domenica 31 luglio 2011

Per l'anima / 9

Su un viaggio

Apriamo le porte
chiudiamo le porte
passiamo le porte
e alla mèta dell'unico viaggio
né città
né porto.
Il treno deraglia
la nave naufraga
l'aereo s'abbatte
un biglietto è stampato sul ghiaccio.
Se potessi
ricominciare o no questo viaggio
ricomincerei.

Nazim Hikmet

Per l'anima / 8

Crepuscolo marino,
in mezzo
alla mia vita,
le onde come uve,
solitudine del cielo,
mi colmi
e mi trabocchi,
tutto il mare,
tutto il cielo,
movimento
e spazio,
i battaglioni bianchi
della schiuma,
la terra color arancia,
la cintura
incendiata
dal sole in agonia,
tanti
doni e doni,
uccelli
che vanno verso i loro sogni,
e il mare, il mare,
aroma sospeso,
coro di sale sonoro,
e nel frattempo,
noi,
gli uomini,
vicino all’acqua,
che lottiamo
e speriamo
vicino al mare,
speriamo.

Le onde dicono alla costa salda:
“Tutto sarà compiuto”.

Pablo Neruda

sabato 30 luglio 2011

***e sei ottimista...

E poi arriva anche il momento che devi dire no.
E invece fino a ieri non vedevi l'ora di dire si, speravi di dire si, avresti voluto dire si.
Ma adesso qualcosa ti fa vedere un altro punto di vista.
E' che ti manca davvero di fare un qualche giro su una di quelle giostre che vanno lente con i cavallini di legno che dondolano, la musica di sottofondo e le luci colorate. Una di quelle giostre ancora dipinte a mano. Come quella che hai trovato anni fa a Parigi all'improvviso in fondo ad una scalinata che si apriva su una piazzetta poco lontana dal quartiere latino e che ti ha fatto compagnia per un bel po' e ti ha messo di buonumore in un giorno che proprio non andava.

Ecco perchè sei ottimista.
Magari ti appare all'improvviso una giostra e ti fa girare a un ritmo diverso da quello che adesso hai e che non riesci più a controllare.

Sei ottimista: dietro l'angolo, o in fondo alle scalinate, o in cima alle salite, ci sono sempre mille sorprese che non sai a cosa ti porteranno.
E se poi non sono cose belle, prima o poi arriveranno anche quelle.

Sei ottimista, perché sai che quel paio di pantaloni che ieri non ti andava oggi ti va largo.
Sei ottimista, perché sai che la tua  macchina è riparata e pronta a partire anche se non hai nessuna meta da raggiungere e nessun giorno di vacanza da fare.
Sei ottimista, perché speri che prima o poi qualcuno ti porti almeno due giorni al mare.
Sei ottimista, perché sai per certo che l'amica che stamani si lamentava per aver trovato brutto tempo in Sardegna al punto di non aver potuto fare il bagno per una delle due settimane di permanenza, si riprenderà presto dallo choc e dalla delusione.
Sei ottimista, perché sai che tornerà a sorridere anche quella che tornando solo oggi in città dopo un mese di ferie non ha trovato niente, ma proprio niente, in saldo nel suo negozio preferito.
Sei ottimista perché in qualche modo pagherai le tasse anche se non sai come.
Sei ottimista perché oggi una persona a cui vuoi bene e che ha visto la morte in faccia, stava peggio di ieri, ma tu sai che ne tirerà fuori le gambe.
Sì, ne tirerà fuori le gambe, perché deve tornare presto ad esser forte e con una salute di ferro tante sono le cose che tu hai da dirgli e le botte che tu hai da dargli. Non si fanno certi scherzi. Ed è bene che resti scritto.

E siccome sei ottimista adesso esageri e vuoi qualcosa che sia dedicato solo a te.
Come si fa alla radio con le canzoni.
Un po' di tempo, una canzone, un fiore, e soprattutto tante risate.
Di quelle risate che non sai neppure da dove vengono, che nascono dal nulla, ma che ti sconquassano la pancia.

Sei ottimista, perchè sotto questa armatura di ferro e piombo e cemento armato che hai addosso c'è una farfalla leggera e colorata che non vede l'ora di trovare il suo modo di volare.

Sei ottimista, perché sei sola e ti pesa.
E tu sai che si va da soli, ma sai anche che non si è soli per sempre.

Sei ottimista perché sai che qualcuno ti vorrà pur bene e troverà il modo di starti accanto per come adesso serve a te.

Sei ottimista perché sai che basterà la luce pallida di uno spicchio di luna a farti trovare la strada perché chi sogna non ha bisogno di luce piena, sole accecante, riflettori, abbaglianti o fanali.

Al sognatore è più che bastevole la luce della luna per vedere la strada.

giovedì 28 luglio 2011

Epifanie / 4

Ci sono giorni che senti ansia. Una piccola costante morsa allo stomaco che non ti fa respirare.
Ti trovi a pensare ma non si tratta delle cose che hai da fare.
Il quotidiano scorre con il suo altalenante e buffo procedere. E tu anche se stai fermo alla fine vai.
Ti accorgi che quella morsa è legata ad altro.
Ad altri pensieri.
Altri bisogni.
Aspetti una telefonata che non arriva. Aspetti notizie perché speri che qualcuno che sta male oggi stia meglio.
Aspetti che per miracolo ti si presenti davanti una faccia amica.
Vorresti essere sorpresa.
E la sorpresa all'improvviso arriva: la sorpresa è che all'improvviso capisci.
Tu non sei lì.

