venerdì 27 gennaio 2012

FuoriModaFuoriTempo / 12

Riflessioni

"Ero contento di non essere innamorato, di non essere in pace col mondo. A me piace avercela con tutto e con tutti. Gli innamorati diventano spesso nervosi, pericolosi. Perdono il senso della realtà. Perdono il senso dell’umorismo. Diventano irritabili, psicotici e noiosi. Ammazzano perfino la gente!"
Charles Bukowski

***istantanea

Esterno notte.
Buio. Grigio petrolio.
Passi solitari nella notte risuonano.
Nel freddo il respiro e' fumoso.

Una falce di luna, uno specchio appannato, un disco rotto.

E' tutto perfetto, silenzioso, asettico, privo di emotivita' e indolore.
Nel mare che si muove, niente e' come sembra.

Colpa del buio pesto e del freddo e della luna ingenerosa.
Ma ingenerosa si può dire?

La felicita' passa da qui.
E ti si scalda un sorriso.

E non c'e' niente da capire...

mercoledì 25 gennaio 2012

Epifanie / 11

E poi ti accorgi che quello che sembrava un danno, una perdita, un incidente è solo una gran bella occasione.
Un'occasione per guardare le cose da un'altra prospettiva.
Un'occasione per nutrire nuovi dubbi ed evitare accuratamente le certezze.
Un'occasione per incontri fortunati e tempi recuperati.

Che gran bella fortuna non avere verità su nulla.
Che gran bella fortuna scoprire ogni giorno chi sei, senza che nessuno sia lì a raccontartelo.


E sorridere. Perché hai di nuovo imparato a farlo.
Sorridere, ancora, sempre.
Sorridere.

lunedì 23 gennaio 2012

Quando l'amore è un gioco rotto (Lunedì - Virginiana Miller)

Lui si presentava come un tipo molto sicuro di sé. 
Aveva la faccia di dire quello che pensava e pazienza se faceva male (ma poi male a chi?). 
Comunque Lui se c'era da dire, poche storie: diceva. 
E pazienza se faceva male: era una ruota...prima poi faceva male a tutti. Lui stesso, pensa un po', era stato male. O almeno così diceva.
Lo diceva sempre con estrema e durissima sicurezza. Era bene esser precisi e ristabilire ruoli e paletti.
Sicuro che poi, quella roba lì importasse davvero, anche a chi lo stava a sentire.

E sempre con estrema sicurezza Lui pensava "non ci perderemo mai". Era proprio convinto di avere un potere assoluto su di Lei. Un potere costruito su un gioco fatto di "ora ci sono e ora non ci sono più" che lo aveva reso inafferrabile, irraggiungibile, mitologico. Che poi al momento opportuno sapeva esserci, eccome!
O almeno Lui di questo era sicurissimo.

Lei invece gli aveva detto che non lo percepiva proprio così e che non ci credeva del tutto a tutto quello che Lui le diceva...
"Beh, Lei ogni tanto fa la scorbutica, fa l'offesa ma gioca... ovviamente. So che basta una carezza per tenerla buona". Così si rasserenava. A dire il vero, ogni tanto nella sua testa "balenava" il dubbio, ma Lui non cedeva e sospirava compiaciuto. Poi guardava il cellulare dove stranamente non arrivavano "lampi" di Lei come accadeva un tempo.
"Ma sì, fa la sostenuta, è una tattica. Ha sempre usato le sue tattiche la signorina... Ma dove vuoi che vada. E' così innamorata..." e tra lampi e balene sorrideva soddisfatto guardando una foto di qualche anno prima dove Lei era bellissima.

E Lei era ancora bellissima. Era molto insicura e bellissima. Molto incostante e bellissima. Molto malinconica e bellissima. Era bellissima nonostante fosse ormai logorata da tutto quel tira e molla. Ed era bellissima anche se era stanca di essere bellissima e basta.
Lei adesso vedeva con chiarezza che tra loro era sempre stato così: intensità, passione e poi lacrime. Un via vai che Lei accettava perché era certa che prima o poi si dovesser risolvere in qualcosa di un po' più concreto che non un gioco al massacro dove Lei era perdente, sempre, perché sempre in buona fede.

