lunedì 30 luglio 2012

CONSIGLI NON RICHIESTI / 11 olimpiadi & vita vera

"Hai visto la Vezzali all'ultimo incontro? Era sotto di due stoccate a 9 secondi dalla fine. Si è portata in paritá e poi ha vinto il bronzo all'extra time".

Pausa.

"Tu di carattere ne hai quanto vuoi. Non molli mai. Tiralo fuori. Tanto c'è una persona sola che può aiutarti quando sei in difficoltà e quella persona sei tu".


Ci ho pensato un giorno intero. E credo che in queste parole che mi sono state regalate da un amico che ne ha combinate tante ci siano milioni di verità e tante carezze.
Quando il gioco si fa duro...diceva qualcuno.
Io preferisco immaginarmi la Vezzali, 9 secondi, due punti da recuperare e poi una sola chanche per vincere. Tanta sofferenza un urlo di gioia, di liberazione e di rabbia e con umiltà doversi contentare di un bronzo che di sicuro pesa meno dell'oro che sognava alla vigilia.
Ma i sogni son sempre d'oro. Poi c'è la realtà con i suoi giorni fatti di partite vere.
E quando le partite non vanno come speravi è il momento di giocarsi il tempo fino all'ultimo secondo.
Se non sarà oro, magari sarà argento oppure bronzo. Oppure sarà stata una bella esperienza.
Ma mai perdere di vista il podio. Il tuo podio. Con tenacia, umiltà, caparbietà, coraggio, carattere, lavoro. E voglia di ricominciare. Sempre.

A chi sa, grazie.

lunedì 23 luglio 2012

Confessioni di un'anima nuda, senza calzari

Ho sempre cercato luce e fuoco negli occhi di chi incontravo, così come nei miei occhi, ogni volta che li guardavo in uno specchio.
Luce e fuoco. Con la speranza di averne a sufficienza per scaldare e illuminare la notte di chi ne avesse bisogno. E la mia notte.

Ho cercato aria nel cuore e nella mente di chi avvicinavo per essere sicuro di non soffocare e non esser soffocato. La stessa aria che portavo nel mio cuore e nella mia mente.

Ho sempre avuto riserve d'acqua per dare linfa alle mie energie migliori. Acqua che ho donato e che spesso mi è stata offerta.

Ho diviso da sempre la terra e i suoi frutti con chi cammina accanto a me.

Desidero che i miei pochi compagni di viaggio, che siano scelti dal caso o dalle mie voglie, abbiano almeno lo sguardo rivolto in una direzione simile alla mia.

Amo che siano anime molto diverse tra loro, convinto che nella differenza si nasconda la vera ricchezza.

E quando permisi a chi mi stava seduto accanto, in questa carrozza che è il tempo che va, di essermi amico, mi fidai.

Cercai onestà regalando onestà a scatola chiusa. Con la speranza di non trovarmi mai ad avere a che fare con una menzogna.

Cercai lealtà essendo leale con tutto il coraggio che avevo.

Sbagliai talvolta, ma lo feci in maniera così grossolana che la mia buona fede non fu da metter in discussione. Semmai la mia dabbenaggine.

E a coloro che volli come mia famiglia, detti più di quello che avevo.

Uno dopo l'altro li vidi scender alle loro fermate e poi prender le loro strade. Qualcuno salutando con cortesia, altri sparendo nel buio, altri sbattendo porte.

Mi chiesi molti perché e mi sentii perfino colpevole di tanti abbandoni ingiustificati e talvolta dolorosi.

Poi, un bel giorno, fu io a salutare e a scendere.
Fu un doloroso sollievo, un nuovo capire.

Il bisogno è natura, la "sublimazione" del bisogno è condizione.

Un'anima non è fatta per le catene della ragione; la fame di un'anima è sempre fame di puri bisogni.

E quando i bisogni sono mediati dai pensieri, dalle convenienze, ci son di mezzo "condizioni", un apparato di regole e dogmi, che poco hanno a che fare con l'istinto, la naturalezza.

