giovedì 31 maggio 2012

Poi viene il giorno / 11

Poi viene il giorno in cui scopri che se avevi solo dubbi adesso hai solo dubbi.
E guardi le cose con lo sguardo della mucca che guarda i treni passare.
E siccome non sai cosa pensare di quello che ti dicono, di quello che non ti dicono, di quello che vedi e di quello che ti raccontano, tu non pensi.
Adesso ad esempio guardi la televisione senza volume mentre in sottofondo una simpatica macchinetta ad ossigeno fa fare tante bollicine all'acqua.
Blu blu blu blu blu
Una roba surreale. Adatta a questo periodo.
E gia' che ci siamo, voglio anche berci sopra un caffè.

mercoledì 30 maggio 2012

CONSIGLI NON RICHIESTI / 8 il benessere del fegato

Dicono che la bile faccia male al fegato.
Di conseguenza esser verdi di bile pur smanacciando sorrisi fa male al fegato.
E se si e' biliosi perché invidiosi, lividi, gelosi e si recita la parte di quelli superiori il fegato soffre a raddoppio perché bisogna anche sforzarsi di continuo.

Soffre di certo anche l'immagine, in quanto viene naturale sputare sentenze e veleno in ogniquando, in ongicome e in ognidove.
Suvvia, smettetela che non siete così carini. C'è posto per tutti, non sgomitate.
Dovreste esser voi la cosiddetta "intellighenzia", datevi un contegno! Altrimenti, quelli come me, da chi traggono lumi, esempio e insegnamento?

martedì 29 maggio 2012

***il 50enne e la femmina del capo

C'era una volta, potrebbe iniziare così perché anche questa e' la storia piu' antica e conosciuta del mondo.

C'era una volta un ragazzo che voleva fare il musicista rock, il fotografo, il viaggiatore con lo zaino e la rivoluzione.
Quel ragazzo praticando l'amore libero alla fine si innamoro' e mise "la testa a posto".
Si sposo', fece figli, soldi, carriera.
Una bella carriera, frutto della sua sola fatica, perché molto intelligente.

Poi divento' un pezzo grosso del mondo dei lustrini e inizio' ad esser tentato dalle donne giovani e rampanti.
Diceva che "andavano usate", guai a prenderle sul serio. Sembrava aver il pelo sul cuore...

Poi si stanco' anche di quelle e cerco' avventure con piu' sentimento, che gli dessero qualcosa in più senza pero' innamorarsi mai, "che la famiglia e' la famiglia!"... almeno nel nostro stato borghese e vaticano!

Arrivo' ai 50 anni e (come da manuale) fu avvicinato da una trentenne apparentemente insignificante. Una ragazza che all'inizio non trovo' neppure interessante.
Ma lei seppe come dirgli che aveva un bisogno folle di lui, delle sue carni, della sua testa, della sua anima, della sua vitalita', del suo essere ragazzo.
E lui si incuriosì.

Di fatto, guardandosi allo specchio ogni giorno era sempre piu' stanco della sua vita ormai sempre uguale ed invecchiata con lui, e fu allora che penso' che potesse esser tutto vero.
Facendo risuonare le parole di quella ragazza nella testa si tolse la cravatta, si mise jeans e giacchetta di pelle, torno' a sentirsi un ragazzo e cedette, innamorandosi totalmente.

Manco a dirlo tolse la parola agli amici che, interpellati in materia, con spietata sincerità e totale affetto gli dicevano che lei era una stronza pericolosa e che l'unica cosa di cui sembrava innamorata era il suo potere.
Saccente, antipatica, prezzemolina, bruttina, poco diplomatica, bisognosa di tener tutto sotto controllo e di essere la "femmina del capo", quella che poi gli mette il guinzaglio e lo porta a spasso un po'. Il capo di turno, quello piu' importante. Bello o brutto, vecchio o giovane che importa. Ne aveva già collezionati alcuni. E la carriera era appena cominciata...

Fece di tutto per farlo "suo".
Lui mollo casa e figli e preparo' un nuovo nido per un nuovo radioso futuro, con lei, che descriveva come la perfezione fatta carne, che a cinquant'anni -diceva- la vita ha ancora molto da dare.

Pochi mesi a tutto gas, con lei che gli sorrideva a trecentosessanta denti, e inviava cuori e baci.
Sembravano pure felici, e lui di fatto lo era....

Poi scricchiolii.
Poi piccole crepe.
Segui' una lunghissima e tristissima agonia fatta di speranze alternate a delusioni, in cui meno male c'erano quelle merda di amici stronzi e gelosi e lividi che l'avevano subito giudicata male (lei, povero angelo).

Poi la telefonata definitiva con cui lui annuncio' che no, non aveva funzionato, che la guerra era persa, che lei era una stronza, e che lui era un uomo distrutto, rovinato e che aveva bisogno di una bussola e di abbraccio. Poi avrebbe chiesto scusa ma per ora non ne aveva le forze.

