lamenta perché la trascuro e forse ha ragione. Dice sempre che me ne sono andato di casa troppo presto: mi son laureato 25 anni fa...
Adesso per me sogna una brava ragazza e vorrebbe anche mettessi su famiglia e la testa a posto (lei lo sa che son farfallone). Ma sono stato anche fidanzato sul serio. La mamma in genere ha voluto bene alle mie fidanzate, però è stata sempre molto intuitiva ed è riuscita a trovare i difetti che avevano prima di me.

Poi quando mi innamoro mi dedico troppo alla mia ragazza, sono romantico, dolce, premuroso e la mamma dice che questo è un errore, un fatto di immaturità. E comunque secondo lei, in generale, dovrei dedicarmi un po' di meno al lavoro e di più a me stesso... In fin dei conti la vado a trovare ogni due mesi.

Poi è fissata con la mia lavanderia: dice che dovrei cambiarla perché le mie camicie son stirate da cani. Dice anche che dovrei vestire meglio. Mah... Fissazioni da madre. Mi vede ancora come un bambino che deve fare la prima comunione.
La mamma dice che vorrebbe di nipotini, ma io mica sono così sicuro. I figli ti cambiano la vita... E poi chissà se sono pronto ad una convivenza.
Mamma dice che dovrei provarci sul serio sebbene vivere con un'altra persona richieda molto sacrificio, e non è come stare nella casa dei genitori. E figurarsi, io non sopportavo neppure quella... Sopportare un'altra persona a lungo deve esser difficile, asfissiante, non credi? Io ho paura. Mi innamoro sono fedelissimo ma poi a un certo punto, non lo so... Mollo. Scatta qualcosa che rende tutto difficile. Non è voglia di trasgressione, è più paura di finire in una sorta di gabbia... Tu che ne pensi?

...

sabato 7 luglio 2012

Epifanie / 21

Questa e' banale.

Si dice da noi:
"se uno nasce tondo non puo' morir quadrato".

Quindi anche se uno nasce stronzo, per quanto possa mascherarsi, travestirsi, recitare, non può che morir stronzo.
All'esser stronzo non c'è medicina. Prima o poi quell'indole spietatamente furbesca viene fuori e chissenefrega del prossimo. Amen.
Inutile augurare lunga vita agli stronzi... Tanto campano sempre più dei bischeri.
E così sia.

venerdì 6 luglio 2012

CONSIGLI NON RICHIESTI / 10 l'asino, il motore e.il tacere

Quando hai un barlume di lucidità grazie al quale ti accorgi di esser troppo stanca getta l'ancora, metti il cavalletto e chiudi il lucchetto alla catena.
Spegni ogni motore e taci.

Qui, alle due, hanno momentaneamente smesso di suonare le campane della festa e si sente ragliare un asino sebbene la mia finestra sia spalancata in pieno centro storico.
Non e' il caldo e neppure un'allucinazione. E' un asino in carne ed ossa che abita in un giardino ricavato in una valle verde poco distante da casa mia.

Somiglia un tale che conosco.
Un tale a cui avrei da dire mille cose sull'uso improprio delle parole, forse dovuto alla stanchezza, al bisogno, alla solitudine o al puro egoismo di razza narcisistica.
Un tale che ragliava, almeno con me, e forse per questo non l'ho capito.
Si, perche' poi quel tale ha dimostrato ampiamente di saper trovare le parole adatte per tutti. Tranne che per me.
A me son stati riservati solo i "ragli" uguali a quelli che adesso emette l'asino. Che mi avesse preso per un asino (sebbene di razza pseudo/intellettuale)? Bah... Chissenefrega. Poi si e' zittato, piccinino.
E non ci voglio pensare più.
Manco a farlo apposta, appena fatto questo proprosito, suonano di nuovo le campane.
La voce del povero asino sparisce inghiottita dal suono di piombo battuto e non si sente più. Con lui sparisce l'inutile pensiero del tale di cui sopra.

In questa citta' son nottate calde per molti versi. Qui si fa festa, mica noccioline. Non si parla d'amore in codice pigiando bottoncini retro illuminati.
No: qui quando va male si raglia, su rulla e si rolla. E poi si suonano campane.