E io, che sono un'anima di viaggiatore, ho bisogno di istinto primordiale. Se adesso non trovo fuoco, luce, aria, terra, acqua, li continuerò a cercare. Non mi hanno portato via tutto. Una cosa ce l'ho: la solitudine.
La mia solitudine.
E' già un punto di partenza.

Se questa è la scommessa che l'esistenza gioca su di me, perché proprio io devo darmi per perdente?
Si parte di nuovo e si parte da qui.
Il resto si farà.

***
Nudo, senza neppure i calzari, di questo ragionava mentre era convinto di sostare. In realtà stava andando. Era in viaggio. E di strada da fare ancora ne avrebbe avuta.


sabato 21 luglio 2012

Lettere&Cartoline / 3

Nella notte tra il 20 e il 21 luglio del 2012, dopo un pomeriggio caldo.


Amico ingrato (anche tu ingrato, come scopro esserlo tutti coloro a cui ho dato il meglio di quel poco che potevo).
Amico comunque, in qualche maniera, amato, compreso.

Oggi la tua anima mi ha è passata accanto.
Erano quasi le 19, ed ero seduta al tavolo del bar più frequentato dagli studenti della città.
Per caso ero lì.

Davanti a me la porta spalancata sulla strada e un bicchiere di acqua e limone.
Intorno a me il vuoto curioso di chi frequenta quel posto.
Musica dalla radio, rumori dalla strada, di fatto ho alzato lo sguardo dal mio scrivere nell'attimo in cui sei apparso tu. Passavi davanti alle due porte del bar, guardavi dritto in avanti, nel vuoto.

Ti ho visto.
O meglio. Ho visto l'ombra di ciò che rimane di te: una maglietta verde, gli stessi pantaloni che indossavi in gennaio, barba lunga e capelli incolti, oppure barba incolta e capelli lunghi. Passo veloce e inconfondibilmente trasandato.
Un attimo e mi ha raggiunta la precisa, fredda sensazione del tuo male di vivere.

Non mi hai vista. Ne sono più che certa.
Guardavi a sud, la tua direzione preferita. Dritto a sud, verso la tua casa che non è. Già perché non è casa quella che si abita senza starci dentro. Quella che si è scelta per forza e spesso maledetta per i mille problemi che ha rappresentato. Per i cambiamenti necessari che ti ha imposto.

Non ho avuto la forza di chiamarti e nel tentare di alzarmi e affacciarmi alla porta per provare a fermarti mi si è rotto anche il vestito. L'ho preso come un segno.
In fin dei conti non ci saremmo detti niente di vero, di sincero. Tu avresti negato il male che ti si legge in faccia e io il mio.
Bugie per farci forti. Per sembrare meno brutti, più autonomi.
Ma mi è dispiaciuto lasciarti andare così, verso sud. Solo. Verso l'ennesima festa del venerdì con annessa l'ennesima rimorchiata del week end e gli amici e il fumo e l'alcool e una lunga fila di perle imperfette fatte di giorni inutili come quelli precedenti e a
uguali a quelli che verranno.
Eppure quella improbabile maglietta color verde giocatore del Brasile parlava per noi.
Come se ancora fossero gli anni dei venti anni, e come se ancora lo specchio non ci avesse rivelato che per noi la primavera è finita.
Le lucciole son sparite con i papaveri ed è già iniziata l'estate. Sarebbe quasi finito il tempo di mietitura, e invece siam qui come cicale afone. Ad uccider minuti e paranoia. A cantare, coglioni come pochi, che felici come adesso non lo si era mai stati. A menare il torrone con la dignità, la libertà, l'indipendenza, noi che siamo ricattabili da tutto e tutti e che non siam liberi neppure di pisciare al bisogno.

Ma il brutto lo sai qual è? E' che le cicale mica lo sanno che poi finito Caronte, Minosse, Circe, il ciclone e l'anticiclone, il freddo loro non lo sopportano.

