lunedì 30 settembre 2013

Poi viene la notte / 17

Poi viene la notte che non hai concluso gran che. E ti sfoghi con parole a vanvera.

Non c'è posto stasera per i pensieri buoni. Quelli belli. Sono tutti occupati o dormono o si sono trasferiti in un'altra galassia.
Ci siete tu la tua pressione bassa e il torcicollo... Come si fa a trovare l'energia per alzarsi e uscire?
Non sei triste; sei scoraggiata.
Come in un film vedi scorrerti davanti agli occhi i guai, il tempo, le cose semplici che vuoi fare e che ti sono negate.
E quando arriva la riflessione su passato cambi canale. Stasera no, sarebbe troppo.

Pensiamo al futuro: di progetti ne hai tanti, perdinci! Intanto però, lotti con l'ultima mail della giornata. Inutile anche questa, perché verrà cestinata prima di essere letta.

Guardi le carte, i fogli scritti, la musica consumata e pensi.
Pensi che sei stanca di dover dimostrare all'universo che non sei sbagliata tu. 
Pensi che sei stanca di chi trincia giudizi e non tende mai la mano.
Sei stanca dei trentenni che si annoiano e dei cinquantenni che ti cancellano da Facebook, come se il mondo fosse fatto solo di noia e virtualità.
Tu, la vita vera, la vedi in un altro modo, ma qui adesso non c'è nessuno che ha i tuoi occhi. Non c'è nessuno "sbagliato" come te.
Almeno oggi, in questo primo giorno d'inverno. 
Nessuno: non c'era nessuno eppure di gente c'è n'è stata tanta. Ma dovevano correre dietro al temporale. Nessuno poteva curarsi o -meglio- prendersi cura di te.

Ecco, nelle giornate come queste, fatte di una solitudine affollata da stranieri, pensi che per quanti sforzi tu faccia non cambia: non cambia adesso, non cambia tra un po', non cambierà mai.

Poi alle 2 di notte, ti arriva un messaggino.
"Tu fai tutto per forza - ti scrive un'anima affine - usa solo l'energia. Qualche dritta l'hai imbroccata ma secondo me non te ne sei ancora accorta".

Forse ha ragione. Di sicuro se l'ho imbroccata qualcuna, non me ne sono accorta. Ne penso troppe. E invece sarebbe meglio pensare poco e sempre positivo.
E poi le cose si fanno anche per forza, ma soprattutto per amore. 
E io ce ne metto di amore. Avoja! Talvolta però parlo una lingua che non è comprensibile.
Fanculo anche alla laurea in lettere e cartoline!
Lo troverò un mondo che mi somiglia?

Intanto pensiamo al futuro e pensiamo positivo: oggi andrà meglio.


mercoledì 25 settembre 2013

Quando l'amore non è un elettrodomestico (Insieme a te non ci sto più - Caterina Caselli)

Lui l'aveva lasciata "in attesa". 

Come al telefono quando ti mettono in attesa. 
No anzi, come quando interrompi l'ascolto di un disco e premi il tasto pause.
O forse era anche peggio, era come quando con il telecomando spegni la televisione ma lasci la lucina rossa accesa.

Lui l'aveva lasciata "in attesa". Tutto era aperto e niente era chiuso, tutto era possibile ma niente accadeva. C'erano domande ma mancava sempre il tempo per le risposte.

Un bel giorno passo un altro. 

Prima prese in mano il telefono e riavviò la conversazione, poi decise che forse era meglio con la musica e passo le sue dita sul pulsante play, infine prese il telecomando e illuminò la televisione per vedere se c'era un film e come fosse la trama.

E quel bel giorno, quell'altro accese anche Lei.
E Lei si accorse di quanto tempo aveva buttato invano.
E soprattutto decise che non era l'elettrodomestico di nessuno.









martedì 24 settembre 2013

Poi viene la notte / 16

Poi viene la notte che d'improvviso un sacco di persone devono rimangiarsi parole dette a vuoto.
Parole che hanno fatto molto male e che hanno lasciato il segno e che adesso come boomerang di assoluta precisione tornano indietro a colpire cuore e testa.

È una notte in cui ti guardi intorno e vedi tristezza, solitudine, malinconia.
Teste abbassate e molta boria riposta nel cassetto.
C'è chi non ha neppure il coraggio di salutare...

Potresti provare soddisfazione.
Invece no. Non provi nulla. Hai la tua solitudine e la tua malinconia con cui fare i conti.
Certo...Potresti dire: "beh, dopo essersi comportati da padroni del mondo e della vita altrui adesso come ci si sente ad essere messi così in basso?"
Ma non ti interessano "rivendicazioni" e neppure piccole giustificabili e giustificate "vendette".
La rabbia non porta mai niente di buono e per te è davvero acqua passata.