Ma ora a te non te ne frega niente.
Tu sei stanca: spegni ogni motore e taci.
Tanto, prima o poi, torna tutto e tutto torna. Magari anche la lucidità frutto di un po' di sano riposo.

Quando sei stanca...
Spegni ogni motore e taci.

giovedì 5 luglio 2012

Poi viene la notte / 6

Poi viene la notte in cui ti senti sola. Triste. Delusa. In pace, pero'. Meglio sapere con chi si ha a che fare. Anche se lo hai sempre saputo e anche se quel che hai scelto non lo hai sbagliato. Non tu.

Ti guardi intorno e tra tutta quella gente non trovi neppure una persona. Hai dedicato le poche energie che avevi a chi? Mah, te lo chiedi. Forse prima o poi capirai.
Certo non lo capisci adesso.
Non sopporti chi non risponde al telefono. Non sopporti chi ti ha detto bugie. Non sopporti chi e' così nervoso che se la prende con te vomitando cazzate e veleno. Non sopporti di esser tu cosi nervoso da farti venire la tachicardia dopo aver dato più di quello che avevi.

La domanda e': ma chi te lo ha fatto fare?

E allora ti rifugi nel passato perché il tuo presente e' troppo caldo e adesso non hai voglia di aprire il ventaglio e sventolare.
Un passato anche recente, in cui persone ti hanno promesso lealtà e onesta' per poi tradirti in modo goffo e stupido. E l'hanno fatto dopo un'ultima cena come un giuda di plastica di fabbricazione cinese comprato con due euro al mercatone uno.
Ma si capisce, son tempi di crisi... Si risparmia anche su questo!
Che mestizia!
Certo, quando le cose non sono colorate di tinte pastello e' dura esser simpatici, ma tentare di render tutto più grigio o nero e' inutile e controproducente.
Soprattutto quando una parola in più può far del male a chi ha sopportato. E anche troppo.

Bah. Meglio guardare la pubblicità in tv. Sono bugie anche quelle, ma almeno hanno un fine... Vendere e non svendersi.

mercoledì 4 luglio 2012

***valigie

Anni fa proprio a quest'ora chiudevo una valigia.
La chiudevo sopra una delusione tremenda e la chiudevo verso un qualcosa di assolutamente sconosciuto.
L'indomani, piena di tristezza e con la speranza di dimenticare quella tristezza, sarei partita per un viaggio che si sarebbe nel tempo rivelato meraviglioso, inatteso, incredibile. Forse (per certi aspetti) il viaggio più coraggioso e straordinario dei miei ultimi cinque anni.

Una pazzia dettata dalla voglia di fuggire dall'ennesimo dolore provocato dall'ennesimo cavallo.

Andavo lontano, in luoghi per me affascinanti e sconosciuti, ad incontrare persone sconosciute. Arrivai molto in ritardo senza sapere bene che faccia e che voce avesse chi mi stava aspettando. A dire il vero, non sapevo neppure se qualcuno mi stesse davvero aspettando.
Sapevo solo che dovevo sorridere.

Con mia sorpresa invece erano li' da ore, dopo tutto quel ritardo, sorrisi, gentilezze e anche un bigliettino e un disco. Per me. Proprio per me.
Aveva aspettato anche il tramonto che semplicemente toglieva il respiro.

Poi trovai un cuore, un mondo, una famiglia, una parte di me.
La parte più "ragazzina" e spensierata. Quella che poteva scorrazzare sul motorino e cantare a squarciagola canzoni stupide, quella che poteva mangiare cornetti con la nutella la notte alle tre perché non c'era stato tempo di far cena, tante erano state le cose da fare e tanta era stata la passione da consumare per tutta questa vita che all'improvviso scoppiava col caldo dell'estate.
Il mare. Il lavoro. I concerti. Gli incontri.
Poi un intimo silenzio e la luna vicina che si poteva toccare. Come quella di stanotte.