E col freddo fuori che si mescolerà a questo gran freddo che ci abita dentro e che tu copri con la tua pelliccia di peli e io con le vesti bucate che ho, che fine faremo?
Sarebbe stato meglio usar diversamente, lumi, chiavi, parole e cervello.

E invece ogni volta è questione di orgoglio, dignità, di rispetto, di principio, di libertà. Umiltà ci vuole e magari riconoscenza.
E invece vai con l'arroganza delle sparizioni che son pure peggio delle frasine fatte e degli applausi a comando.
Ma mi faccia il piacere, direbbe Totò.
E lui principe lo era davvero.

Io di sangue blu non ne ho, non ne ho neppure rosso... Ma principessa lo sono nell'animo. E chi mi conosce, nonostante possa spalare merda per sentirsi meglio per le proprie vigliaccate e piccinerie, lo sa. Lo sa molto bene e da prima di me.

Per questo stasera, nonostante tutto, sento anche te. Il tuo vuoto. Il tuo deserto. La tua tristezza e solitudine. E li faccio un po' (ma solo un po') anche miei.
E sebbene sarai cosi superiore da non fartene di niente ti mando un abbraccio.

Domani andrà meglio. Credici.
Cambiati la maglietta, fatti una doccia e taglia barba e capelli.
Sotto a tutto quel casino di peli e colori bruttissimi troverai quello che resta di te oltre e al di lâ di quello che hai buttato via.
Di roba buona ricordo che ce n'era tanta.

Buona fortuna amico ingrato.

Di bene te ne voglio, perché il bene non è un qualcosa che conosce la ragione.
Abbiti cura, almeno un po' di più, che la vita è bella anche quando fa schifo.

No te vayas y te vas

giovedì 19 luglio 2012

RIFLESSIONI 44 / delle sorprese

Le sorprese più straordinarie (nel senso di extra-ordinarie) e inattese (nel senso che era proprio inimmaginabile che arrivassero da lí), te le fanno sempre i cosiddetti "insospettabili".

Gli insospettabili sono quelli che tieni alla larga perché li conosci poco o niente e di conseguenza non hai con loro confidenza, oppure quelli che ti abitano dentro casa perché sono la tua famiglia.

Ora, al momento di una ricorrenza, di un lieto evento, il familiare è lì e spesso ci si trova per un affetto dovuto all'abitudine, alla circostanza. Lo "straniero" che è incuriosito da te invece ti si presenta con l'effetto speciale.

Stessa cosa accade nel cosiddetto "momento del bisogno", bisogno vero, non minchiate eh. Gli affetti? Seeee Addiooooo, minimo c'hannodaffa. Un pochino ti ascoltano poi... Il deserto dei tartari in confronto è più densamente abitato.
E allora vaghi e capita che ti imbatti in facce nuove e può succedere che ti diventano amiche e che sanno dirti cose perfette per te.

Diceva la mia professoressa di fisica: "Poggio e buca fa piano". Non fa una grinza.
La conta di chi conta la si fa quando c'è da contare davvero.
E le cose scorrono come devono scorrere.

Qualche carta buona il mazzo te la passa sempre. Soprattutto se tu hai giocato onestamente, in modo pulito, con verità. Per quanto scomoda sia la verità, e brutta, e antipatica. Poi, puoi anche perdere, ma non è detto che perdere sia sempre una sconfitta. A volte ci rimette di più quello a cui pare di vincere.

La vita nonostante la vita. E' questo il regalo bello, bellissimo che l'esistenza ci fa e che se lo sai cogliere ti riconcilia con tutti. Senza esser bischeri, con le dovute differenze. Riconciliare non significa più farsi calpestare, almeno per me.

E allora sia quel che sia. Sfogatevi pure. Elevatevi al livello più eccelso che potete immaginare. Io resto qui, nel mio basso, con i piedi nella terra e se piove nel fango.