No, tu non ci sei perché il tuo cuore non è lì con il tuo corpo ma è lontano, insieme a quei pensieri, insieme alle persone che ami.
Quelle che ami tu.

La domanda è: ne vale sempre la pena? La morsa allo stomaco resta, la bocca diventa amara.
Non c'è niente da fare... Son più le volte che non vieni capita.

Perché? / 7

Perché si fanno calare assurdi e misteriosi silenzi (modello "vienimi a cercare") oppure si mandano complessi messaggi subliminari fatti di parole estrapolate con cura dai più accurati dizionari vagliati dall'Accademia della Crusca (modello "aho, guarda quanto so' figo") quando sarebbe semplice, ma veramente tanto semplice, dire e soltanto dire?

La risposta non la so, ma non mi meraviglio. Ormai non mi meraviglio quasi più di niente che abbia a che fare con le storture dei comportamenti umani. Forse le ho provate tutte...

martedì 26 luglio 2011

RIFLESSIONI 29 / qualcosa cambia

E poi viene il giorno in cui qualcosa cambia.
Magari una minima cosa.
Un incenso che ami finisce di bruciare, la tua penna preferita finisce l'inchiostro e non lo trovi uguale, perdi un bigliettino che avevi ricevuto e a cui tenevi tanto, si rompe il laccetto di un sandalo che amavi e non si può aggiustare.

E poi viene il giorno in cui ti accorgi che qualcosa cambia.
Magari una minima cosa.
Ma una cosa di quelle che tu non puoi farci niente. Solo prendere atto.

E ti trovi spaesato ad abitare un futuro che non conosci e improvvisamente sei consapevole che sei orfano.
Spaesato sì, perchè non sai dove andare e non vuoi più sbagliare porta.
Orfano di un passato dove barcollavi fino a ieri, che ti teneva "al riparo" ma non si sa bene da cosa e che, per di più, era frutto della tua immaginazione.
Orfano perché non hai nessuno. E adesso lo sai per certo.
Inutile aspettare ancora.

Non hai più il profumo dell'incenso che ti faceva felice.
Non hai più la tua penna preferita con cui scrivevi al vento parole che per te erano regali d'amore.
Non hai più quel biglietto dove leggevi parole a cui avevi creduto.
Non hai più i sandali che amavi e che ti piaceva tanto indossare per andare e per sentirti la donna che sei.

Già la donna che sei.
Descritta come un pericolo da cui fuggire, un labirinto pericoloso nel quale evitare di smarrirsi, un faticoso dedalo di malinconie e tristezza.
Eppure questa donna non ha niente di così triste, enigmatico e complesso.
Vibra di un'indomabile voglia di vita e di giovinezza ancora da vivere, perchè in ritardo, cerca solo la sua strada, è sì malinconica ma per gli attimi di bellezza assoluta che è stata capace di godersi e che continua a cercare perché è certa che ne merita di più. Questa donna ha mille difetti, ma il suo essere sensibile e porre molta attenzione ai piccoli dettagli non è un difetto. Perchè quando qualcuno conquista la sua fiducia lei apre porte e finestre, non chiude a chiave nessun cassetto. E quando ti dice che c'è, lei c'è.
Questa donna vive "con" non vive "per" qualcosa e/o qualcuno.

Ma accade che gli altri sanno sempre meglio di te chi sei.
E te lo spiegano senza rendersi conto che usano te per descrivere se stessi, le loro paure e i loro limiti. E tu sei solo lo specchio nel quale si riflettono e dietro il quale "alla bisogna" si nascondono".

E poi viene il giorno in cui ti accorgi che qualcosa cambia.
Magari una minima cosa.
E capisci che lì dove sei, non stai a farci niente.

E cambia il colore del tempo che scorre.
Dei tuoi occhi, delle tue mani, della tua testa, del tuo cuore, della tua anima.

Non sai se ti farà bene o ti farà male.
Se sarà bello o sarà brutto.
Quel giorno è tempo di respirare altrove.

venerdì 22 luglio 2011

Quando l'amore è parola che si spegne (Tu no - Piero Ciampi)


Lui aveva scritto quella cosa per altri ma parlava di sé, della sua vita, e soprattutto di Lei.

Parole che bruciavano la pelle:
“I disperati, i persi, piacciono da matti alle donne. Sentono da lontano il loro odore per vestirsi in fretta da abili crocerossine. Mi ritrovavo solo e fermo, in quel tempo della vita, accettando con stupido orgoglio il sorriso della fortuna, dell'amore e della gloria, senza avvedermi che in quel preciso istante del giorno e della vita vi era già il presentimento del prossimo, lentissimo declino della luce, il presagio di un lontano tramonto. 
I disperati vengono creduti sempre tranne quando dicono il vero.
Non serve gridarle di non andare via, anche se quello è un felicissimo istante, il più felice e il più vero. E' il canto della cicala, un canto lungo, fermo, teso come un filo attraverso l'aria vitrea, che non ha coscienza né della sua brevità né della sua tristezza. E ci pare di riempire il mondo, di superare ogni altra voce, d'esser la misura del tempo e della gioia, di una eterna estate e di una giovinezza immortale.
E ad un tratto il filo si spezza e nel silenzio si ode il morente crepitio delle ali, il tonfo secco che la cicala fa cadendo ai piedi dell'albero".