E ancora viaggi, progetti, la voglia di vivere e di non esser stanchi mai.
Affetti sinceri, profondi, onesti.
Amore per tutto o qualcosa di molto simile.
Poesia, musica, bellezza. Una candelina sulla torta di compleanno e una foto fatta di spalle a due ombre davanti ad una città. E tutto che sembrava possibile.

E fu un viaggio bello, denso, lungo che - come tutti i viaggi - a un certo punto fini'. E quando fini' fu bruttissimo. Magari necessario, ma doloroso. Per tutti.

Pero' cinque anni fa non ero la persona di oggi. Molto devo a quel periodo e a chi lo ha vissuto con me.

Pensavo di esser la più grande e invece per certi, molti, aspetti riuscii ad esser la più piccola.
Pensavo di sapere il da farsi e il come fare, e invece sbagliai tutto.
Pensavo di conoscere la strada e mi persi.

Ho pagato un prezzo molto caro per quegli errori. Forse eccessivo e anche un po' ingiusto. Ma nessuno ha mai la bilancia per dosare amore e odio, rabbia e comprensione. Si va di pancia. Si fa come si può.

Ma non mi pento neppure un attimo di aver stretto certe mani bianche e forti che, finche' ci son state, son state preziose. Mani che si sono mostrate premurose e mature, serie e sincere. Mani che io ho offeso senza rendermene conto. E di questo mi pento. Si. Mi pento. Anche adesso.

Invece non mi pento neppure un attimo di certi giorni pieni di sole, della paura dei gechi, di strade dagli odori forti fino al disgusto, di rose rosse, di cd fatti su misura, di lettere, di una piccola sala da te iraniana dove risuonavano solo canzoni di Gianna Nannini, di libri e di notti piene di parole, sorrisi e calore sulla pelle.

E adesso che son solo bei ricordi, lasciatemi dire grazie. Lasciatemi ancora sorprendere come allora, quando si rideva di me perche' mi aspettavo che uscisse da un momento all'altro il cartello di "scherzi a parte", tanto ero incredula di trovarmi li'. Dentro a quel sogno.

Son certa che nessuno si riconoscerà in queste parole, ma se mai accadesse, grazie.
Grazie di cuore. Devo molto.
E di tutte le parole dette, questa frase, scritta su un biglietto che portavo sempre com me e conservata in un borsello che mi fu rubato tempo dopo, resta vera in tutti i sensi: in andata e in ritorno:

"Qualcuno ha detto che la bellezza salverà il mondo. La tua, fosse anche solo per un momento, ha salvato il mio"

martedì 3 luglio 2012

Lettere&Cartoline / 2

Nella notte tra il 2 e il 3 luglio del 2012, dopo il Palio
Amico dolcissimo,
stasera il mio unico pensiero privo di rabbia e pieno di tenerezza è per te.

Siamo vicinissimi e lontanissimi. E mai lo siamo stati come adesso.

In questo momento il tuo cuore è in subbuglio. Perso dentro un sogno bellissimo. E batte forte, più di quando regalasti il tuo primo bacio e io c'ero, più di quando ti sei innamorato da ragazzino e io c'ero.
In questo momento sei fra l'incredulità e la gioia, una gioia che capisce solo chi l'ha vissuta da dentro, chi l'ha aspettata per tanto tempo, chi l'ha cercata superando delusioni e sconfitte e si è sollevato dopo esser stato atterrato dai brutti scherzi che fa la sorte.
Lo so che è così perché sono nata dove sei nato tu.

Il mio cuore adesso invece è in subbuglio perché si è perduto dentro un incubo. Inutile spiegarti il perché.

Sento la tua campanina che suona a vittoria e so che non dormirò.
Penserò che non è giusto e poi penserò a te che sei lì ad abbracciare volti e voci e pensieri che sono quelli della tua famiglia, della tua identità, del tuo mondo più intimo.
Penserò a quegli abbracci che sono gli stessi che vorremmo regalare e ricevere tutti noi che siamo nati in questo posto maledetto e spudoratamente bello in una notte unica come solo questa sa e può esserlo.