Alla fine se gli sportivi prevedono anche il girone di ritorno ci sarà un perché.
Mi fido.

mercoledì 18 luglio 2012

Post-it / 19 chiavi

Ci sono alcuni esseri umani che tu fai entrare nella tua vita senza riserva alcuna e che quando non hanno più bisogno di te si dimenticano che esisti.
Ricordarsi di usare maggior prudenza quando si regalano le chiavi del proprio cuore.

Poi viene la notte / 7

Poi viene la notte in cui metti insieme i pezzi di un puzzle che avevi lasciato incompleto.
E alla fine il quadro si delinea.
Tessera dopo tessera questi moderni mosaici restituiscono immagini precise.
Certo, sono immagini segnate dalle rughe che servono da incastro ai pezzetti di cartone. Il disegno finale così e' preciso, ma "violato".
E vedi tutto.
E vedi i segni. E capisci che quei segni c'erano anche prima.
E capisci che erano proprio nel DNA, in qualche modo necessari.

E' stata un'altra giornata di caldo e di sete.
Di tante parole vuote come gallerie.
Di piccoli grandi dispiaceri.
Però a compensare il fastidio di chi all'improvviso, incontrandoti per strada, ha fatto finta di non vederti, ci sono state due neo mamme che ti hanno mostrato i loro meravigliosi tesori.
Due giovanottini che spalancavano gli occhi su tutta quella vita che passava e su tutto quel caldo pensando a chissà cosa, con un'espressione incerta tra il riso e il pianto.
Come li capisco! Ridere o piangere?

Due belle mamme giustamente orgogliose.
D'altra parte ciascuno mostra il meglio di quello che ha.
E in quei due passeggini, di bellezza ce n'era da restare senza fiato. Altro che girarsi altrove!
Poi è stato tempo pensare al domani di una bellezza un po' più grande. Una corsa in libreria, e ti sei ritrovata a sfogliare, piena di emozione, un'antologia fresca di stampa che parla solo di Iliade, Odissea e Eneide. Chissà se l'investimento fatto in quel libro sarà ripagato con altrettanta emozione.

Non so se stasera avrei preferito esser un giovanottino ancora senza denti a spasso con mamma nel passeggino o una ragazzina in procinto di affrontare il liceo, che volentieri mamma la lascia a casa.
Di certo non avrei mai voluto incarnare i panni scomodi e ridicoli di uno che non saluta per conto terzi, o meglio, per il puro rispetto del palio della "cupola" come diceva ieri l'amico Scansano.

Bah! Meglio giocare con i puzzle che ci restituiscono volti di cartone segnati da rughe artificiali.
Si. Meglio.
Spesso, i volti di cartone sorridono di sorrisi più sinceri e umani di quelli fatti di carne viva.
Non è bello, non è consolatorio ma è già qualcosa.

giovedì 12 luglio 2012

***la mamma dice

La mamma dice che sono bello, ma non ci ho mai creduto. Certo, ho sempre incontrato molto con le donne. Ci ho saputo fare forse. Però mamma mi trova seducente, e in questo le do' ragione. Mi piace conquistare le femmine.

La mamma dice che sono molto intelligente, è esagerata! Diciamo che sono un uomo dotato di una certa sensibilità, abbastanza colto e forse anche intelligente sebbene lei mi adori e mi veda con gli occhi dell'amore.

Certo, la mamma si lamenta perché la trascuro e forse ha ragione. Dice sempre che me ne sono andato di casa troppo presto: mi son laureato 25 anni fa...
Adesso per me sogna una brava ragazza e vorrebbe anche mettessi su famiglia e la testa a posto (lei lo sa che son farfallone). Ma sono stato anche fidanzato sul serio. La mamma in genere ha voluto bene alle mie fidanzate, però è stata sempre molto intuitiva ed è riuscita a trovare i difetti che avevano prima di me.

Poi quando mi innamoro mi dedico troppo alla mia ragazza, sono romantico, dolce, premuroso e la mamma dice che questo è un errore, un fatto di immaturità. E comunque secondo lei, in generale, dovrei dedicarmi un po' di meno al lavoro e di più a me stesso... In fin dei conti la vado a trovare ogni due mesi.