E abbraccio fu.
E poi a 50 anni la vita ha ancora molto da dare...

Morale della favoletta: uomini di una certa età, ci sono alcune signorine (e si riconoscono bene) che sono letali per la vostra salute. Lo hanno scritto in faccia, come le sigarette.
Sappiatelo. E se la vista vi tradisce, aiutatevi almeno a farvi leggere il bugiardino...

***invecchiare

Un corridoio infinito illuminato dalla luce bianca e fredda dei neon.
Silenzio.
Solo il lieve rumore di una macchinetta che distribuisce merendine e accanto un'altra che distribuisce caffè.
Per arrivare fino al caffè pero' dalla porta dell'ascensore c'è di che camminare. Siamo al primo lotto. L'ospedale ne conta cinque.
Sono le due? Forse anche di piu'.
Con tutta questa luce artificiale, il tempo non esiste.

Appare dal nulla un signore canuto. I pantaloni di un pigiama di maglia "rincalzano" la parte superiore. Ai piedi pantofole.
E' ben sveglio nonostante l'ora e mi sembra abbia voglia di parlare.
Invece mi chiede "Scusi, io non son dove andare, quei due erano qui poi mi hanno portato ad Arezzo e poi c'erano tante genti che dormivano".
Provo a capirci qualcosa.
Rinuncio al caffè e lo porto in giro in cerca di qualcuno che possa aiutarci. Un giro bello lungo fatto diporto chiuse e cosi si arriva fino al quarto piano dove so per certo che un'infermiera ci apre.
Affido quel canuto signore a lei e saluto.
Sono stanca, ma quell'uomo che peraltro - memoria a parte - fisicamente sembrava stare meglio di me, mi ha messo tanta tristezza addosso. Mi viene da piangere.

Tornando indietro guardo i corridoi infiniti e deserti e mi sento smarrita anche io che la strada la so, il nome per ora lo ricordo e so anche dove devo andare.
Mi prendo il caffè: la notte e' ancora lunga.

Si, la notte e' lunga, e lunghi saranno i giorni perche' siamo giovani e come una volta mi disse un'anima nobile e bellissima "voi siete ancora la' in mezzo".
Già siamo ancora la' in mezzo e sarà bellissimo invecchiare. Nonostante tutti i brutti incidenti della vita. Sara' bellissimo.

Ma che pena se capiterà di trovarsi canuti, in pigiama, senza identità, in un corridoio deserto di un ospedale immenso, in piena notte.
Che paura fa la solitudine quando la guardi in faccia e ti porta via il nome.
E' vero, si e' soli ogni giorno. Ma non così nudi. Non così privi di difese come chi non ha piu' se stesso a fargli compagnia.
Bevo il caffè e so che ho imparato un'altra cosa importante stanotte. E' facile perdersi, molto facile. E' bene tenersi d'occhio finche' si può.
Per ora, Sonia ha Sonia. E' già molto. Che piaccia o meno poco importa.
E si va così, perché noi siamo ancora la' in mezzo...

domenica 27 maggio 2012

RIFLESSIONI 42 / scrivi perché

In notti come queste scrivi.
Scrivi perché ti commuovono gli scrittori che ti fanno sentire fiera di esser parte di questo andare fatto di respiri, attese, silenzi, gioie, emozioni, bellezze, canzoni.
Scrivi perché fai tanti chilometri in macchina per cercare un lavoro che non c'è.
Scrivi perché in macchina ti capita di piangere. Per motivi diversi soprattutto per l'esplosione indefinibile del rosso dei papaveri.

Scrivi perché ti trovi ad abbracciare sconosciuti che dicono cose giuste al momento giusto, e persone che sono parte della tua vita che invece non sanno proprio chi sei. E forse ti fa male il fatto che non l'abbiano mai saputo, manco ora che ti piallano in tutta serenita'. Ma tu capisci e sei oltre. Hai sofferto e soffri molto per questo, inutile mentirsi, ma sai molto di più di tutto quel che sembra mistero. E sei serena, perché sei sempre stata leale e sincera e non hai niente da dimostrare, dire, dichiarare, signor tenente - minchia. E Peter Gabriel che giustappunto somiglia a Giorgio Faletti ti tiene su già "hold on".
E meno male! Con tutti gli amori andati a male che hai visto, con tutte le persone che ti hanno snobbato solo perché hanno capito che non sei la donna di...o che non lavori piu li'...

E allora scrivi.
Scrivi perché hai un groppo alla gola e un peso sulle spalle che non si sciolgono neppure al sole.

Scrivi perché non ci si capisce mai.

Scrivi perche' chi vede solo buio aspetta che passi e prova fastidio per chi gli racconta di quanto sia bella la luce, mentre invece chi vede solo la luce aspetta solo che duri e prova fastidio per chi gli racconta di quanto sia brutto il buio.
Nessuno dei due ha ragione, nessuno dei due vede la realtà com'e' perché ogni santo giorno e' fatto di luce e di buio, di sole e di luna, ed e' dura capirsi finche' non si ritrova un equilibrio. E finche' non si ha il coraggio vero di guardarsi negli occhi e nel cuore.