Niente a che vedere con il tuo abbraccio di oggi, che non dimenticherò se non altro per il coraggio con cui mi hai avvicinata e del quale ti ringrazio. Un abbraccio di quelli che si danno senza dire una parola, stringendo un po' di più per far sentire la "presenza".
E tu che mi conosci e che sai bene quando per me è troppo, sai anche che in quel momento ti ho odiato. Tu andavi pieno di quelle speranze che a me erano state di nuovo scippate in maniera incomprensibile. Non avevo forza neppure per guardarti e mi avrebbe dato fastidio la fierezza delle tue aspettative. Ma tu, lo stesso, mi hai stretta. Grazie.

E poi tutto è stato come doveva essere. Tutto troppo "secondo copione". E anche questo mi fa rabbia, schifo. E tu lo sai. Sai tutti i perché.

Ma queste sono parole, perché poi penso a noi, a me e a te e ai nostri discorsi. Penso a quanto hai aspettato questo momento e sento che ti voglio bene al punto che mi metterei le scarpe e verrei a cercarti per abbracciarti un attimo e dirti, senza dirtelo, che sono contenta per te. E sarebbe giusto farlo.
Perdonami se non ho il tuo coraggio.
E so anche quanta voglia avresti tu di abbracciarmi per augurarmi di cuore che la tua gioia di adesso, sia presto anche la mia.

Nella mia televisione girano i cavalli. Il tuo è sempre il primo. Poi passano immagini di persone e tra le tante facce conosciute io cerco solo gli occhi tuoi. Quelli di trent'anni fa. Uguali.
E sento che adesso vorrei essere lì per te e vorrei tu ci fossi per me, anche solo un momento. Per quante volte ci siamo parlati di questa bella nostra festa, per quante volte ci abbiamo pianto, riso, per la seta dei nostri diversi colori che una sera di tanti anni fa (quella felice per entrambi) ci avvolse in piazza, per questa nostra enorme passione, per i discorsi infiniti fatti a sviscerare i perché di questa gioia che tardava a venire e tardava come un figlio voluto, cercato e poi faticosamente trovato.

Avrei dovuto farmi vedere. Te lo dovevo.
Ma non siamo sportivi, non in questo gioco che diventa vita vera.
E a me ora girano proprio le palle.

E allora ti scrivo. Perché tu sei tu e sei speciale. Lo sei da trent'anni per me. E quel che ci lega da tutto questo tempo, stasera mi fa trovare la forza di un pensiero d'amore che sia davvero unico per te.

Ti prego, fai che questa notte sia lunga più che puoi. Indimenticabile lo sarà di certo. Bevitela fino all'ultima goccia e fai che - in qualche modo - sia solo tua.
Io da qui, il mio abbraccio sincero lo divido con te. E che sono sincera, lo sai.
Ti voglio bene.

domenica 1 luglio 2012

Epifanie / 20

Non sperare mai che qualcuno privo di sensibilità e di altruismo possa farsi un "esame di coscienza". Soprattutto in nome dell'amore.
Non tanto perché privo di sensibilità: quella, in un momento di debolezza, e' una lacuna che potrebbe esser colmata; piuttosto il fatto incolmabile e' che costui sia privo di altruismo.

Ho scoperto che l'egoista e' di due tipologie.

La prima e' quella dell'egoista stupido, quello che dichiara apertamente di amare solo se stesso. In questo caso l'esame di coscienza e' impedito dalla pochezza della materia grigia. Lo stupido egoista pensa come un bambino e pretende che ogni cosa gli spetti a comando. Tutto vuole e nulla e' tenuto a restituire e mai e poi mai dice grazie col cuore. Talvolta un grazie esce dalla bocca ma niente illusioni: e' puro "vizio" di educazione. Niente a che vedere con il sentimento.