E la buona fede di Lei si basava sul fatto che lo vedeva confuso, contraddittorio, spaventato. Spaventato dal tempo che passava talvolta invano. Occasioni perdute. Tante, troppe.
E ormai mal tollerava quella sua esasperata sicurezza per mascherare altrettanta solitudine. Una solitudine che Lui aveva fatto bandiera di libertà, ma che poi gli era pesante da sopportare. 
Pesante soprattutto adesso, nella stagione dove il solleone lascia il cielo alle prime luci di un settembre in cui necessariamente bisogna far scorta di provviste per i primi freddi. 
Ma Lui non ci pensava ai primi freddi, convinto com'era che la sua adolescenza non fosse ancora finita. 
Già. Lui ancora aspettava che finisse la primavera per sentir cantare le cicale, aspettava di diventare bello: un bel giovanotto non più goffo e finalmente senza brufoli, sicuro di sé, maschio, molto maschio perché capace di grande tenerezza.
Si guardava allo specchio passava la mano tra i capelli ma non ne vedeva il grigio. Era ancora quel ragazzone timido e impacciato, di certo non bello, che era diventato bravissimo a tenersi le ragazze perché capace di "conquistarle" sul piano psicologico. 
E le voleva tutte, voleva piacere, voleva sedurre. E seduceva anche là dove non era necessario, dove la preda non era di suo interesse. Chissenefrega se poi quella ci cadeva, ci sbatteva il muso, si innamorava.
Lui non ce la faceva a "trattenersi". La voracità del suo ego era spaventosa. Poi magari si pentiva, ma durava poco: era bravissimo Lui, con il suo flacone di lacrime di coccodrillo sempre in tasca. Così restava amico di tutte e quanti amiche aveva! Tantissimi amiche e sempre solo.
E Lei, la sua ultima conquista/vittima era senza dubbio la prova provata che funzionava così. Un giorno era la donna più speciale e unica dell'universo il giorno di poi un'amica qualunque. "Fidata - precisava Lui - molto sexy, ma qualunque".

Lei ormai aveva altri pensieri. Con Lui aveva avuto una storia divertente anche intensa e piena di compassione oltre che di passione, ma adesso non si divertiva più. 
E l'aveva capito quando Lui l'aveva chiamata per dirle: "io tra mezz'ora sono al solito posto. Fatti trovare lì, ti va?"
"Si, va bene" aveva risposto Lei. Ma poi si era chiesta: "perché deve andarmi bene? sono giorni che non ho sue notizie..."
Quelle giornate di silenzio prima l'avevano frastornata poi l'avevano illuminata. No, non era più un gioco. Ed era anche inutile aspettare che a Lui venisse voglia di smetter di giocare. Si erano attraversati in lungo e largo. Si sapevano bene e ciò nonostante ancora se la menavano. Non sapevano viversela fino in fondo. nessuna responsabilità, per carità! Così giocavano. E se doveva finire il gioco, come al solito, doveva deciderlo Lei.

Pensò che era un vero peccato risolverla così. Ma non aveva più voglia di tira e molla, di attese di inviti, di cambi di programma, di racconti di altre conquiste come se Lei non dovesse mai esser conquistata, mai esser invitata, ma essere attesa, mai esser corteggiata, manco prima di un po' di sesso.
Sì, Lei per Lui era bella. Era il massimo che sapesse dirle oltre alla lista dei difetti. Eccheduepalle!!!
Non aveva più voglia di essere solo bella. Non aveva più voglia di essere solo un gioco. Voleva essere importante davvero per qualcuno. Voleva un bene concreto da dare e da prendere.

Il volersi bene...loro di bene se ne volevano davvero. 
Si volevano molto moltissimo bene e nei rari momenti di verità lo avevano toccato con mano. Ma quel bene non riusciva a liberarsi dall'egoismo.