Lei aveva avuto di scoprire per caso che quelle parole erano state scritte da Lui. Ne era al tempo stesso colpita e indignata.

Colpita, perché ne riconosceva la poesia, ma indignata perché si meravigliava che Lui ancora avesse parole, parole come quelle che mescolandosi talvolta a precipizio l'avevano fatta tanti anni prima innamorare.

E’ vero, Lei non gli aveva creduto quando Lui le aveva sussurrato di non andare via.

Ed era tardi. Ormai era troppo tardi.

Le parole si erano spente e avevano lasciato spazio al silenzio.

E il silenzio, al vuoto.

E ora c’era solo il vuoto. E il vuoto era così pesante che l'aria non si poteva respirare.

E il vuoto schiacciava il petto.





*** di poco, di niente

Di poco si vive, di niente si muore.

Questo diceva la mia zia Argentina.

E aveva ragione, lei che era nata nel 1901 ed era analfabeta e aveva imparato senza l'aiuto di nessuno, a leggere e a scrivere, ricopiando le lettere dai libri o dai giornali o dalle cartoline, quelle che non si usano più.

Di poco si vive, di niente si muore.

Ed è vero sempre: nel borsello, nell'armadio, nel frigorifero, in casa, nel pericolo, nella malattia, nel cuore.
Già, nel cuore.

E tramonto dopo tramonto, luna dopo luna fra poco torna l'inverno e il mare non l'ho ancora visto e manco lo vedrò.
Il fatto è che perdi pezzi e non te ne accorgi. Perdi pezzi di quel poco che ti basterebbe per vivere. Di quel poco che ti nutre il cuore, l'anima, i sogni.

Ieri ad un uomo che ha davvero tutto e di più e che faceva il compleanno, ho augurato di avere sogni all'infinito.
Non me l'aspettavo: nonostante i suoi mille impegni mi ha risposto con un messaggio personale e affettuoso. Forse da tempo nessuno gli augurava di avere sogni.

Di poco si vive, di niente si muore.
Sì, si muore anche se si ha tutto.
Perché avere tutto senza quel poco che serve è come non avere niente.

A forza di costruire la realtà, il quotidiano, si perdono pezzi: ci si dimentica che l'affetto passa anche dalla carne, che va carezzata, abbracciata, annusata. Ci si dimentica che la fantasia deve stare in quel poco che ci basta a vivere. Ci si dimentica che una parola, un po' di tempo, un po' di attenzione spostata da se stessi su qualcun altro ci fa sentire meno soli.
E invece si parla sempre e solo di ciò che siamo, ciò che vogliamo, ciò che facciamo. Il resto non ci interessa. Non ci interessano le "lagne" altrui.

Io per una serie di vicissitudini mi trovo a tacere da un po'. E guardo, ascolto la gente, osservo.
Osservo chi mi cerca per bisogno e chi lo fa per amore e chi non lo fa per niente perché lo faccio sempre e solo io.
E allora adesso scelgo, talvolta con dolore, quel poco che poi mi serve a vivere e lascio andare via cosa e chi succhia tempo ed energia.
Magari perderò qualcosa, qualcuno che ho sopravvalutato, ma sarà il dolore di un attimo, perché quella è solo zavorra che lascio lì.
Quel famoso essenziale che è invisibile agli occhi, alla fine verrà con me.

Me lo ha insegnato zia Argentina: di poco si vive, di niente si muore.
Lei si è spenta a 98 anni, ne avrà ben saputo qualcosa!
Fino a 96 faceva salti con la corda e cercava di rispondere in inglese al telefono ai miei amici "stranieri" (come diceva lei), quando io non c'ero. Aveva imparato a memoria due frasi: "Sonia is not here" "call later". E aggiungeva "io 'un intendo niente".
'Un intendeva niente, però aveva capito la vita senza aver viaggiato, letto, studiato, incontrato gente, forse senza manco aver avuto la possibilità di uscire di casa.
La sua "bibbia" era il "Sesto Cajo Baccelli", un lunario stampato per gli agricoltori arricchito con un po' di proverbi e con il calendario delle fiere e dei mercati. Non era il Siddharta, ma a lei bastava.
In Toscana si pubblica ancora ogni anno e io lo compro in ricordo di lei, ma non riesco a capire che cosa ci trovasse di utile per il suo sapere... e questo la dice lunga di quante cose ho ancora da imparare!
Guardava soprattutto la luna, lo faceva con mio nonno, suo fratello, e io già piccola mi infiltravo tra loro.
"Nonno Nano, la nuna" (trad: Nonno Severiano, la luna).
Avrò avuto due tre anni ma ricordo che loro ne parlavano come una cosa che si tocca, con cui si tratta, con cui si discute. Una roba animata, che puoi convincere o persuadere.
Poesia e concretezza. Ci leggevano tante di quelle cose che nessun libro potrà mai insegnarmele.
E io credo sia questa l'essenza di quel poco di cui si vive.

Chissà se sarò capace di avere gli occhi di zia Argentina che anche se appesantiti da occhiali spessi e buffi fino alla fine hanno visto lungo.
Chissà se saprò apprezzare quel poco con cui si vive.

Perché di poco si vive, di niente si muore.

mercoledì 20 luglio 2011

*** due volte nella vita?

Tocca scrivere dal telefono che sta per esplodere il temporale e la luce traballa. Poco fa riflettevo sui cambi di panorama complice un concerto dove da una Sonata di Johannes Brahms si passava a una Sonata di Dimitri Sostakovic: praticamente come passare da una passeggiata al mare a far due passi sulla luna.
Pensavo che non c'è un meglio o un peggio: sono due emozioni diverse, due esperienze diverse.
Capita anche nel quotidiano.
E per fortuna è così.