La seconda e' quella dell'egoista intelligente, quello che dichiara di amare il mondo confondendo (scientemente) il verbo "amare" con il verbo "usare". In questo caso l'esame di coscienza e' impedito dalla mancanza di una coscienza. Chi deliberatamente decide di viver secondo egoismo, chi mette se stesso al centro dell'universo e fa girare bambole e bambolotti attorno, la coscienza non la possiede. Ce l'aveva, forse, ma l'ha uccisa e sepolta da tempo. E se non fate attenzione e' capace di uccidere e seppellire qualsiasi altra cosa o qualsiasi altro suo simile: anche voi!
Sempre in nome dell'amore. Ovvio.

martedì 26 giugno 2012

Post-it / 18 del ricordarsi

Se per qualcuno sei stato o sei importante e per qualsiasi motivo al mondo (più o meno giustificabile e/o capibile) quel qualcuno a un certo punto si e' allontanato da te, murati bene in testa che:
e' eventualmente suo piacere e/o gentilezza e/o educazione ricordarsi di te.
E conseguentemente dimostrartelo.

Questa materia (il ricordarsi), in ogni caso e comunque, non e' affar tuo.
Tu, il tuo, l'hai fatto.
E lo sai.

sabato 23 giugno 2012

Perché? / 13

E' possibile mescolare fantasia e realtà?
In teoria si, non ci sono impedimenti: tanto fa tutto il cervello. Ma praticamente poi non funziona.
Perché "fantasia + realtà" e' una somma che non si può calcolare?
Perché e' un'operazione il cui risultato e' sempre sbagliato?
E perché, soprattutto, c'è chi questa lezione non la riesce a "interiorizzare"?
Ecco, se fosse questa materia scolastica, io come voto in pagella avrei -157

giovedì 21 giugno 2012

Lettere&Cartoline / 1

21 giugno 2012, primo giorno d'estate

Ciao amico senza nome,
da quanto tempo non ho niente, più niente di te.
Dalla finestra il caldo porta musica. Voci d'estate per strada.
E la tua non c'è più.
Mi son chiesta che fine hai fatto e me lo son chiesta gia' mentre parlandoti, l'ultima volta, ti guardavo negli occhi e tu eri altrove.
Tra i tuoi pensieri, le tue distrazioni, le tue seduzioni, le tue conquiste effimere, le tue smanie di protagonismo, i tuoi disagi.
I tuoi sensi di colpa.
I tuoi sensi di colpa.... Ecco, io ti guardavo in fondo agli occhi e non ti trovavo più. Dicevo cose importanti, gravi perfino, e tu non c'eri.
Poi il silenzio.

Mi son chiesta perché. Non eravamo amici?

Perché tante bugie, perché tanti nascondigli, perché tanti alibi, perché fughe misere?
Scuse, impegni improrogabili, scopate clandestine, spese insostenibili.
Quali inconfessabili segreti?
E poi, proprio a me pensi di nasconder segreti?
A me, che son stata il tuo unico specchio e il tuo solo diario?
E dopo che e' passato un po' di tempo, deduco a forza, che sei cambiato, sei una persona diversa da quel che credevo.
Diversa. Basta. Niente di più, niente di meno.
E ogni tanto, quando per puro caso ti penso, mi chiedo perché ti sottoponi a questa immane fatica dell'evitare. Del non dire. Devi riempire di silenzio innaturale quel tempo che dedicavi a noi? E come fai a nasconderti? E' brutto vederti scivolar via per strada, come una lucertola dal muro.
Devi "salvare" la tua buona immagine? Con chi? Con me?
Ma io conosco meglio i tuoi difetti che non i tuoi pregi. Ricordi?

Campa sereno. Ti prego.

Sai, io sono proprio quella che ti ho sempre detto di essere. Non mi devi niente. Magari gradisco correttezza, rispetto, ma evidentemente tu non ne sei proprio capace. E te lo dico. Per il resto chissenefrega.
Non ascolto chi mi parla degli altri. Ascolto me stessa. E conosco da vicino prima di farmi un'idea.
Di te ne ho sentite tante. Prima di sapere chi fossi e dopo. Mi son fatta piu' di qualche risata. Ma non partecipo al circo. Neppure adesso che sarebbe facile. Come sparare sulla croce rossa. Ma mi dispiace per te. Mi dispiace vederti bersaglio di facili ironie. E per fortuna, ne sono fuori e ne sto fuori.