Scrivi perché hai visto chi ami sereno, in forma. Non felice. Ma finalmente sereno. E ti fa piacere. E sei sincera anche se non sei creduta. Altro giro, vai con la giostra, e a te non resta che pagare il conto. Pazienza. L'amore e' molto piu' di questa roba qui. Che almeno qualcuno sia sereno.

In una notte come questa scrivi perché hai sentito tanto male che l'ultimo cazzotto in faccia ti e' sembrato una carezza e l'ultimo abbraccio inatteso ti ha sciolto in lacrime che non volevi proprio versare.
Sei partita con un bicchiere moijto che ha viaggiato tra le tue gambe in maniera precaria per arrivare fin qui dove la parola necrosi detta di notte suona sinistra come non mai e ti fa ridere il fatto che sei donatrice universale di sangue ma non lo puoi donare perché hai la pressione troppo bassa (nonostante il moijto).
E poi hai un vestito bianco che sembri un'infermiera o una sposa di quarta categoria e sembri anche molto grassa.
In realtà i pantaloni della tuta che ti stai per mettere ti vanno larghi e il medico di guardia sbalordisce.

Passera' anche questa nottata mentre altrove ci sara' chi avra' da far l'amore controvoglia, da farsi un caffè controvoglia, da darsi lo smalto controvoglia, o andare alla catena di montaggio controvoglia.
A ciascuno la propria pena.

Sotto la faccia truccata con lo stucco, hai occhiaie profonde di cui adesso vai fiera: sono occhiaie di una donna che ama come sa e come puo' a prescindere da cosa cazzo voglia dire amare, senza limiti di condizioni, di tempo e di orario.
E anche adesso che fa l'alba questa donna e' sveglia per amore, un amore che toglie il sonno e il sorriso. Un amore vero, di una donna che ha dato e da' gratis (anche se le hanno detto quelli saggi che non si fa così). Una donna che non e' mai stata una ragazza furba, entrante e pronta a tutto, di quelle ragazze che ne ce la vogliono fare e non potendo puntare sull'avvenenza puntano sull'allure dell'intellettuale prematura (o prematurata come la super-cazzola).
No, questa donna conosce e pratica un altro amore. Poco importa se ne hai offerto a secchi e badilate a chi non l'ha capito.
Un amore di cui vado fiera e per il quale aspetto un po' di felicita'.
Stasera mi hanno detto che sono una "buona". Non e' la prima volta. Ed e' vero, sono tre volte buona e, come si dice da queste parti... Il finale mettetecelo voi.

La notte e' quasi finita.
In questo abisso di disperazione credo come non mai, che l'unica strada sia quella della speranza.
E come faccio spesso, rubo una frase al poeta Simone Lenzi protagonista stasera anzi, ieri sera ormai,di un indimenticabile e straordinario concerto dei Virginiana Miller "volevo dire una cosa memorabile, ma non mi viene".
Buona domenica.

venerdì 25 maggio 2012

Quando l'amore e' una carezza flebile (le cuffie di un I-pod recuperate dopo un frontale)

Mentre beveva un po' di acqua, realizzava che era successo proprio a Lei.
Quel giorno era tutta intenta a sbrigar lavoro per poi correre a prepararsi per una festa. La mente quasi in "vacanza" e il sole finalmente deciso.
Quella telefonata non se la poteva immaginare.

Ma nessuno si immagina una telefonata come quella.
Soprattutto quando una storia e' finita da tempo e non si sa bene come stanno le cose tra i due.
Ma un'amica di Lei, che per puro caso giorni prima aveva incontrato Lui rievocando i vecchi tempi, aveva deciso di avvertirla, per scrupolo. Con garbo.
E adesso che Lei riattaccava il telefono, nella sua testa si spegneva la luce.
A chi poteva chiedere?
Lui in città aveva solo due amici. I suoi vivevano lontanissimi, erano anziani e chissà se sapevano.
E in quel momento buio totale, non le venivano in mente manco i nome di quei due.

Poi, con molta fatica, e in modo rocambolesco, era riuscita a sapere che si', si trattava proprio di Lui. E che, come quella mattina era scritto ampiamente nei giornali locali, dopo quel tremendo frontale i soccorsi avevano impiegato due ore a estrarre il ferito dalle lamiere.
Poi il traffico era tornato regolare.
Ok. Adesso doveva tornare regolare il battito del cuore di Lei e di conseguenza lo scorrere del sangue.

Appena radunate le idee era salita in macchina ed era arrivata in ospedale.
In quei minuti di viaggio aveva pensato a loro due, ai loro anni di silenzio, ai rancori, alle scuse, alle lacrime versate, alle bugie, ai dispetti, alle richieste di perdono e al gran bene che alla fine vince sempre.
Pochi giorni prima si erano promessi anche una cena.
Avevano scherzato su bicchieri da rompere e altre amenità da dirsi.