Una riflessione, però,  la fai.
Pensi che è bello dare quello che si può, per come si sa e si sente. Gratis.
Pensi che hai la coscienza a posto.
E non c'è niente di meglio che avere la coscienza a posto, la schiena dritta, lo sguardo fiero, fiero soprattutto di quello che sei.


lunedì 23 settembre 2013

Epifanie / 31

C'è nessuno?
C'è nessuno?
...
No, non c'è nessuno.
Rumore ovunque, telefoni che suonano, persone che urlano. 
Ma non c'è nessuno.
C'è il sole, ci sono turisti, sembra ancora estate. 
È domenica.
Ma non c'è nessuno.
Arrivano dalle finestre odori di sughi e arrosti. 
Pugni allo stomaco per chi cerca solo un caffè.

C'è nessuno?
C'è nessuno?
...
No, non c'è nessuno.
Ci sei tu. Sola con te stessa. Ma oggi non ti ascolti. Non hai niente da dirti.
Sei stanca di stare ad ascoltarti. E sei stanca di aspettare di avere una bella idea da raccontarti. 
E allora lasci che le cose passino e si sfiorino perché non sei in grado di comprenderle....



Come scavare a mani nude nella terra 
Per sentire il sangue mescolarsi con la pioggia 
Cauterizzare le ferite vivere, per il solo senso che ha 

Come nuotare in un oceano congelato 
Per sentire il cuore che ti esplode dentro il petto 
Vivere per immaginare, per percepire il solo senso che ha 

Ma io lascio che le cose passino e si sfiorino 
Perché non sono in grado di comprenderle 

Essere deboli in un mare verticale 
Sentire quanto i rischi possano aumentare
E odiare per sentirsi vivi, per percepire il solo senso che ha 

E improvvisamente ritornare primitivi 
Essere comici e tornare primitivi 
E bere il sangue del nemico solo per gustarne la diversità 

Ma io lascio che le cose passino e si sfiorino 
Perché non sono in grado di comprenderle 
Io lascio che le cose passino e si sfiorino senza toccarsi

(Il mare verticale- Paolo Benvegnù)


martedì 17 settembre 2013

RIFLESSIONI 54 / ci sono

Ci sono incontri fortunati, situazioni che si intrecciano e tutto sembra preparato secondo un copione ben scritto.
Ci sono copioni che non stanno insieme neppure con la colla.

Ci sono momenti che sanno di eternità ed altri che vorresti cancellare.
Ci sono cose che non capisci e cose che invece fanno parte di quello che sai da sempre, anche se non sai il perché.
Ci sono persone a cui forse dai troppo, e persone a cui devi qualcosa.
Ci sono errori che continui a ripetere, lezioni che invece hai imparato.
Ci sono sorprese che ti fanno battere il cuore, altre che ti tolgono il sonno.
Ci sono parole preziose e silenzi pesanti come macigni.
Ci sono silenzi preziosi e parole pesanti come macigni.
Ci sono ritorni che non sai leggere e partenze che non sai scrivere.

Ci sono giornate interlocutorie. 
Sono quelle dove succede un po' di tutto.
Arrivi nel cuore della notte, fissi la finestra luminosa di un aggeggio elettronico e ti chiedi se quella finestra è aperta o chiusa.
Che cosa è accaduto oggi non sapresti dirlo.
C'è stata magia e rabbia, meraviglia e delusione, ricchezza e miseria, compagnia e solitudine.

Di una cosa sei certa: di tutta questa girandola di emozioni miste, tu hai davvero capito poco.
Inutile chiedersi e chiedere.
Inutile versare fiumi di parole.
Meglio fermare i pensieri e aspettare domani.


giovedì 5 settembre 2013

Quando l'amore è un ballo impossibile (Un vecchio errore - Paolo Conte)

Si guardava allo specchio.
Era abbastanza brutta e decisamente provata. Era anche arrabbiata con sé stessa.
Dopo tanto autocontrollo e tanta riflessione, alla fine era punto e a capo.

Tutto da rifare ma, per fortuna, con delle aggravanti.
La regola era la stessa dei videogiochi: quando passi a un livello superiore ogni volta deve essere più difficile, ogni volta più complicato.

Impossibile farsi domande, chiedersi quando, come, dove, perché.
Impossibile fare programmi.
Impossibile decidere un niente qualsiasi.

A Lei non era mai capitato un ballo da debuttante, quelli con l'abito da principessa, il bouquet di fiori e il cavaliere bello e sorridente.
Quando veniva invitata a ballare all'inizio sembrava tutto meraviglioso ma in genere si ritrovava nelle balere di ultima categoria, quelle con le orchestrine che non vanno a tempo, con le piste sconnesse e dove si inciampa e ti pestano i piedi.
Ed infatti era stato un continuo inciampare.
Per questo aveva smesso di ballare.