E adesso Lei non aveva più voglia di un bene che si pensa ma non si dimostra. Che si vive come una pena. Che diventa strumento di tortura.

E allora sentì freddo e sentì una fitta sorda allo stomaco.
Pensò anche che no, non si sarebbero perduti mai perché alla fine non si erano mai posseduti davvero: e questo sì che fu un pensiero triste, di quelli che fanno male. La fitta diventò insopportabile, le salirono le lacrime agli occhi e  allora cacciò via quel maledetto pensiero.

Lei lo possedeva, sapeva il codice genetico della sua anima e Lui la possedeva sapeva la password di ogni suo respiro. Si conoscevano, si riconoscevano, si sapevano a memoria. Si volevano bene.
Ma vivere tanta intimità negandone la bellezza in nome di una falsa "libertà" del vivere, era un delitto. Uccidere tanta appartenenza in nome dell'egoismo che salva solo il sé era inaccettabile. Essere incapaci di accettare l'amore con amore era un bestialità, negazione della vita che scorre.

E così, mentre finiva un altro week end, tra mezz'ora al solito posto non si sarebbero mai incontrati.
Lei non sarebbe andata. Già, per la prima volta non sarebbe andata. E non avrebbe manco avvisato.

Si celebrava così la festa dell'ennesima occasione perduta. E nessuno, per una volta, avrebbe potuto dire con certezza cosa, da lì in poi, sarebbe successo e come sarebbe andata a finire.

Ormai era già lunedì.
E quello sarebbe stato il primo lunedì del mondo.





giovedì 12 gennaio 2012

Quando l'amore è un "fuori orario" (La Llorona - Chavela Vargas)

Erano lì, sul piccolo divano di quella stanza piena di vita, stanchi e rapiti dalla bellezza di Chavela Vargas, una potenza nonostante i quasi 90 anni.

Erano lì perchè per un giorno intero avevano fatto l'amore e parlato, fatto l'amore e cantato, fatto l'amore e parlato, fatto l'amore e mangiato, fatto l'amore e parlato, fatto l'amore e ascoltato musica.

Dopo un giorno, ventiquattro ore, Lei doveva andare via, ma non riusciva a lasciare quella stanza, che in realtà avrebbe dovuto lasciare molto prima.

Dalle band progressive al rock, dalle canzoni popolari italiane a quelle del mondo, alla fine erano lì davanti a quel video di Chavela Vargas.
E la voce e il volto di quella donna così eterna, toglievano senso al tempo. E infatti il tempo passava che sembrava non esistere. 
Ed era bello non pensare a niente. In realtà avevano pensato molto.

Poi la canzone di Chavela era terminata. 

Lui aveva preso di nuovo la chitarra e aveva cantato ancora per Lei. Lo faceva spesso e così Lei, felice come una bimba, iniziava a cantare con Lui.
Forse meno felici i vicini... O forse felici anche loro di quella rumorosa e armonica felicità. 

Ma adesso era necessario riprendere l'orologio e rimettere i piedi a terra. 
Già, i piedi a terra: Lei sciolse le gambe che ancora erano attorno al corpo di Lui. Iniziò a immaginare che freddo potesse fare fuori di lì, con tutto quell'inverno che c'era.

E mentre si prepava ad uscire, iniziava a rendersi conto. 
Erano successe tante cose in quella manciata di ore.
Era successo che il cielo sopra la sua testa aveva cambiato colore così tante volte che in quelle 24 ore sembravano trascorsi 24 giorni, forse mesi.
Eppure Lui era arrivato nella vita di Lei da poco più di 24 minuti...

Lui era arrivato nella vita di Lei come uno qualunque, ma non era uno qualunque. Di questo Lei se n'era accorta presto, anche se non lo sapeva dire. Non lo sapeva dire neppure a Lui.

Era stato tutto speciale e tutto normale: Lui l'aveva desiderata, l'aveva avvicinata, l'aveva frequentata con entusiasmo, naturalezza e piacere. Lei si era lasciata sorprendere da quel mondo nuovo che si svelava.
Oggi per l'oggi. Senza un appuntamento per domani.