C'è anche chi dice che chiedi di me, che vuoi sapere come sto, che ti preoccupi affettuosamente, c'e' chi si sorprende che tu chieda di me, proprio tu che hai sempre saputo tutto di me. E c'e' chi si meraviglia che tu voglia davvero bene a qualcuno, ad esempio a me.
Ma che ne sanno?
E poi voler bene e' un modo di dire...inflazionato per di piu'!

Amico senza nome, c'è una lunga fila di gente che si preoccupa affettuosamente per me, perché mi vuol bene (o cosi' dicono).
Gente appunto, gente, folla, rumore, nulla. Nessuno.

Ma quelli che mi vogliono bene davvero, sono un'altra cosa. E tu forse non sei mai stato del gruppo, per quanto debba accettarlo con dolore. Io ti ho voluto bene e te ne voglio. Ma e' altro discorso.

E comunque, se vuoi proprio saperlo, se ti solleva, io sto da dio.
Soffro solo il gran caldo.

Giorni fa ti ho visto da lontano. Tu non te ne sei accorto.
Eri tra gente, folla, rumore, nulla, nessuno: il tuo habitat naturale. La solita vuota festa del "siamo tutti molto amici".
Io ero distante: e ho capito che ero nel luogo migliore da dove e' bene avere a che fare con te. Una bella e al contempo brutta scoperta. Ma la vita va anche così. E io voglio avere a che fare con chi non si sente in debito con me, con chi ha almeno le palle di guardarmi negli occhi, di parlarmi.
E oggi e' un bel giorno.
E' il 21 giugno, inizia l'estate. Che per te sia frizzante e scoppiettante.
E' la tua stagione. Quella degli animali a sangue freddo.
Divertiti!

martedì 19 giugno 2012

***ma troppo vecchia

Ben conservata, ma troppo vecchia.
Interessante, ma troppo vecchia.
Con tanta voglia di divertirsi, ma troppo vecchia.
Con la capacita' di adattarsi ad ogni situazione, ma troppo vecchia.
Intelligente e capace di fregarsene del giudizio del mondo, ma troppo vecchia.
Giocherellona, ma troppo vecchia.
Sempre pronta a cambiar programma, ma troppo vecchia.

E quando lui, un ragazzo con la forza vera di un uomo, la guarda e le dice: io ti voglio così come sei, perché l'età che dici di avere e' solo scritta sulla tua carta d'identità, non e' sul tuo viso, non e' sul tuo corpo, non e' nel tuo cuore, non e' nella tua testa: io non la vedo, non la sento e per me non esiste.
E quando quel ragazzo le dice: io sto bene con te e a questo non rinuncio, non e' mai stato un gioco e non mi sono mai chiesto dove dovevamo andare, ho solo deciso di prendere la tua mano e stringerla nella mia, perché sei una persona speciale, una donna bellissima, la mia miglior compagna di viaggio.
E quando poi lui aggiunge implorandola: "non mandarmi via, io non ti prometto nessuna eternita' perché non dico bugie, ma proprio perché non dico bugie, mi chiedo qual e' il motivo per cui non vuoi credermi quando ti urlo che voglio proprio te così come sei... "
Ecco lei allora lo guarda, lo vede disperarsi e vorrebbe dire tante cose.

Vorrebbe dire che ha paura. Ha paura perché anche lui le piace molto. Ma lei sa che quello che oggi sembra facile domani diventerà difficile. Sa che ci sono tante ragazze bellissime che non vedono l'ora di innamorarsi di un bravo ragazzo come lui e magari aver figli. Gia' i figli che ora lui dice di non volere necessariamente ma che lei non potrà certo dargli.
Sa che lei e' in un'altra fase della vita. Sa che non sopporterebbe di vederlo andare via. E ha visto tanti film con storie simili. E anche a lei e' già successo. E non e' stato bello. E poi no. Lei non vuole saperne più, ha ancora ferite aperte. Anche se lui si arrabbia e dice che non e' giusto che venga condannato a pagare i conti di chi le ha fatto male prima, e che se lei si sente "vecchia" dovrebbe almeno aver imparato e sapere che ogni storia si scrive su una pagina bianca.
Ma lei ha paura. Così dice solo che e' troppo vecchia.