Ma ci sono certe passioni che si trasformano in sogni.
O forse questo era un sogno, diventato nel tempo una vera passione.
Si, perché l'invito ricevuto era fresco come quello del ballo delle debuttanti con il ballerino giusto, che aspetta con i fiori e che sembra essere uno che sa proprio dove andare.
Alla fine si erano trovati lì, pronti, preparati, con le scarpe giuste.
La festa era appena iniziata tra mille batticuori quando, dopo un giro di valzer, vennero a sgombrare la sala.
Inattesa dall'alto giunse una notizia che aveva dell'assurdo.
Con un decreto legge avevano chiuso le sale da ballo e abolito la musica.

Così erano tornati a casa. Ciascuno la sua.
Non potevano fare altro se non aspettare tempi migliori.

E ora Lei si guardava allo specchio.
Era abbastanza brutta e decisamente provata.

Impossibile farsi domande, chiedersi quando, come, dove, perché.
Impossibile fare programmi.
Impossibile decidere un niente qualsiasi.

Solo aspettare. Senza pensare, aspettare.




domenica 1 settembre 2013

Confessioni di un'anima persa tra vento e tram numero 3

Fu una folata di vento a portarti via mentre sedevamo sullo scalino dell'antica chiesetta a ripararci dalla pioggerellina primaverile. O forse fu il tram numero 3, quello che passava di lì per poi proseguire ed arrivare a fare capolinea in una strada semi deserta, dove non c'erano né case né uomini.

Di fatto, bastò sciogliere un attimo le nostre mani intrecciate e tu non c'eri più.

Feci tante volte il giro di strade, piazze, vicoli. Presi anche il tram numero 3. Mi persi in quella periferia deserta e in via di costruzione, fino al limitare del bosco.

Davanti al buio di quella macchia fitta mi sentii smarrita e sola: fu necessario rassegnarsi con sgomento.

Mi misi a cercare altro e iniziai a viaggiare, conoscere, incontrare, progettare, costruire.
Qualche volta vinsi, molto spesso persi tutto. Ma sempre mi rimisi in piedi pronta a ripartire.
Conobbi saggi, incontrai opportunisti senza scrupoli, scoprii pensieri diversi dai miei dai quali mi lasciavo sedurre e conquistare, bevvi come acqua tutto quello che era bellezza.
Il bene e il male mi furono maestri.

Ogni tanto mi sembrò di trovare tracce di te. Una volta nello sguardo che si fece abbraccio nella seta di una bandiera, una volta in un saluto fatto di un sorriso lontano, altre rare volte nel suono di poche parole bisbigliate.

Tracce di te, come le briciole di Pollicino.

Poi, quando ero nel bel mezzo del mio viaggiare e non ci pensavo più, sentii di nuovo quel vento.
Lo riconobbi subito e sì che ne era passato di tempo!
Un brivido di quelli che preannunciano una sorpresa che speri: mi girai ed eri seduto accanto a me.

Mi stavi cercando, dicesti.
Da molto, dicesti.
Volevi me, dicesti.

Fu la gioia di un attimo, tempo di un abbraccio.
Poi la paura immotivata di vederti sparire ancora ebbe la meglio.
Mi chiusi nei luoghi più protetti, dove quel vento non potesse entrare.
Ma il vento va dove vuole e tu eri lì.
Sempre lì.
E rimanevi. Nonostante quel vento.
Rimanevi. Anche dopo il passaggio del tram numero 3.
Lo avevi domato quel vento. E infatti ora ti portava da me.
Sempre. Anche quando ti mandavo via.

La tua silenziosa, calma, paziente tenacia mi persuase.
Tornai a sedermi accanto a te, ma tempo di un attimo la pioggerellina si trasformò in un temporale. Non soffiava vento. Ci furono tuoni e fulmini.
E più che perdersi fu uno scappare.
Ciascuno riprese le sue mani.
Ma fu per poco.

I temporali sono impetuosi, però finiscono presto.

Le nostre mani tornarono ad intrecciarsi, per riappropriarsi di un viaggio interrotto tanto tempo prima, forse per troppa ingenuità.

Ritrovando te ritrovai tante cose mie che vivevano in te.

Viaggiammo anche sul tram numero 3 che ancora faceva capolinea nello stesso posto. Lì non c'era più una periferia deserta che confinava col bosco; no, adesso quello era il cuore di un centro commerciale pieno di luci, auto e rumori.
Rimasi stordita da tanto chiasso, il bosco dove avevo perduto ogni speranza di ritrovarti non si vedeva più. Provai nostalgia: era da lì che ero partita viaggiando alla ricerca di altre esperienze.
Eppure, in quel rumore la nostalgia era un sentimento inatteso e poco appropriato.

Mi girai verso di te. L'aria era rossa.
Solo allora, guardando i tuoi occhi, mi fu chiaro tutto quello che avevo cercato fino ad allora.

Io guardavo te e vedevo me.

Il mio cercare, era stato cercarti.