sabato 31 marzo 2012

Poi viene il giorno / 6

Poi viene il giorno che fai i conti con il lavoro e i lavoratori, o aspiranti tali.
In tempi di crisi e fughe di cervelli, ci son anche quelli che non riescono a fuggire da nessuna parte e hanno tanto bisogno di lavorare. E ne parlano sempre.
Son quelli molto depressi perché loro son quelli che son nati così intelligenti e onesti e affatto inclini al compromesso che è semplicemente ingiusto che nessuno offra loro la chance che meritano.
A sentirli è tutto un piangere.
Tra un pianto e l'altro hanno addirittura più bisogno di lavorare di te, che non sai più come pagare le bollette.
E allora ci credi, non fosse altro perché sei scema e perché tuo nonno comunista e povero, era un grand'uomo e il pane, seppure poco, te lo ha insegnato a divider con tutti.
Allora ti indigni e li difendi dai commenti volgari e borghesi dei colleghi "comunisti a ore". Ma loro non se ne accorgono neppure e fin qui nulla di male.
Pensi sia giusto dimostrare coi fatti e non a parole. Se non altro solidarietà sincera. Solida.
Ti fai in quattro e costruisci anche per loro una piccola, misera, certo non risolutiva possibilità di lavoro. Niente a che vedere con quello che meriterebbe l'intelligenza e la capacità di queste persone.
Ma son tempi duri e lo sanno tutti. Tu puoi davvero offrire poco. Giurano che per loro va bene, anzi benissimo così.
E infatti ti ringraziano, ti dicono che sei straordinaria e che -se non fosse altro- questo piccolo barlume di impegno, aiuterà a dar loro fiducia, a non perder speranza a restar lucidi e non sentirsi esclusi.

Sei davvero contenta di somigliare a tuo nonno. Perché al cimitero a trovarlo non ci vai mai per principio, ma l'idea di tenerlo in vita con le lezioni imparate da lui, ti lusinga e ti fa sentire migliore della merda che sei.

Così si passa alla pratica del lavoro. E dopo averti illustrato a lungo la loro serietà professionale i tuoi colleghi si mettono all'opera e come prima dimostrazione di coerenza, spariscono.
Ti chiedi perché, che è successo. Ti preoccupi pure. Magari quel poco che hai offerto loro li ha offesi...

Ma è primavera e la luce chiara, rende tutto più chiaro.
Le loro giornate non son cosi vuote. Hanno sempre qualcosa da fare, casini da sbrigare, scopatine da espletare.
E poi, come non bastasse, che ci vuoi fare, è arrivato in città all'improvviso quello che è stato l'ultimo amore importante della loro vita...bisogna parlare, giocare, festeggiare, mica si va a lavoro senza mutande no?

Ma a te, che su quel lavoro ci conti davvero, non viene spiegato niente, manco una parola.
Tanto tu potrai capire tutto no? Anzi, tu capisci proprio tutto e di più. E te ne devi pure star zitta.

Si, capisco che son scema.

Capisco fin troppo bene che in certi casi i cervelli non fuggono. Se ne sono andati prima ancora di prender posto nella cavità naturale che dovrebbe ospitarli.

E questi poveri, onesti, puri, orgogliosi, lavoratori incompresi da questa schifosa società?
Quelli a cui hai creduto e con cui hai spezzato il poco pane che hai?
Stasera son sazi, sono a cenare con gli amici. Domani happy hour con altri compagni di sventure. Banchettano sempre.
Già, a proposito, dopo domani fanno festa, perché c'è una gran festa e loro son sempre l'anima della festa.
Poi ecchecazzo, si riposano perché dovranno pur riposarsi per riprendersi dai bagordi dei we sempre più lunghi...

Così scopri chi sono davvero.
Borghesi e benestanti travestiti da altro, gente pronta a raccontarsi ogni cazzata pur di somigliare al poster del super eroe di loro stessi, che hanno costruito per anni con i lego.
Borghesi che dovrebbero vergognarsi quando accendono la sigaretta e leggono nel giornale che c'è chi muore sul lavoro ma anche chi muore di non lavoro.

E io mi vergogno di credere ancora a certe favole. Le loro.

giovedì 29 marzo 2012

Epifanie / 14

Ci sono compagni di viaggio che ti meravigli di incontrare.
Sono quei compagni di viaggio che non vorresti perdere mai.
Quelli che ti fanno pensare davvero che sarebbe meglio, molto meglio finisse prima il tuo, di viaggio.