Più raramente invece capita la combinazione "due volte nella vita".
Mi spiego (spero).
Vai in un ristorante e mangi benissimo. Decidi di tornarci e lo fai pieno di entusiasmo ma rimani deluso perché non è la stessa cosa.
Oppure ti aspetti una serata noiosa perché sei con gente noiosa e invece esce una serata di quelle da ricordare.
Passi un'estate al mare e trovi amici fantastici, aspetti un anno intero sognando che torni l'estate per tornare proprio lì... e un anno dopo l'atmosfera è diversa, le persone diverse, e anche il colore dell'acqua è diverso (vero eterni adolescenti e ormai perduti amici del bagno Tirreno?).
Oppure vai per l'ennesima volta al concerto della tua band preferita e non ti emozioni, come non ti emozioni più nel sentire una voce particolare che ti faceva battere cuore, nel sentirti chiedere per la seconda volta un qualcosa che hai atteso tanto.

L'aspettativa tradisce e inganna la realtà. Delude. 
E mi verrebbe da aggiungere: soprattutto se quel che ti aspetti è già accaduto per caso ed è stato fantastico.

E allora muta con l'umore anche lo scenario.
Io seduta al mio posto nella sala dei concerti mi son trovata in due situazioni diverse tra Brahms e Sostakovic.

E si potrebbe continuare all'infinito: trovi un ex amore, ti batte il cuore a mille ma dopo due ore hai ben chiari i motivi che ti hanno allontanato da quella storia e mai ci rimetteresti i piedi. Aspetti capodanno per far festa come hai fatto sempre ma viene meglio una cena improvvisata a caso il 4 gennaio. Ti avvicini a una persona che trovavi magnetica e guardandola vedi e senti che non hai niente da dirle.

Certo, ci sono eccezioni felici e fortunate!
Ma io son convinta che "due volte nella vita" sia materia più pertinente ai film che hanno il lieto fine obbligatorio che non alla vita vera.

E meno male, mi viene da dire...
Sarebbe tutto più noioso. Troppo noioso.

Uno si porta dietro l'indispensabile anche a livello emotivo e poi spalanca il cuore alle novità, a quello che deve venire. Con fiducia e coraggio.

Magari una precauzione è meglio prenderla: le cose che "servono" ogni giorno, quelle meno eccezionali, quelle che ormai fanno parte del bagaglio, meglio non perderle.
Anche un buon pettine o uno spazzolino da denti è difficile trovarlo proprio uguale "due volte nella vita" e a certi confort, a certe "sicurezze" meglio pensarci bene prima di dare un calcio in culo. 
Questione talvolta di delicate sfumature di pura normalità.

martedì 19 luglio 2011

RIFLESSIONI 28 / sublimi sprechi

Ci sono forme sublimi e raffinate per far male o per punire. E talvolta tanta è la voglia di vendetta, di "aver soddisfazione", di prendersela vinta, che colui che vuol punire non si accorge del male che fa a se stesso.
Così la sublime punizione diviene sublime autolesionismo.
E la cosa più surreale è che anche questa roba qui capita di confonderla, mescolarla, predicarla come "amore".

C'è chi l'ha scritto che l'amore con l'amore si paga. Io però avevo capito un'altra cosa.

E intanto il tempo scorre e se la ride. Che gliene frega a lui di chi è lupo vestito da agnello e viceversa? Che gliene frega a lui di chi ha torto o ha ragione, di chi mangia e di chi è divorato.
Lui lo sa che in questa partita vince chi gioca al meglio le carte che ha. Il fatto è che questa partita non è contro nessuno, è un solitario. Non ci sono avversari o nemici da ab/battere.
Il tempo lo sa e se la ride. Noi spesso ci troviamo persi in inutili strategie che invece di risa portano lacrime.
Ma quando impareremo che ci sono molte alte sublimi vie per incanalare le nostre migliori energie creative che non la voglia di sopraffare, prevaricare, punire?

Sublimi inutili sprechi.

lunedì 18 luglio 2011

Post-it / 10 voglio...

Ci sono tante cose che devo e voglio assolutamente fare.
Fra queste, ecco le prime che mi vengono in mente ...
Almeno una volta nella vita voglio andare a Londra, a Lisbona, a Praga, a Madrid. Poi magari in tanti altri posti, che per partire sono sempre pronta.
Voglio riuscire a passare almeno 2 o 3 giorni al mare ogni anno che mi resta.
Voglio leggere ancora tanti libri molti dei quali sono lì da anni.
Voglio vedere ancora molti film molti dei quali sono lì da anni.
Voglio riuscire a vedere più concerti e devo trovare più tempo per ascoltare la mia musica.
Voglio avere molte carezze che non ho avuto.
Voglio dire a mia figlia molte cose che non le ho ancora detto.
Voglio smettere di dire parole d'amore a chi non le vuole, non le gradisce, a chi non le merita.
Voglio conquistarmi la possibilità di scegliere.
Voglio coltivare il mio amico e mezzo, che è una fortuna averlo..

Mica si sa quanto si dura...