Varcando la porta di quella piccola stanza bianca dove Lui ormai si trovava da 24 ore si senti' stringere il cuore. Corpo coperto da una specie di camice verde, pieno di tubi. Aveva già subito il primo intervento e aveva la mandibola bloccata da una maschera. Una gamba immobilizzata. Il torace pure. Respirava male.
Lo guardo', era ancora sporco di terra e sangue. Non potevano muoverlo per lavarlo. E avrebbero dovuto operarlo ancora nei giorni a venire.
Erano li' anche i due amici, impotenti. Nessuno sapeva con esattezza come fosse il quadro clinico. Nessuno era pratico sul da farsi. Il piu' informato era il vicino di letto.

Lei dovette trovare altro coraggio, non avendone più da un pezzo, ormai.
Respinte le lacrime in fondo allo stomaco, aveva sfoderato un sorriso.
Lui reduce dal primo intervento, tumefatto, sedato, aveva socchiuso gli occhi e aveva provato a fare lo stesso.

"Ma che combini?" disse Lei
"Grazie, sei qui" tento' di dire Lui e mentre provava a parlare scendevano lacrime.
"Non dire niente" disse Lei e poco dopo con un rotolo di carta portato dagli amici e dell'acqua, provava a pulire la sua pelle, dove possibile.
Poi telefono' ai genitori di Lui. E fu di nuovo frugare nelle pieghe del cuore per cercare lucidità e parole.

Poco dopo gli amici andarono, dicendo di aver messo gli effetti personali di Lui nel cassetto del piccolo comodino accanto al letto: il borsello, il telefono frantumato, il bracciale che Lei gli aveva regalato anni prima da cui Lui non si era mai separato, le cuffie di un I-pod che pero' non c'era. Quasi a sottolineare il silenzio che può seguire il boato di un frontale.

"C'e' il bracciale tuo?" chiese Lui che non mollava la mano di Lei e la carezzava in un modo affettuoso e familiare.
"Si, quello resiste a tutto, vedi?" rispose Lei.
"Resta un po' se puoi" provo' a dire parlando male, respirando male, "sai, non ricordo niente, so solo che sei qui e scusa se chiudo gli occhi. Ma se puoi resta ancora un po', anche se dormo. E nutrimi delle tue parole".

Non Le aveva mai chiesto una cosa del genere. Sembrava ci si mettessi di impegno per farla piangere. Ma Lei era determinata a resistere.
Gli chiese solo di non pensare a niente e gli disse che avrebbe aspettato che arrivasse il sonno profondo.

Fu allora che ragazzo del letto accanto le disse sorridendo: "mi sa che non ti farà andare via. Allunga la mano libera e mangiati un biscotto!"

Ma Lei aveva lo stomaco chiuso.
Certo, Lui l'aveva fatta soffrire. Ma mai come questa volta.

Poi le venne in mente una loro foto in controluce. Erano abbracciati. Due ombre abbracciate.

Tante volte si erano abbracciati con forza, tante volte quelle braccia l'avevano sollevata da terra, tante volte si erano addormentati abbracciati.
E adesso, tutta la forza che Lui aveva era di tenere la mano di Lei come una preghiera biascicata, in una carezza flebile, piena di paura e disperata nella sua solitudine, aspettando che la morfina potesse fare la sua parte.

E mentre Lui si stava addormentando senza manco rendersene conto Lei si ritrovo' gli occhi pieni d'acqua.

Sarebbe passata anche quella nottata. Oh, certo che sarebbe passata!

domenica 20 maggio 2012

Poi viene la notte / 3

Poi viene la notte che ti distrai un attimo. Fai una cosa bella, dimentichi il telefono, cala la tensione, bevi un po' di vino e mangi anche un'esagerazione di torta.
Una torta speciale per mille motivi.

Viene la notte in cui dimentichi te stessa e la tua testa piena di problemi e ti lasci un po' andare. Ti abbandoni un pochino e ti rilassi tra colpi di tosse e cose che vorresti urlare se solo avessi ancora la voce.
Massi', macchisenfrega!

In questa notte lunga, ti ci scappa di tornare indietro nel tempo.
E ti ritrovi a ridere delle scemenze come quando a scuola ti veniva la risarella stupida.
In men che non si dica sei dietro ad una macchina di una delle belle piazze di questa bella città a far tanta pipi perche' come le risate non la reggi piu e con te con una tua compagna di risarella.
E lei ride mentre si accovaccia come una bimba.
E tu ridi, ridi forte, mentre sei li' accovacciata come una bimba.
E pisciate, con l'innocenza di due bambine e la complicità d due marinai.

Ridi di tutto e su tutto e pensi che alla fine e' meglio pisciarci sopra a tutta l'amarezza che si portano dietro tutti questi giorni e tutti questi posti e tutti questi volti e tutti questi silenzi e tutte queste pose sparate e tutta questa gran boria e tutte queste delusioni.

Tu ci pisci sopra, e lo fai in compagnia, sotto il cielo aperto e accanto a un muro importante.