Lui che era davvero un uomo speciale, superando la sua naturale riservatezza camuffata da diffidenza, aveva dedicato del tempo a guardarla. Si era fidato e si era raccontato un po' (cosa che non amava fare) e aveva voluto ascoltarla un po'.

Così era accaduto - senza manco volerlo - che adesso si conoscevano abbastanza anche se di fatto si conoscevano davvero poco. 
Ed era accaduto che adesso Lui aveva cose da dire e le aveva dette.

Le aveva dette per caso, in quelle ore, in una chiacchierata intervallata dall'amore che era partita da altro ed era durata parecchio. E forse per questa ragione il loro incontro si era prolungato con un bel "fuori orario", così che ci fosse tempo di fare ancora l'amore, ascoltare musica, mangiare, cantare e ancora tempo per parlare.

Ne era uscito un discorso serio, nervoso, a tratti pesante. Così i colori di quella stanza cambivano a seconda di quel che succedeva.

Era come viaggiare guardando un panorama che muta e svela sorprese curva dopo curva.

Parlavano di com'erano loro. 
Lui si trovava davanti una donna tenace e caparbia, che non sentiva ragioni su certe questioni.
Lei si trovava davanti un uomo tenace e caparbio, che non sentiva ragioni su certe questioni.

C'erano momenti in cui Lui parlava con coraggio sfrontato, con una durezza che si poggiava con poco garbo sui nervi scoperti di Lei.
Per di più era un uomo che si appassionava nel sostenere le sue ragioni e guardandola dritta negli occhi, cercava di farle vedere le cose da un altro punto di vista a costo di "fare a botte" con la parte di Lei più delicata.

Davanti a tanta fermezza, Lei aveva deciso di non nascondere il suo essere più emotivo.
In quel curioso braccio di ferro a un certo punto, lo aveva lasciato dire senza contrastarlo più. E anche nei momenti in cui le parole erano suonate sgradevoli, lo aveva lasciato fare ed era rimasta ad ascoltarlo. 
Non lo faceva mai. Troppo faticoso.
Ma anche per Lui era una gran fatica vederla così nervosa.

Tutta quella fatica era giustificata dal solo fatto che si volevano bene. Un bene solido e vero, senza spiegazioni.
Entrambi avevano capito che potevano fidarsi reciprocamente e potevano osare.

E per una volta Lui aveva deciso che parlare poteva avere un senso, perché si era accorto che dentro quella stanza Lei, si lasciava andare e diventava la donna che era. 
Una donna che conoscevano in pochi.
Una donna che Lui stava scoprendo e capendo perché era stato capace, sin da subito, di toglierle vestiti e armatura.
E a Lui sembrava che quell'armatura più che proteggerla, le togliesse bellezza e libertà. 
Questo voleva spiegarle. Perché Lui l'aveva vista nuda e l'aveva vista bella e divertente, e piena di vita.

Lei, come ben sa chiunque indossi un'armatura, aveva una paura fottuta alla sola idea di metterla via. Non voleva esporsi a rischi. Ma lì, in silenzio, ascoltando il modo in cui Lui la stava descrivendo, si rendeva conto che il rischio più grande che stava correndo era quello di non lasciarsi andare alla meraviglia della vita.
E da ormai troppo tempo quell'armatura era diventata anche la sua prigione. E da lì doveva uscire.
Intanto era uscita da quella stanza.

Le ore successive sembravano scorrere in maniera più lenta. Ogni ora infatti era tornata di 60 minuti.
In quella calma si scrissero grazie per quell'incontro che era stato inedito e intenso. Bellissimo.

Certo, avevano motivi diversi per ringraziare.
Però insieme avevano fatto una bella e rara esperienza.
Avevano avuto la fortuna di scoprire e provare sulla loro pelle che voler bene talvolta è anche faticoso, ma quella fatica è parte di un viaggio irrinunciabile: quello che porta alla scoperta di ciò che si è.