E poi vorrei anche che si sapesse che la mia natura è sì malinconica ma è una natura felicemente malinconica, la mia è una malinconia rosa, non grigia. Mai grigia.

venerdì 15 luglio 2011

RIFLESSIONI 27 / la vita urlata che non capisco

Io guardo e non capisco. Ascolto e non capisco. Cerco e non capisco. Mi confronto e non capisco. Faccio e non capisco. Taccio e non capisco. Vivo e non capisco. Sopravvivo e non capisco.
Sto ferma.
O meglio: mi mettono ferma.
O meglio: ci provano.
Ma ferma non ci sto. Non mi riesce.
E mi chiedo il perché di quel che accade.
Già: perché?
Perché c'è chi vive predicando della sua felicità, gioia e semplicità del vivere e poi fa di sé stesso l'ufficio "complicazioni affari semplici"?
Perché scopri che coloro che "vivono ogni attimo" in genere non riescono ad arrivare fino in fondo alle cose e chiamarle col proprio nome?
Perché tante situazioni che sarebbero davvero semplici, a portata di mano, facili, gratis e pure belle, diventano impervie e incomprensibili?
Oppure diventano pane per rimpianti e rimorsi e rinfacci?

Io non capisco.

E poi questi dicono di vivere alla grande senza troppo pensare anzi, di mordere la vita a costo di farsi male, a costo di ricucire strappi e ferite, perché la vita è bella comunque.
Ed è vero, dovrebbe essere così, la vita è bella comunque anche quando fa male.

E poi questi usano tutto come "ricatto" sottile da tirar fuori al momento opportuno ma mica per ottenere chissà che cosa...no, solo per aver ragione, per essere più forti dell'altro, per "averla vinta" come qui si dice a un bimbo che fa una bizza.
Mah.

E giù a lacrimare per la lesa maestà e poi per la bellezza di certi dolori che la vita ti infligge a fronte di grandi gioie che quei dolori ti insegnano.

Ma che palle!

E' vero: la vita infligge anche dolori, privazioni, delusioni, ti presenta conti talvolta spropositati rispetto ad errori che hai commesso e poche volte la fai franca. La vita ti mette a contatto con squali e sciacalli. Con stronzi e persone senza scrupoli. Con gente che ti usa e con gente che ti consuma, senza pietà, nè rispetto.
E allora?
Decidi di vivere?
Ti farai male.
Lo metti in conto e vai avanti.

Ma c'è anche di peggio. Ci son quelli che amano così tanto il vivere che non vivono manco il bello tanto hanno paura. Non amano per paura: magari paura di non essere all'altezza, oppure che alla fine tutto finisca, oppure perché è più facile amare solo sè stessi.
Eh sì, la gioia finisce, l'amore finisce, come tutto del resto. E ci si resta male. Malissimo. Ci si innamora, si perde l'amore e per anni non si riesce ad amare più nessuno. Si ama l'idea di una persona che prima o poi, un giorno qualunque, ci si accorge essere una persona qualunque; e rimaniamo delusi.
Si resta soli. E' brutto.
Ma almeno abbiamo esperito quella roba lì. Senza far filosofia sentendola nella carne, che di carne si tratta.
E' tutto vero la vita ti mette davanti anche donne sbagliate, uomini stronzi, donne infedeli e traditrici, uomini falsi e bugiardi, donne pericolose e rompipalle, uomini egocentrici che dopo sei mesi già guardano il culo di un'altra, quelli che hanno paura di lasciarsi andare e quelli che si danno anche troppo. Quelli confusi e quelli che fanno promesse di eternità senza sapere che l'eternità non si può promettere perché non è in nostro possesso e quelli che rose, violini e poi "una botta e via", quelli che "con te è in un modo" quando mi innamoro è tutta un'altra storia.
E allora?
Decidi di vivere?
Lo metti in conto e vai avanti.
Oppure, più onestamente, metti un segnale di "non disponibilità" davanti alla porta.
Così eviti le tragedie del caso.
Perchè son tragedie e dolori, e lacrime e parole a fiumi versate come niente fosse.
E' capitato tutto anche a me. Mica sono speciale.
Ma ho capito che se di una cosa se ne parla molto o si pubblicizza molto o si sbandiera molto, quella cosa non è così vera e realmente sentita.
I dolori "all'acqua di rose" guariscono all'ora dell'aperitivo, o a cena, o a una festa, o con una gita al mare, o con una pizza... quelli sì. Ecco perché si sbandierano, per avere attenzione, per richiamare attenzione o peggio.
Magari per affondare il coltello nella pancia di qualcuno quando meno se l'aspetta.
Non l'ho mai fatto ma l'ho visto fare ed è brutto: io non ci credo più a chi "usa" i propri dolori per ottenere ragioni altre. Io non ci credo più a chi, quando sente male, lo mette nelle civette dei quotidiani.
Ecco: in quel caso son propensa a pensare che quello/a non senta male.
Poi, per carità: ciascuno si sfoghi con chi vuole e come vuole.
Io preferisco capire se c'è un orecchio o una spalla di quell'amico e mezzo che ho a cui talvolta rompo parecchio le palle. Perché mi rendo conto che parla parla, non riesco manco a dire quanto sto male, se davvero sto male. E infatti in genere non comunico in maniera corretta. E me la vedo da sola.
Eppoi, quando proprio stai male si vede. Anche se sei vestito da sera e in alta uniforme. E ti tocca di sorridere e scherzare e ridere e dire bugie del tipo "sono molto stanco" a chi ti chiede come va.
E' vero, sei stanco, molto stanco di portare quel dolore dentro fatto di tante cose che non vuoi o che vorresti, un dolore fatto di pietra che rende duri anche i lineamenti del tuo volto, del tuo cuore. Un dolore dal quale non vedi via d'uscita e che sta lì sordo e che non può che stare lì perché anche a parlarne, ma chi lo capirebbe? Ma chi lo vuole stare a sentire? Ma chi lo vuole condividere fosse anche per un abbraccio silenzioso?
Se la persona che amate di più al mondo vi dice "ho mal di testa", potete consolarla, potete aiutarla, potete trovare un farmaco, starle vicino... ma voi il suo mal di testa non lo "sentirete" mai.
E soprattutto non ve lo prendereste addosso volentieri e con slancio, pur di toglierlo a lei.
Ecco perché non lo "capirete".