Poi è fissata con la mia lavanderia: dice che dovrei cambiarla perché le mie camicie son stirate da cani. Dice anche che dovrei vestire meglio. Mah... Fissazioni da madre. Mi vede ancora come un bambino che deve fare la prima comunione.
La mamma dice che vorrebbe di nipotini, ma io mica sono così sicuro. I figli ti cambiano la vita... E poi chissà se sono pronto ad una convivenza.
Mamma dice che dovrei provarci sul serio sebbene vivere con un'altra persona richieda molto sacrificio, e non è come stare nella casa dei genitori. E figurarsi, io non sopportavo neppure quella... Sopportare un'altra persona a lungo deve esser difficile, asfissiante, non credi? Io ho paura. Mi innamoro sono fedelissimo ma poi a un certo punto, non lo so... Mollo. Scatta qualcosa che rende tutto difficile. Non è voglia di trasgressione, è più paura di finire in una sorta di gabbia... Tu che ne pensi?

...

sabato 7 luglio 2012

Epifanie / 21

Questa e' banale.

Si dice da noi:
"se uno nasce tondo non puo' morir quadrato".

Quindi anche se uno nasce stronzo, per quanto possa mascherarsi, travestirsi, recitare, non può che morir stronzo.
All'esser stronzo non c'è medicina. Prima o poi quell'indole spietatamente furbesca viene fuori e chissenefrega del prossimo. Amen.
Inutile augurare lunga vita agli stronzi... Tanto campano sempre più dei bischeri.
E così sia.

venerdì 6 luglio 2012

CONSIGLI NON RICHIESTI / 10 l'asino, il motore e.il tacere

Quando hai un barlume di lucidità grazie al quale ti accorgi di esser troppo stanca getta l'ancora, metti il cavalletto e chiudi il lucchetto alla catena.
Spegni ogni motore e taci.

Qui, alle due, hanno momentaneamente smesso di suonare le campane della festa e si sente ragliare un asino sebbene la mia finestra sia spalancata in pieno centro storico.
Non e' il caldo e neppure un'allucinazione. E' un asino in carne ed ossa che abita in un giardino ricavato in una valle verde poco distante da casa mia.

Somiglia un tale che conosco.
Un tale a cui avrei da dire mille cose sull'uso improprio delle parole, forse dovuto alla stanchezza, al bisogno, alla solitudine o al puro egoismo di razza narcisistica.
Un tale che ragliava, almeno con me, e forse per questo non l'ho capito.
Si, perche' poi quel tale ha dimostrato ampiamente di saper trovare le parole adatte per tutti. Tranne che per me.
A me son stati riservati solo i "ragli" uguali a quelli che adesso emette l'asino. Che mi avesse preso per un asino (sebbene di razza pseudo/intellettuale)? Bah... Chissenefrega. Poi si e' zittato, piccinino.
E non ci voglio pensare più.
Manco a farlo apposta, appena fatto questo proprosito, suonano di nuovo le campane.
La voce del povero asino sparisce inghiottita dal suono di piombo battuto e non si sente più. Con lui sparisce l'inutile pensiero del tale di cui sopra.

In questa citta' son nottate calde per molti versi. Qui si fa festa, mica noccioline. Non si parla d'amore in codice pigiando bottoncini retro illuminati.
No: qui quando va male si raglia, su rulla e si rolla. E poi si suonano campane.

Ma ora a te non te ne frega niente.
Tu sei stanca: spegni ogni motore e taci.
Tanto, prima o poi, torna tutto e tutto torna. Magari anche la lucidità frutto di un po' di sano riposo.

Quando sei stanca...
Spegni ogni motore e taci.

giovedì 5 luglio 2012

Poi viene la notte / 6

Poi viene la notte in cui ti senti sola. Triste. Delusa. In pace, pero'. Meglio sapere con chi si ha a che fare. Anche se lo hai sempre saputo e anche se quel che hai scelto non lo hai sbagliato. Non tu.