Un gesto irriverente e liberatorio, che ti provoca piacere e sollievo.

E finalmente, in questa notte in cui lo stomaco e' gonfio non solo di bocconi velenosi ingoiati a forza ma anche della torta migliore che tu abbia gustato in quest'ultimi tempi, senti che forse potresti anche riuscire a dormire un po'.

Ringrazi chi a vario titolo e in maniere differenti ti ha guardato, ringrazi chi ti ha sorriso e chi ti ha pensato. Te ne freghi di chi non ti pensa più e di chi ti ha abbandonato preso com'e' solo dal suo ventre.

Ora, puoi davvero spegnere la luce.
Buonanotte mondo.

sabato 19 maggio 2012

Per l'anima / 21

Le catene che più ci legano sono quelle che abbiamo spezzato
Antonio Porchia





venerdì 11 maggio 2012

Poi viene i giorno / 10

Poi viene il giorno che tutto sembra chiudersi come in un cerchio.
Volti e voci di chi hai amato (cit) tornano a farsi presenza nella tua vita. Chiudi una telefonata e appare una persona, saluti quella persona e mentre ne nomini un'altra, ti arriva una mail da quest'ultima.
Come in un film.
E fa caldo dopo tanto freddo, e hai la tosse, la febbre e di certo sei molto stanca, confusa, e poco lucida.
Pero' ti chiedi sotto questo sole che deve accadere di nuovo, di inatteso, stavolta di piacevole.
Tu sei nave col motore spento ma sei dentro un'auto che attraversa l'Italia improvvisamente sorpresa dall'estate. E forse sopra ogni altro motivo e' il caldo a darti allucinazioni.
E una voce dopo l'altra ripercorri i tuoi ultimi 25 anni. La pioggia non c'è ma l'asfalto sembra bagnato, grigio, bianco.
Ci sono guarigioni da accelerare, frasi da terminare, rumori da far esplodere, piccoli motori di nave da accendere e fari che devono riprendere a dar segnali.

Quel che non accade in un anno, puo' accadere in un giorno.

E infatti tutto accade in un giorno. E l'ultimo sms ti avvisa che se ieri sera a quest'ora Ginevra era nella pancia della sua mamma, adesso, dopo un bel po' di ritardo in via del tutto spontanea e naturale urla al mondo la sua gioia di esserci.


"Specchio di pioggia e asfalto,
ci naviga dentro il cielo
grigio bianco, acqua e cielo.

Ma tu sei una goccia che non cade,
e ritarda la mia guarigione
come ultima frase da terminare.

Piccole navi col motore spento
aspettano un segno dal faro,
così lontano.

Specchio di pioggia e asfalto,
oggi il mio viso è più leggero
senza pianto, solo acqua e cielo.

Ma tu sei una goccia che non cade,
e rimanda la mia guarigione
come un rumore sospeso che non esplode.

Ancora navi col motore spento
aspettano un segno dal faro
così lontano
"

Cristina Donà


lunedì 7 maggio 2012

***sesSOS

Che ne pensi del sesso anale? Come lo pratichi?
Di questo, un nutrito gruppo di persone discute in tv.
E ne vengono fuori di ogni, ma anche perle del tipo: "deborah, sul sesso anale cosa ci porti in dote?" oppure "io penso che se una donna non la prendi da dietro non ti darà mai retta".
Io non sono moralista, ma perché uno deve andare in tv a dire come pratica a casa sua il sesso anale per spiegarci poi che c'è un solo modo per praticarlo?
SessSOS!!!
Mi trovo evidentemente fuori moda e fuori tempo.
Poi si arriva alle piu' sagge e concrete conclusioni.
"il culo e' lo specchio dell'anima... il culo eticamente e' onesto... alle mie attrici quando fanno il provino dico ciak si giri": così chiosa il maestro Tinto Brass elogiando il lato posteriore di cui ci ha dotato madre natura e non ce n'e' piu' per nessuno.

domenica 6 maggio 2012

Poi viene la notte / 2

Poi viene la notte di Firenze, con la luna piena piu' bella di sempre, che nonostante le nuvole fa luce su luoghi meravigliosi, ma che tu vorresti cancellare per tutto ciò che ti ricordano, per quel che li' ti sei giocata, per quello che hai lasciato o forse buttato via o forse regalato male in quei luoghi.
E te la prendi con chi non ha colpa, poi te la prendi con te.

Ma calma. Ciò che e' stato e' stato e tu comunque hai fatto del tuo meglio, anche quando il tuo meglio era troppo poco, o peggio, inutile.

Adesso hai due occhi diversi, anzi quattro visto che si specchiano in un altro paio di occhi.

La luna così vicina che si potrebbe toccare, si veste di nuvole e si nasconde. E' comunque una luna bellissima e ti consiglia di fare altrettanto. Stare un po' coperta che ancora non e' tempo di svestirsi.