E allora inutile chiedere, inutile pretendere, inutile fingere. Soprattutto disponibilità a un esistere e un a esserci nonostante tutto che non c'è e che non è.
Tutte bugie.
Certa vita urlata come roba così speciale non la capisco. Ecco. Non la capisco. Mi pare teoria. La pratica sta altrove. Ma forse mi sbaglio.
Inutile aggiungere parole inutili.

martedì 12 luglio 2011

RIFLESSIONI 26 / ne' confini del ben

Stasera immagino l'amicizia come una specie di banchetto, una tavola apparecchiata, di tanto o di poco non importa. Quel che c'è va benissimo. E ci si siede talvolta leggeri con la voglia di dimenticare il peso del quotidiano, talvolta pesanti in cerca di un sorriso, spesso per la pura e sola voglia e bisogno di sedersi e guardarsi e dividere quel che c'è sul tavolo. Anche in silenzio.
Può succedere che a quel banchetto ci sia qualcuno più vorace di un altro, qualcuno che ha più fame, un altro che è sazio e lascia la sua parte volentieri.
Può anche succedere che qualcuno sia distratto e così affamato da esser maleducato e indelicato e dimenticarsi di dividere quel che c'è.
Ma finchè c'è "fede" non si temono "tradimenti".  Finchè' c'è un cuore fiero di nutrire quell'amicizia non può che amare e andare oltre. Sopportare anche la fame e la poca cortesia di chi non ti ha chiesto "ne vuoi?".
E tu perché non hai preso o chiesto? Perché talvolta è inutile e senza volere capisci che pur seduti allo stesso tavolo si è incapaci di ascoltare e dire e parlare.
Allora meglio tacere. E aspettare che quello sguardo assente torni a guardarti. Con la stessa naturalezza di sempre. Placando la tua fame, la tua impazienza. Il tuo disappunto.

E se non ci fosse "fede" e ci fossero "tradimenti"? 
Non potresti non rendertene conto. Fosse un banchetto con ogni ben di dio sopra o fosse una panca di legno con un pezzo di pane secco da dividere in due, a te toccherebbero sempre e solo le briciole che cadono a terra.
E quello oltre a un tradimento sarebbe un umiliante dolore perché come diceva Girolamo Gigli secoli fa "ne' confini del ben / è la speranza".

E il bene io non so che immaginarlo puro e totale e disinteressato.
Si: "ne' confini del ben / è la speranza" e lì' si diventa migliori di ciò che si è

FuoriModaFuoriTempo / 8

Talvolta sei certo di trovare comprensione e invece trovi deserto.
Talvolta pensi di esser poco interessante e invece scopri che interessi molto.
Infatti c'è chi "analizza" ogni tuo passo, ogni tua parola, ogni tuo movimento emotivo o fisico che sia.
Talvolta ne ridi.
Talvolta ti stufi.

E allora sogni soltanto di essere nel posto che sai tu: un posto dove non sarai invitato mai.

Buffa la vita: fai parte di ciò che non ti interessa e sei lontano mille miglia da ciò che vorresti.

E poi sembra strano che uno si agiti o quantomeno si senta smarrito. Eh no. Non si può dire.

domenica 10 luglio 2011

Per l'anima / 7

Ho avuto tanti coltelli bloccati dentro di me, quando mi danno in mano un fiore,
non riesco a capire di cosa si tratta. Ci vuole tempo. (C. Bukowski)


E talvolta il tempo non basta
E talvolta continui ad amare il coltello
E talvolta per paura non ti lasci andare
E così il fiore ti guarda, ti aspetta ma poi appassisce
E così quel fiore lo butti via senza goderne

Post-it / 9 mangia, dormi, rilassati

"Lei ha la pressione ha 70 e la minima a 50. Come pensa di stare bene con questo caldo?
Ma mangia? Ma dorme? Ma è nervosa?"
Ecco, nervosa...se non lo ero lo sono diventata. E magari mi è salita pure la pressione.

Roma: 14.30, quei simpatici schermi luminosi girevoli che stanno fuori dalle farmacie e ti dicono ora, giorno, nome della famacia e temperatura, segna 42 gradi.
Tu sei appena stata da un medico che ti ha mandato in farmacia a prenderti -appunto- una cura perché "Così, no, così non può passare l'estate". Entri dentro a farmacia e ci saranno 15 gradi. Roba da cappotto.