Ti guardi intorno e tra tutta quella gente non trovi neppure una persona. Hai dedicato le poche energie che avevi a chi? Mah, te lo chiedi. Forse prima o poi capirai.
Certo non lo capisci adesso.
Non sopporti chi non risponde al telefono. Non sopporti chi ti ha detto bugie. Non sopporti chi e' così nervoso che se la prende con te vomitando cazzate e veleno. Non sopporti di esser tu cosi nervoso da farti venire la tachicardia dopo aver dato più di quello che avevi.

La domanda e': ma chi te lo ha fatto fare?

E allora ti rifugi nel passato perché il tuo presente e' troppo caldo e adesso non hai voglia di aprire il ventaglio e sventolare.
Un passato anche recente, in cui persone ti hanno promesso lealtà e onesta' per poi tradirti in modo goffo e stupido. E l'hanno fatto dopo un'ultima cena come un giuda di plastica di fabbricazione cinese comprato con due euro al mercatone uno.
Ma si capisce, son tempi di crisi... Si risparmia anche su questo!
Che mestizia!
Certo, quando le cose non sono colorate di tinte pastello e' dura esser simpatici, ma tentare di render tutto più grigio o nero e' inutile e controproducente.
Soprattutto quando una parola in più può far del male a chi ha sopportato. E anche troppo.

Bah. Meglio guardare la pubblicità in tv. Sono bugie anche quelle, ma almeno hanno un fine... Vendere e non svendersi.

mercoledì 4 luglio 2012

***valigie

Anni fa proprio a quest'ora chiudevo una valigia.
La chiudevo sopra una delusione tremenda e la chiudevo verso un qualcosa di assolutamente sconosciuto.
L'indomani, piena di tristezza e con la speranza di dimenticare quella tristezza, sarei partita per un viaggio che si sarebbe nel tempo rivelato meraviglioso, inatteso, incredibile. Forse (per certi aspetti) il viaggio più coraggioso e straordinario dei miei ultimi cinque anni.

Una pazzia dettata dalla voglia di fuggire dall'ennesimo dolore provocato dall'ennesimo cavallo.

Andavo lontano, in luoghi per me affascinanti e sconosciuti, ad incontrare persone sconosciute. Arrivai molto in ritardo senza sapere bene che faccia e che voce avesse chi mi stava aspettando. A dire il vero, non sapevo neppure se qualcuno mi stesse davvero aspettando.
Sapevo solo che dovevo sorridere.

Con mia sorpresa invece erano li' da ore, dopo tutto quel ritardo, sorrisi, gentilezze e anche un bigliettino e un disco. Per me. Proprio per me.
Aveva aspettato anche il tramonto che semplicemente toglieva il respiro.

Poi trovai un cuore, un mondo, una famiglia, una parte di me.
La parte più "ragazzina" e spensierata. Quella che poteva scorrazzare sul motorino e cantare a squarciagola canzoni stupide, quella che poteva mangiare cornetti con la nutella la notte alle tre perché non c'era stato tempo di far cena, tante erano state le cose da fare e tanta era stata la passione da consumare per tutta questa vita che all'improvviso scoppiava col caldo dell'estate.
Il mare. Il lavoro. I concerti. Gli incontri.
Poi un intimo silenzio e la luna vicina che si poteva toccare. Come quella di stanotte.

E ancora viaggi, progetti, la voglia di vivere e di non esser stanchi mai.
Affetti sinceri, profondi, onesti.
Amore per tutto o qualcosa di molto simile.
Poesia, musica, bellezza. Una candelina sulla torta di compleanno e una foto fatta di spalle a due ombre davanti ad una città. E tutto che sembrava possibile.

E fu un viaggio bello, denso, lungo che - come tutti i viaggi - a un certo punto fini'. E quando fini' fu bruttissimo. Magari necessario, ma doloroso. Per tutti.