E se fosse un film adesso lei sarebbe una donna, lui un uomo. Entrambi senza età.
E proprio in questo momento, mi pare di vederli: sono li', nel loro letto, illuminato dalle candele comprate durante loro viaggi, hanno fatto l'amore e ridono mentre mangiano biscotti e cornetti con nutella. Ascoltano musica di ogni tipo e si prendono in giro. E poi ridono forte. Ridono. Ridono del mondo. E del tempo. E delle età.

lunedì 18 giugno 2012

CONSIGLI NON RICHIESTI / 9 uomo, voce, carattere

Un uomo con una bella voce e un pessimo carattere.
Così si definiva Hugh Grant nel "Diario di Bridget Jones".
Ed incarnava il ruolo di sciupafemmine, narciso e bastardello.

Ma quanti "danni" puo' fare (sapendo di farli) un uomo con una bella voce e un pessimo carattere?

Tanti. Soprattutto se riesce a recitare un po'.
E allora, ci caschi una volta, poi due! poi basta. Usalo, se vuoi, quel narciso dalla voce flauatata, divertitici. Ma non fai in modo che non lo capisca! Asseconda il suo pessimo carattere. Rispondi con bugia a bugia. Lui ti vuole credere innamorata, conquistata e tu faglielo credere finche' ti fa comodo. Così se lo racconta e ci si masturba.
Ma alla fine, parafrasando Bridget, basta che tu capisca che vale la pena di pretendere qualcuno che sia davvero più speciale di quello li'.
Magari con la voce flebile e meno profonda, senza impostazione teatrale, incapace di parlare di diaframma, non eccellente negli effetti speciali, anche stonato... ma vero, sincero e bello.

Consiglio banale stasera eh... Mica si può esser sempre geniali...
Suvvia, ieri faceva freddo e oggi son 40 gradi, anche le mezze stagioni non esistono più, figurati i colpi di genio!

venerdì 15 giugno 2012

Poi viene il giorno / 12

C'era una volta la dignità.
Ma non tanto quella che ti faceva tenere la testa alta ad ogni costo, davanti all'orgoglio ferito, alla fiducia tradita, all'amore rifiutato, al rispetto mancato. Tutte cazzate!
C'era una volta la dignità che ti faceva sentire una persona.
C'era una volta.

Oggi per me dignità è una parola desueta, da vocabolario. Perché oggi giri per le banche come un fantasma,  dopo nottate insonni a pensare a come fare, a cosa dire.
C'è che chiedi e non ti sarà dato, bussi e non ti verrà aperto.
Dopo 25 anni di quotidiano camparsi da soli è dura accettare che non ci si fa più.
E' dura alzare bandiera bianca. Peggio alzare quella nera.

Cerchi di non mollare, perché ti hanno detto che sei forte. 
Ma che ne sanno loro.
Te l'hanno detto e si son levati dai coglioni in fretta e furia. 
E non gli è parso vero, con tutto quel bene che ti vogliono! Ma è meglio non sentirsi....
Ora hanno tutti da fare: una fidanzata nuova, una figlia al mare, un scopata in chat, un lavoro da consegnare, la spesa e il bucato. 
Il bucato: tutti a lavare le proprie macchie.
Bravi!
Intanto il tempo stringe e le risorse (di ogni tipo, da quelle economiche a quelle fisiche, da quelle creative a quelle legate alla speranza) stanno terminando definitivamente.
Poi viene il giorno in cui capisci che c'è una bella differenza tra avere paura che qualcosa arrivi e trovarsi quella cosa tra le mani.
Non sai neppure tu cosa provi. Sai solo che fino ad un attimo prima erano solo parole, adesso è tutto vero.
Può capirti solo chi sta come te. Ma - per fortuna - non sono molti.
E non azzardatevi a dire: "Eh, va così per tutti. Colpa di questi brutti tempi".
Manco per niente. fino a ieri lo dicevo anche io. Non è vero. E non vi auguro di scoprirlo.
Fate il bucato che è meglio, va.
Magari, già che ci siamo, quelli che mi vogliono proprio bene e ne sono certi, se fanno un lavaggio per delicati con una centrifuga leggera alla coscienza...grazie!