La scena è questa.
Il farmacista: "mi dica signora"
Io manco lo vedo: "Posso sedermi? Ho freddo" e mi siedo a terra pensando di collassarmi.
Lui corre a vedere che faccio, nel frattempo mi sono appoggiata a uno scaffale di mini spazzolini da denti da viaggio e non so quanti ne ho fatti cadere.
Dalla borsa tiro fuori una sciarpa e mi copro.
Lui mi chiede: "Scusi, è così pallida. Soffre di anemia? Prende farmaci particolari? Sospetta di essere incinta? Fa uso di sostanze stupefacenti?"
Lo guardo allibita. Stupefacente è lui.
Eccerto, mi drogo e vengo a dirlo a te....meno male che data l'ora non c'è nessuno.
Mi esce un ringhio: "Ho la pressione bassa, fuori è Africa qui è Polo Nord, mi sento male".
Mi fa: "Aspetti lì, non si muova"  e son certa che in quel momento si sente uno di E.R.
Torna e mi misura la pressione.
Dio santo! Anche lui. Uffa. Però non posso reagire.
La massima è 70 la minima è scesa ancora un po' e non arriva a 50.
"Signora mia, ma come fa a starmi in piedi con questo caldo?"
"E' il secondo che me lo dice nell'ultima mezz'ora, e pensi, devo financo tornare a Siena"
Intanto gli passo la ricetta del medico che mi ha mandato lì.
"Si riposi un po' - fa lui - le porto qualcosa da bere"
E io resto lì sul pavimento tra spazzolini da denti da viaggio e brividi di freddo.
Se non fosse da piangere mi verrebbe da ridere.
Torna con una roba tipo beverone energetico nel bicchiere.
"Ha mangiato?"
Io: "Si, poco fa, un cornetto con la crema e due caffè"
Lui: "Ma signora mia così mi si collassa si...bisogna che si porti dietro del sale"
"Sale?"
Scoppio a ridere. Mica sono una capra...
Di fatto il beverone è salato e fa schifo.Aspetto un po'. Entra una signora con un bambino. Il bimbo dice "mamma che freddo qui" e la mamma mi guarda terrorizzata.
Il farmacista spiega subito che mi sono sentita male per la pressione bassa e che non sono "strana".
Mi viene in mente che se non raccolgo le forze e mi levo di lì alla fine mi mette in vetrina. Oppure lo meno.
Appena la signora se ne va, chiedo se mi dà i farmaci per cui ero andata lì e mi metto in piedi.
"Aspetti che le misuro la pressione di nuovo".
"No grazie, è stato gentilissimo, ho disturbato fin troppo. Mi faccia il conto e magari perdoni se non le metto a posto gli spazzolini da denti".
"Ma signora mia, mangi, dorma, vada in vacanza. Si prenda cura di sè"
"Grazie"

Scrivetelo in un bel post-it:
mangiare, dormire, rilassarsi.

Non andate dai medici: la soluzione a tutti i mali è questa.

giovedì 7 luglio 2011

CONSIGLI NON RICHIESTI / 5 sorvola

Se vuoi davvero bene a qualcuno e per te e' importante, anche se e' bello dirglielo, sorvola. Meglio non dirlo, meglio dimostrarlo se ne hai occasione. Le parole in certi momenti fanno paura. Esattamente come i silenzi.

lunedì 4 luglio 2011

RIFLESSIONI / 25 hanno tutti ragione

Hanno tutti ragione.

Sì, dice bene Sorrentino: hanno tutti ragione.
Ma tutti eh.
E sanno tutti di tutto.
Ma tutti eh.

Basta prendere una posizione con una certa dose di determinata arroganza e amen.
Magari farcirla di aggettivi volgari e vai che hai ragione.

Non importa se uno le cose le conosce o no, se le sorvola o se le sviscera.
Basta la percezione, il colpo d'occhio e tanto è sufficiente per tranciare giudizi, emettere condanne o concedere assoluzioni.
Chissenefrega se poi dall'altra parte c'è chi sta dentro a una situazione e la vive da protagonista e magari potrebbe parlare a ragion veduta.
Chissenefrega se questi ha sentimenti.
Chissenefrega se non gli viene concessa la possibilità di dire la sua, perché ormai la verità è scritta a monte. Già decisa.

E così, sempre di più, la verità passa dall'arroganza. E qualsiasi bugia diventa assolutamente vera.

Con chi ce l'ho?
Ce l'ho con chi urla contro "quel Palio di merda di Siena che è come la corrida ovvero una mattanza".
Ce l'ho con chi parte dall'idea che l'animale cavallo viene costretto a partecipare e non sceglie e con questo chiude ogni discussione.
Ce l'ho con chi paragona il Palio di Siena alle manifestazioni dove si coinvolgono animali.
Ce l'ho con chi non conosce le normative e le precauzioni che vengono messe in atto in questa città per la tutela dei cavalli.
Ce l'ho con chi non sa e non si pone il problema di sapere come si sente un senese quando accade una tragedia così immane.
Ce l'ho con chi racconta il Palio inventandosi castronerie tipo "lo corrono sulla pietra".
Ce l'ho con chi cerca pubblicità attaccando la festa più tradizionale e unica del mondo.
Ce l'ho con il Codacons che non si preoccupa degli stipendi o degli operai che crepano nei cantieri fuori legge, o dei prezzi che raddoppiano in ogni supermercato ma del cavallo morto a Siena.
Ce l'ho con chi titola sul cavallo morto a Siena e si dimentica di cosa accade in Italia per la TAV.
Ce l'ho con chi guarda il Palio sperando accada qualche incidente così da poterne parlare e non va negli ippodromi, negli allevamenti, nei canili, negli zoo e nei luoghi dove spesso gli animali vivono in maniera insostenibile e in condizioni inaccattabili.
Ce l'ho con tutta questa intransigenza di chi pretende il rischio zero nella vita degli esseri viventi, quando il rischio zero non esiste per nessuno, perché a nessuno finora è riuscito di esser dio.