Soprattutto a Firenze. Soprattutto stanotte, che ogni tanto si leva un po' di tramontana.
Ti guardi attorno mentre hai sete e fame.
Ci sono luoghi dove ancora, nonostante l'ora, qualcosa si può vedere di metter sotto i denti.

E mentre bevi l'ultimo caffè che ti portera' fin l'alba, ti fermi, scrivi queste tre righe e pensi che anche qui, di qua e di la' dall'Arno, e' passata un bel po' della tua vita.
Vita bella e vita meno bella, fatta di gioia intensa e di intenso dolore. Fatta di giornate faticose e di giornate normalissime, di incontri fantastici e di persone noiose. Di passione e solitudine. Di parcheggio che non si trova e di strade deserte. Di interni di auto e interni di hotel. Di grande teatro e di piccole bettole. Di gabinetti pubblici e di case chic e privatissime.

Vita fatta di tutto e di niente e comunque necessaria come questo caffè che ti bevi fuori da un locale affollato, appoggiata al muro col sottofondo di un qualunque tunz tunz tunz che vorrebbe sembrare musica.

E ti accorgi che sono chilometri, quelli fatti dalla tua anima, percorsi a piedi nudi.
E che sei fortunata ad avere tanti ricordi. Perché in qualche modo sei stata viva ed hai vissuto.

Un cane, senza collare e senza padrone, si e' fermato davanti a te e ti guarda. Non credi gradisca il tuo caffè. E di fatto non vuole niente. Giusto una carezza se la fa fare volentieri.
Pensi che in qualche modo ti somiglia. In un qualunque sabato notte tanto affollato, di gente, rumori e persone che ti aspettano, siete due essere soli. E come vi capite!
Soprattutto a Firenze, soprattutto stanotte. Soprattutto con quella luna enorme.

venerdì 4 maggio 2012

Epifanie / 19

Certi momenti diventano speciali perché così li rendono alcune persone.
Persone che hanno occhi diversi, che si spalancano direttamente sull'anima, senza filtro, totalmente. E tu non puoi che spalancare i tuoi di occhi.

Stasera una persona speciale mi ha regalato se stessa, senza chiedere, senza spiegare, solo perché gratis ha voluto esser li, con me, sincera e bellissima fino alla spudoratezza.

Io sono grata all'esistenza di avere un'intelligenza tutta sua che talvolta sa quando e' tempo di darti sollievo in giornate pesanti e infinite e piene di dolore.
Piccoli miracoli che accadono nelle maniere più inattese e inedite. E ti danno la certezza che domani ti sveglierai col sole.
Ti ritrovi così a parlare di vita vera con chi ti capisce perché vive la stessa vita vera su strade diverse dalle tue ma lastricate da pietre molto simili. Ed e' ossigeno non sentirsi giudicata, esser libera di dire, di fare, di raccontare. Sembra tutto più possibile.

Sembra addirittura possibile e facile essere uomini, così imperfetti e meravigliosi come siamo.

Un aperitivo che e' diventato ore di bellezza.

Grazie a chi era li con me, come di più non era possibile esserci.
E' tempo di esser un po' più felici, o almeno e' tempo di provarci.

giovedì 3 maggio 2012

Poi viene la notte / 1

Poi viene la notte difficile, dove senti di dover ripercorrere montagne di questioni e di gesti e di fatti e di parole e di cose affrontate con superficialità, messe li', come una pila di giornali che prima o poi leggerai, tutta roba che ti ha annoiato, o peggio segnato e che ancora fa male. E infatti e' li' perché ancora fa male. Piena di polvere perché ancora fa male. Ingiallita perché ancora fa male.

Poi viene la notte che decidi di stare sola, evitando compagnie che non capirebbero. E vedi sguardi delusi. E ti dispiace.

Poi viene la notte che fai i conti con la durezza dei silenzi e dei dolori altrui. Delle chiusure altrui. Di certi abbracci che non ci saranno più.
E tutto tace come tace la notte. Questa notte, mentre altre notti erano piene di parole.

Poi viene la notte dove ti metti in discussione e ti flagelli sempre un po' più di quel 50 per cento che e' la tua parte e ti arrabbi con te stessa di essere ingiusta verso di te.

Poi viene la notte in cui ti senti perduta perché capisci di esser dentro a una guerra già perduta. Sei con le spalle al muro, incapace di farti vedere come sei.
Te ne accorgi ora, e ti ci sei messa da sola.
Da un bel po' chi hai nel cuore non ti crede piu' e solo adesso realizzi che non puoi farci niente. Non si fida più.
E tu, porcamiseria, sei proprio sempre stata tu.
Odi anche Kafka. Ti manca il respiro. Ti manca un pezzo della tua vita che hai trattato male.

E quella notte, quando sei sconfortata e pensi che neppure a forza piangere ce la farai ad arrivare al mattino, ti vengono in mente altre albe, di tanti colori diversi, albe bellissime, piene di quello che ti emozionava, che vedevi importante e che adesso diventa un tormento.