Il prossimo loro incontro in quella stanza piena di vita sarebbe stato più facile. Adesso si conoscevano meglio e, per la gioia del vicinato, potevano cantare a due voci un sacco di canzoni, e poi ascoltare musica, e poi fare l'amore, e poi cantare ancora... leggeri, senza vestiti, senza armature.


Si ya te he dado la vida, Llorona 
Qué mas quieres? Quieres má¡s? 







lunedì 9 gennaio 2012

Per l'anima / 17

Sono romantica, lo sono sempre di nascosto e talvolta lo sono pubblicamente...


Che salpino le navi,
si levino le ancore e si gonfino le vele,
verranno giorni limpidi e dobbiamo approfittare
di questi venti gelidi
del Greco e del Maestrale, lasciamo che ci spingano al di là di questo mare, non c\'è più niente per cui piangere o tornare.

Si perdano i rumori e presto si allontanino i ricordi e questi odori,
verranno giorni vergini e comunque giorni nuovi,
ci inventeremo regole, ci sceglieremo i nomi
e certo ci ritroveremo
a fare vecchi errori,
ma solo per scoprire di essere migliori.
Mentre tu,
intanto nel tempo che resta,
sei qui accanto e già molto diversa
e bellissima,
sei bellissima.

Daniele Silvestri

sabato 7 gennaio 2012

***l'esitazione di un attimo

C'è una bella differenza tra le parole e i fatti. Tra i propositi e le realizzazioni concrete. Tra i faro' e gli ho fatto.

C'è anche una bella differenza tra attendere e non attendere più. Tra sognare ed esser svegli. Tra crederci e non crederci. Tra cercare e smettere di cercare.

Hai voglia a raccontartela. 
A un certo punto le cose si disvelano da sole.

Ecco che ciò che vedevi bellissimo e' semplicemente ciò che e'.
La magia svanisce e ti trovi nuda.
Orfana di pensieri, gesti, parole.
Incapace di slanci. Incapace di passione. Concreta e basta.

Vorresti scrivere e non sai perché, di cosa, non sai neppure più a chi. 
Già a chi? E perché sempre tu?

E alla fine scrivi solo per te. E mentre lo fai rivedi scene di un film che e' il tuo film. Isoli fotogrammi. Cerchi dov'è il momento in cui la pellicola ha sfumato verso il nero. 
Ma poi che importa?

Sorridi se pensi a certi silenzi. 
Sorridi se pensi a certe parole. 
Sorridi se pensi a certi gesti. 

Gia'... Che importa? E a chi importa?
Non a te. 
Non ti importa più. 
Non ti importa di niente.
Perché il senso ora e' cambiato. 
E' diverso.
Tu la vedi di fatto in un'altra maniera.
Come ti fossi messa gli occhiali e finalmente i dettagli prendessero luce.

E' bastata l'esitazione di un attimo. Hai visto oltre. Ti sei fermata, rispettando un mistero fatto di omissioni e, forse, di paure.

Sai quel che immaginavi e sai che non e' così.
Sai quel che hai, sai com'è quel che hai, sai cosa non c'è e - quel che conta - sai che quel che non c'è, non lo puoi trovare dove immaginavi.

Cambi rotta.
Ma adesso tanto e' necessaria l'inversione di marcia che non senti la fatica di farla. Non senti dolore. Non fosse per la fottuta malinconia, sarebbe una passeggiata. 

Già fottutissima malinconia. 
Ma tu sei nata fatta di questa pasta.

Malinconia: di una stanza, di un maglione, di un viaggio, di un sapone, di una candela accesa, di un filo di fumo nel buio, di un odore acre, di una fetta di pane, di una finestra, di un cuscino, di uno sguardo.
Malinconia di mondo intero fatto di piccoli meravigliosi dettagli. Un mondo che resta tuo anche se adesso ti devi allontanare. Un mondo che ami e amerai, per quello che significa per te quel mondo.

Ma e' già tardi. O forse presto.
Ieri e' lontano. Domani ancora non esiste.
Ora e' un sorriso malinconico, velato di nostalgia. 
Incapace pero' di non aver fiducia.