Pero' cinque anni fa non ero la persona di oggi. Molto devo a quel periodo e a chi lo ha vissuto con me.

Pensavo di esser la più grande e invece per certi, molti, aspetti riuscii ad esser la più piccola.
Pensavo di sapere il da farsi e il come fare, e invece sbagliai tutto.
Pensavo di conoscere la strada e mi persi.

Ho pagato un prezzo molto caro per quegli errori. Forse eccessivo e anche un po' ingiusto. Ma nessuno ha mai la bilancia per dosare amore e odio, rabbia e comprensione. Si va di pancia. Si fa come si può.

Ma non mi pento neppure un attimo di aver stretto certe mani bianche e forti che, finche' ci son state, son state preziose. Mani che si sono mostrate premurose e mature, serie e sincere. Mani che io ho offeso senza rendermene conto. E di questo mi pento. Si. Mi pento. Anche adesso.

Invece non mi pento neppure un attimo di certi giorni pieni di sole, della paura dei gechi, di strade dagli odori forti fino al disgusto, di rose rosse, di cd fatti su misura, di lettere, di una piccola sala da te iraniana dove risuonavano solo canzoni di Gianna Nannini, di libri e di notti piene di parole, sorrisi e calore sulla pelle.

E adesso che son solo bei ricordi, lasciatemi dire grazie. Lasciatemi ancora sorprendere come allora, quando si rideva di me perche' mi aspettavo che uscisse da un momento all'altro il cartello di "scherzi a parte", tanto ero incredula di trovarmi li'. Dentro a quel sogno.

Son certa che nessuno si riconoscerà in queste parole, ma se mai accadesse, grazie.
Grazie di cuore. Devo molto.
E di tutte le parole dette, questa frase, scritta su un biglietto che portavo sempre com me e conservata in un borsello che mi fu rubato tempo dopo, resta vera in tutti i sensi: in andata e in ritorno:

"Qualcuno ha detto che la bellezza salverà il mondo. La tua, fosse anche solo per un momento, ha salvato il mio"

martedì 3 luglio 2012

Lettere&Cartoline / 2

Nella notte tra il 2 e il 3 luglio del 2012, dopo il Palio
Amico dolcissimo,
stasera il mio unico pensiero privo di rabbia e pieno di tenerezza è per te.

Siamo vicinissimi e lontanissimi. E mai lo siamo stati come adesso.

In questo momento il tuo cuore è in subbuglio. Perso dentro un sogno bellissimo. E batte forte, più di quando regalasti il tuo primo bacio e io c'ero, più di quando ti sei innamorato da ragazzino e io c'ero.
In questo momento sei fra l'incredulità e la gioia, una gioia che capisce solo chi l'ha vissuta da dentro, chi l'ha aspettata per tanto tempo, chi l'ha cercata superando delusioni e sconfitte e si è sollevato dopo esser stato atterrato dai brutti scherzi che fa la sorte.
Lo so che è così perché sono nata dove sei nato tu.

Il mio cuore adesso invece è in subbuglio perché si è perduto dentro un incubo. Inutile spiegarti il perché.

Sento la tua campanina che suona a vittoria e so che non dormirò.
Penserò che non è giusto e poi penserò a te che sei lì ad abbracciare volti e voci e pensieri che sono quelli della tua famiglia, della tua identità, del tuo mondo più intimo.
Penserò a quegli abbracci che sono gli stessi che vorremmo regalare e ricevere tutti noi che siamo nati in questo posto maledetto e spudoratamente bello in una notte unica come solo questa sa e può esserlo.

Niente a che vedere con il tuo abbraccio di oggi, che non dimenticherò se non altro per il coraggio con cui mi hai avvicinata e del quale ti ringrazio. Un abbraccio di quelli che si danno senza dire una parola, stringendo un po' di più per far sentire la "presenza".
E tu che mi conosci e che sai bene quando per me è troppo, sai anche che in quel momento ti ho odiato. Tu andavi pieno di quelle speranze che a me erano state di nuovo scippate in maniera incomprensibile. Non avevo forza neppure per guardarti e mi avrebbe dato fastidio la fierezza delle tue aspettative. Ma tu, lo stesso, mi hai stretta. Grazie.