Hai scritto fiumi di parole inutili che ti sei spedita, perché e' la tua sola terapia.
E non c'è nessuno che risponde al telefono.

Poi la notte si fa femmina, e un paio di angeli sconosciuti ti fanno sentire che ce la puoi fare ad aspettare l'alba.
Un'alba rosa che vedrai benissimo, perché dopo tante lacrime avrai gli occhi ben puliti. Un'alba rosa che ti fara' sperare in un maggio come dovrebbe essere profumato di fiori, papaveri rossi e col sole.

Magari pieno di una luce che faccia luce. E che porti a te nuova pace, almeno un po' di pace.
Magari un po' più temperato di così, che si possa togliere il cappotto e si possano metter calze leggere o addirittura toglier le calze e metter le gambe al nudo. E metter la maglietta con le braccia scoperte.

E anche l'anima scoperta, magari nuda.

mercoledì 2 maggio 2012

Per l'anima / 20

Per certe notti, per certi giorni. Come una droga, irresistibile...





Guardammo oltre il timone
tagliato il mare
navigammo con l'albero
tratto le vele
guidammo verso il ponte

navigammo a riva
sulle larghe rocce e la sabbia
procedemmo a riva
combinammo un guaio
che peccato!

qui trovai me stesso
ringraziando senza fine
riparato in una casa di fortuna
e dormimmo
e la tempesta finì

Confessioni di un'anima lacerata

Besta una canzone in una lingua sconosciuta per sanguinare.

Mi mancano molto le tue parole narcise e piene di verita' inconfutabili.
Mi mancano molto i tuoi occhi talvolta miopi e testardi, di certo incapaci di vedere le mie evoluzioni.
Mi mancano i tuoi pensieri egocentrici ed egoisti e pieni di poesia.
Mi mancano i tuoi sospiri prima vogliosi e sordidi e poi pieni di rimorsi e rimpianti per aver osato.
Mi manca il battere del tuo cuore.

Mi manca il tuo giudizio su di me che mi hai sempre vista come insopportabile ma di quell'insopportabile a cui ci si abitua come a una penitenza da espiare così da conquistare il paradiso.
Mi manca la tua voglia di mandarmi a quel paese ogni volta che forse ti dico quella verità che non vuoi sentire, o quando infilo le mani dove non vuoi che nessuno le metta.
Mi mancano i tuoi silenzi pieni di prepotenza e arroganza e di "io ho la mia privacy".
Mi mancano le tue difese estreme fatte di fughe verso altro, un altro qualsiasi, vivo o morto che sia. Vero o falso che sia.
Mi manca il tuo originale modo di esser psicopatico.
Mi manca tutto, compreso il sesso fatto male...

...perché poi bastava un piatto di pasta cucinata con le verdure come ho visto solo preparare a te, per nutrirmi ovunque.
Perché poi bastava un aperitivo mignon fatto col limone e preparato su misura per dimenticare la fatica indispensabile di sopportarti.
Un brano ascoltato in quella stanza colorata ed era casa.

Non so cosa ti manchi e se ti manchi qualcosa di me.
Di fatto adesso non ci siamo. Non ci siamo più.

Quando gesti consueti e usate parole che per la prima volta mi son sembrati nuovi e feroci mi son stati gettati contro come sassi affilati, ho risposto lanciando coltelli.
Un bagno di sangue, una guerra inutile dove per la prima volta siamo stati esplicitamente cattivi entrambi.

Poi e' calato il silenzio. E quando abbiamo tentato di romperlo ciascuno evidentemente si aspettava reazioni diverse. E ora il silenzio rimane.
Pesante. Innaturale.

Di fatto non si passa dal tutto a un po' meno. Lo sai bene anche tu. Si passa dal tutto al niente, ma e' ridicolo. Fra noi che siamo un frullato di frutta fresca e' ridicolo.
E dov'e' la tenerezza che ci accompagnava?
La dolcezza? Il sentire prima?

E adesso che ogni tanto penso di aver paura di non avere abbastanza tempo per far tutto quello che voglio fare prima di morire, mi trovo a pensare che tutto questo tempo non lo ha nessuno.

E allora, non riuscendo a dirtelo in altra maniera, te lo dico con questo dolore che mi porto dentro che ti voglio bene.

Te lo dico con tutta la tenerezza che ho in corpo che la tua solitudine che viene imposta anche a me, mi disgusta.

Ti ho aspettato per un incontro occhi negli occhi se solo avessi capito o ti fosse interessato. Un incontro non programmato, spontaneo, che avrei voluto tu avvertissi necessario, e lo avvertissi necessario proprio tu per una volta. E avrei voluto ti prendessi la responsabilità di presentarti qui, davanti a me, costi quel che costi.

E invece mi porto dentro questa offesa del tuo tenermi scontatamente sempre e per sempre accanto come fossi la tua mano attaccata al tuo braccio e ignorare il mio essere profondo che andrebbe curato come io faccio da sempre col tuo.
La tua indifferenza verso il rispetto che merito come chiunque altro.