E intanto quel cavallo morto a Siena era il mio. Parte della mia famiglia. E ancora mi fa male sapere che non c'è più. Ed è insopportabile sentir dire dappertutto che i senesi si divertono così.
E anche basta!
Ecchecazzo.

Volete dire che non vi piace il Palio di Siena? Perfetto.
Si possono trovare 1500 motivi e se volete vi aiuto anche, ma  fra questi non ci sono i maltrattamenti ai cavalli con cui si divertirebbero i senesi.

E poi volete ragione? Datevela tra voi. Lasciatemi fuori che tanto la mia sensibilità non è roba che rientra nelle vostre prime 89mila priorità.
Io, la ragione, ve la lascio.
Tanto hanno tutti ragione. Io non ci tengo.

Dio, non permettere che io vada in un paradiso dove non ci sono cavalli!
(R.B. Cunningham-Graham)

domenica 3 luglio 2011

*** resistenza

Si dice che quando si chiude una porta si apre un portone. Si dice che non può esser sempre tutto in salita. Si dice che la fortuna gira. Si dice che dopo la pioggia torna il sereno.
Vero.
Prima o poi accade che le situazioni cambiano.
Ma quando sei davanti a una porta chiusa, e trovi solo portoni serrati, quando sei in salita e trovi solo montagne da scalare, quando la fortuna non ti degna di uno sguardo, anzi, si allontana da te in maniera eclatante, quando dopo la pioggia arriva anche la grandine è difficile crederci.
Soprattutto se va così da tanto, troppo tempo.

Ho imparato che intanto si deve resistere.
Già, la resistenza.

Ma la resistenza non è un modo per sopravvivere in attesa che le cose cambino.

La resistenza è un attitudine, un comportamento attivo, un modo di fare appello alla forza che hai per restare dignitosamente quello che sei, anche se sei in fondo a un baratro dove proprio non vuoi stare.
La resistenza è mostrare il dolore che provi, a testa alta, con la speranza che passerà, rifiutando la compassione.
La resistenza è accettare ciò che non puoi cambiare e trasformare il tuo modo di vedere quella cosa, non facendotela piacere, ma sapendo che è così ed è inutile buttarci energie che andrebbero sprecate.
La resistenza è ingegnarsi di trovare soluzioni anche quando gli eventi ti tolgono lucidità e voglia. Anche quando arrendersi sarebbe più facile. Anche quando non provi neppure più rabbia tanto sei sfinito e sopraffatto dai cieli neri che ti pesano sulle spalle. Da parole dette a sproposito. Da offese che arrivano da chi parla a vanvera.

Perché la vita va avanti anche quando sei lì a "resistere". E quindi anche il resistere è vivere.

Anche quando immagini o vivi situazioni che ti stanno cambiando in maniera definitiva; anche quando hai paura che modificare il tuo stile di vita ti porti alla terribile condanna di prendere atto che stai (anche tu) crescendo e hai (anche tu) la responsabilità in primis di te stesso; anche quando immagini che se ci fosse accanto a te qualcuno con cui dividere la fatica del resistere e del vivere sarebbe tutto più facile; anche quando pensi che non essere solo sarebbe più comodo a una certa età, per week-end tranquilli, per compagnia e in caso di necessità... alt!
In questa altalena di emozioni è facile fare errori, disastri anche e poi pentirsi: meglio fermarsi e prendere il tempo che ci vuole per distinguere il fieno dalla paglia.

E allora mettersi lì e con onestà avere il coraggio di lasciar perdere ciò che sarebbe apparentemente comodo perché magari potrebbe offrire una soluzione più facile e veloce, da ciò che invece la vita ti propone come sfida, ti fa paura e, senza dubbio, ti costringe a decisioni più difficili e periodi più lunghi di resistenza.
Perché è nella resistenza che si costruisce.
Si è costretti a pensare, immaginare, inventare, inventarsi, vedere quanta forza abbiamo. Lasciarsi anche un po' portare dal caso, perché se sei stanco talvolta ti abbandoni (non per fiducia eh, per carità, per sfinimento)
E da quello ripartire.
E mentre sei lì che sputi sale con la bocca sempre amara, la vita va avanti e va avanti proprio la tua con il suo bagaglio di merda e paura, di cose belle e di cose da godere, di cose da aggiustare e di soluzioni da trovare, di speranze e di attese.

Sarà paradossale ma è nel momento in cui non riesco a respirare che mi rendo conto di essere ancora viva e di voler essere ancora viva.

E allora pensi che sarà sempre una giostra.
Ci saranno giorni in cui sarai di nuovo sereno, leggero, felice (almeno per un po').
Ci saranno giorni più grigi.
Ci saranno giorni di disperazione e lì ti toccherà di nuovo resistere.
Resistere ancora, sempre senza mollare. E poi risalire verso una leggerezza che ti somigli.
E avere ancora fiducia. E di nuovo esser pronti a resistere.
Almeno finché saremo parte di questa bella avventura che è la vita.

Questo è quello che penso oggi, dopo giorni durissimi che sono in qualche modo passati, mentre ho davanti altri giorni durissimi che passeranno, mentre vedo amici spaventati che resistono con coraggio  e non se ne rendono conto e mentre sto resistendo anche io senza averne finora piena consapevolezza.