E poi tutto è stato come doveva essere. Tutto troppo "secondo copione". E anche questo mi fa rabbia, schifo. E tu lo sai. Sai tutti i perché.

Ma queste sono parole, perché poi penso a noi, a me e a te e ai nostri discorsi. Penso a quanto hai aspettato questo momento e sento che ti voglio bene al punto che mi metterei le scarpe e verrei a cercarti per abbracciarti un attimo e dirti, senza dirtelo, che sono contenta per te. E sarebbe giusto farlo.
Perdonami se non ho il tuo coraggio.
E so anche quanta voglia avresti tu di abbracciarmi per augurarmi di cuore che la tua gioia di adesso, sia presto anche la mia.

Nella mia televisione girano i cavalli. Il tuo è sempre il primo. Poi passano immagini di persone e tra le tante facce conosciute io cerco solo gli occhi tuoi. Quelli di trent'anni fa. Uguali.
E sento che adesso vorrei essere lì per te e vorrei tu ci fossi per me, anche solo un momento. Per quante volte ci siamo parlati di questa bella nostra festa, per quante volte ci abbiamo pianto, riso, per la seta dei nostri diversi colori che una sera di tanti anni fa (quella felice per entrambi) ci avvolse in piazza, per questa nostra enorme passione, per i discorsi infiniti fatti a sviscerare i perché di questa gioia che tardava a venire e tardava come un figlio voluto, cercato e poi faticosamente trovato.

Avrei dovuto farmi vedere. Te lo dovevo.
Ma non siamo sportivi, non in questo gioco che diventa vita vera.
E a me ora girano proprio le palle.

E allora ti scrivo. Perché tu sei tu e sei speciale. Lo sei da trent'anni per me. E quel che ci lega da tutto questo tempo, stasera mi fa trovare la forza di un pensiero d'amore che sia davvero unico per te.

Ti prego, fai che questa notte sia lunga più che puoi. Indimenticabile lo sarà di certo. Bevitela fino all'ultima goccia e fai che - in qualche modo - sia solo tua.
Io da qui, il mio abbraccio sincero lo divido con te. E che sono sincera, lo sai.
Ti voglio bene.

domenica 1 luglio 2012

Epifanie / 20

Non sperare mai che qualcuno privo di sensibilità e di altruismo possa farsi un "esame di coscienza". Soprattutto in nome dell'amore.
Non tanto perché privo di sensibilità: quella, in un momento di debolezza, e' una lacuna che potrebbe esser colmata; piuttosto il fatto incolmabile e' che costui sia privo di altruismo.

Ho scoperto che l'egoista e' di due tipologie.

La prima e' quella dell'egoista stupido, quello che dichiara apertamente di amare solo se stesso. In questo caso l'esame di coscienza e' impedito dalla pochezza della materia grigia. Lo stupido egoista pensa come un bambino e pretende che ogni cosa gli spetti a comando. Tutto vuole e nulla e' tenuto a restituire e mai e poi mai dice grazie col cuore. Talvolta un grazie esce dalla bocca ma niente illusioni: e' puro "vizio" di educazione. Niente a che vedere con il sentimento.

La seconda e' quella dell'egoista intelligente, quello che dichiara di amare il mondo confondendo (scientemente) il verbo "amare" con il verbo "usare". In questo caso l'esame di coscienza e' impedito dalla mancanza di una coscienza. Chi deliberatamente decide di viver secondo egoismo, chi mette se stesso al centro dell'universo e fa girare bambole e bambolotti attorno, la coscienza non la possiede. Ce l'aveva, forse, ma l'ha uccisa e sepolta da tempo. E se non fate attenzione e' capace di uccidere e seppellire qualsiasi altra cosa o qualsiasi altro suo simile: anche voi!
Sempre in nome dell'amore. Ovvio.