Come con mia madre anche con te che mi sei stato genitore, fratello, amico, nemico, tutto, ho fatto di tutto per esser amata. E ho sbagliato molto.

Non dovevi far altro che abbracciarmi, ma hai dato per scontato che non fosse affar tuo.
Troppo pesante.
Troppo generoso.
Tutta questa forza e tutta questa generosità l'hai presa per impegno. Un impegno da cui scappi da tutta la vita.
Ma non si scappa da se stessi.

E io che son peggio di te, sono qui che ti guardo e capisco. Non riesco a far finta che non sia successo niente, perché scuse non me le hai chieste.

Pero' mi chiedo quando finirà, se ci sarà ancora un tempo, del tempo e soprattutto tempo.

Perché io che sono peggio di te, tutto quello che tra noi e' straordinario lo ricordo a memoria e, se lo ricordo io, son certa che tu sai far di meglio.
E se ti voglio bene io, non ci voglio credere che tu non sappia volermene anche di più.

E in serate come queste basta una canzone in una lingua sconosciuta per sanguinare.
E sai bene che nonostante l'augurio della buonanotte, non sarà una buonanotte.
Almeno per questo pezzo di vita che si muove qui.
Almeno per questo lembo di un'anima lacerata.

martedì 1 maggio 2012

***resistiamo, che e' il 1 Maggio!

Primo Maggio, festa dei lavoratori.
Festa, soprattutto adesso, e' termine fuori luogo.

Più che festeggiare c'è mestamente da commemorare: chi di lavoro muore e chi di non lavoro muore.

E a fronte di un gruppo sempre più sparuto di lavoratori a "tempo determinato", cresce l'esercito dei disoccupati, precari, esiliati, indignati e incazzati.
Chi il lavoro se lo sogna, chi lo ha perduto, chi non l'ha mai avuto, chi e' precario da sempre e per sempre, chi se non avesse i vecchi genitori per il momento vivi e pensionati non ce la farebbe a guardare al futuro.

Poi ci son quelli che non si rendono conto, che non hanno mai dovuto pensare che cenare con un uovo costa meno che cenare con una bistecca, perché che gliene frega a loro che hanno tutto e di più!
Hanno stipendio, pensione, oppure pensione e stipendio e ancora compensi per incarichi da migliaia di euri all'anno nei fantastici cda delle fantastiche banche et multinazionali varie, o ancora buonuscite da qualche milione di euro così cash, come fossero noccioline, o ancora lingotti sotto il materasso per comprare la laurea e la poltrona ai figli arroganti e mono/neuronici.
E magari questi fanno i politici o peggio, i sindacalisti... e magari son pure "di sinistra"...e magari si occupano seriamente dei problemi della "cosa pubblica", dei problemi della "povera" gente.
E mentre dicono povera si grattano le palle a sangue (hai visto mai portasse male) e come si incazzano se gli toccano un privilegio.
Ma vaffainculo!

E siccome hanno tutto, figuriamoci se si scandalizzano per qualche suicidio...
Loro mica ce l'hanno il problema di licenziare i propri figli.

Ma levatevi dal mondo voialtri, animali schifosi che avete tutto e vi nutrite con piacere di carne umana.

E intanto giù con il metodo del frullatore "ti dico tutto così non ci capisci niente": si e' vero che c'è la crisi, un caffe' costa un euro, fuggono i cervelli e vi mangiate i (vostri) fegati, ma sappiate anche che Belen si e' sfidanzata poi e' caduta di moto ma la sua farfalla non e' morta, Carlo Conti si sposa, Valentino discute con la Ducati, Vasco Rossi sta meglio, i grandi fratelli si accoppiano fra di loro, sull'isola son sopravvissuti famosi e non, il campionato di calcio guai a chi lo tocca e Maria ha ancora tanti amici.

E siccome siam fighissimi, sappiate che le tasse le pagherete anche per chi ruba, ma intanto e' uscito il nuovissimo I-pad che ti fa il mondo tutto a colori e te li prestiamo noi i soldi per comprarlo o per fare una crociera, o per realizzare i tuoi sogni addirittura potrai fare anche la spesa all'ipermercato e non comprare solo uova, anche rape e cipolle.

Te li prestiamo noi i soldi che siamo la banca che ti vuole bene e a te e' tanto vicina (praticamente come un avvoltoio sulla spalliera del moribondo) anzi, nei momenti difficili te li regaliamo quasi i soldi, così paghi l'imu, diventi emo e ti dimentichi che eri un omo.

Già l'omo come si diceva qui nelle campagne, l'omo ovvero l'uomo che magari poco sapeva ma di rispetto viveva.
E di rispetto per l'uomo.

Ti ci fanno pensare davvero che sarebbe meglio stare in un altro mondo...ma mica bisogna dargliela vinta.
E allora invece di buon 1 Maggio, mi viene da dire, resistiamo, che e' il 1 Maggio.
Resistiamo, che e' il 1 Maggio!
E per me non e' demagogica retorica.