martedì 27 marzo 2012

Poi viene il giorno / 5

Poi viene il giorno che torna la primavera con le giornate lunghe di luce. Così oltre alla meraviglia del creato, vedi molto nitidamente quanto son brutte certe persone. Stanno lì, con le loro pance a far ombra al loro sesso e si compiacciono della loro intelligenza da basso ventre. Grasse di egocentrismo, innamorate di se stesse, malate di non amore.
E il bello è che vedi meglio anche le compagnie che si scelgono per "amare", "adorare", "costruire". E la luce lunga della primavera conferma il detto "dio li fa, poi l'appaia".
Nel momento in cui pensano di aver di meglio se ne sbattono di chi ha provato a voler bene davvero alla loro pochezza. Manco un grazie per l'ultima strenua difesa che hai concesso loro. Manco un ciao, che tanto pensano di ritrovarti lì "a vita", come un ergastolano. Manco un "scusa" per il dispiacere arrecato: loro possono tutto.
Delirio d'onnipotenza parrebbe.
Delirio di impotenza invece è.
Meno male la luce lunga della primavera ti fa vedere l'orizzonte chiaro sul mare. E l'universo, almeno il tuo, è sempre più blu.

giovedì 22 marzo 2012

Poi viene il giorno / 4

Poi viene il giorno in cui hai tutte le migliori intenzioni del mondo, nonostante un mal di denti che essendo il primo della tua vita ti spiazza e nonostante le giornate impegnative a cui poco importa del tuo sonno perduto.

Hai tutte le migliori intenzioni del mondo perché qualcuno la sera prima ti ha versato del vino buono e bei sentimenti, ma soprattutto ti ha regalato sguardi, passione e calore.
Sopporti il mal di denti felice di quell'inatteso regalo di bellezza e serenità. 

Hai tutte le migliori intenzioni del mondo e allora te ne freghi di chi ti ha buttato proprio via nel modo peggiore. 
Te ne freghi e gli vai incontro sorridendo.
Alla fine non ti  ha capito e neppure creduto, il problema è suo.

Provi tenerezza guardando che annaspa cercando di darsi un tono pur sapendo di non poterselo proprio dare. 
Provi tenerezza per quello sguardo affamato da adolescente mal cresciuto che si posa su tutte, ma proprio tutte, all'altezza delle chiappe (da 8 a 80 anni bastacherespirino).
Provi tenerezza perché vede tutte belle, giusto per il gusto di sottolineare che son tutte più belle di te.

Te ne freghi e anzi sei magnanima e regali comunque affetto sincero.
Tenti un abbraccio che viene bloccato nel suo slancio da frasi inopportune e arroganti.
Lo dico, ma non sei capita e infatti non accade niente.
NIENTE: ecco quel che è.
Sorridi.

Continui a vedere e valorizzare e a credere a doti che il legittimo proprietario, legittimamente (però che peccato) uccide sotto un mare di atteggiamenti che penalizzano la sua umanità e la sua acerba sensibilità.
Non trovi più la dolcezza che sapevi esistere in quegli occhi. 

E ti meravigli perché alla fine riesci a voler bene sempre e comunque.
Anche a chi ti ha fatto male e non meriterebbe neppure l'ultimo dei tuoi pensieri. 
Anche a chi ti dice di volerti bene e non sa proprio dimostrartelo manco con uno sguardo di sincera lealtà.

Ma tu, scioccamente e senza nessuna convenienza, sei stupida e bionda e vuoi bene sempre e comunque.
Forse anche di più. 
E questo, per quanto fuori moda e controproducente, non lo cambieresti mai di te. E infatti ti chiamano "bischera".

Poi torni lì in quella situazione rarefatta.
Non ci sono le candele di poche ore prima, manco per far caldo oltreché fuoca luce.
Senti parole vuote che smetti di ascoltare, ripicche vuote che non ti va di dibattere.

Con un po' di dolore guardi quelle mani agitarsi nell'aria. In un'aria vuota e vuote come l'aria. 
Sono mani dotate di grandi capacità.
Saprebbero far tanto se solo avessero voglia di stringer altre mani, condividere, crescere, capire, amare ogni cosa in un giorno qualunque e - prima di tutto - amare se stesse.
Saprebbero regalare bellezza e vita.
Peccato.
Peccato perché, adesso, sai che tu non puoi farci più niente. E sì che ci hai provato.
E sì che non arrivato manco un cenno che potesse dimostrarti che si era capito che ci avevi provato.

Sarebbe stato tutto perfetto se solo ci fosse stato rispetto.
Ma il rispetto non si insegna e non si impara.
Continuerai ad amare da lontano quel destino che punta verso il nulla e che tu (con straordinaria ammirazione) immaginavi diretto verso le stelle più alte e più belle del cielo.
Da lontano sì: tu, adesso, sei in viaggio verso altrove.

mercoledì 21 marzo 2012

Post-it / 16 c'è una sola parola per dire tutto questo

C'è un modo originale per evitare di pronunciare la parola "scusa".
Il modo è aggredire.
Aggredire significa metter lì una serie di cose che ti avrebbero irritato e far passare in secondo piano il tuo errore. Farlo scivolare via. Far in modo di farlo dimenticare.
Alla fine è la parte offesa quella colpevole di tutto. Anche dell'esistere.
Non so se è una tecnica codificata nei manuali di sopravvivenza, ma so che è molto diffusa.
Con me non "attacca". L'ho scritto su un post-it giallo limone.
Se devo chiedere scusa lo faccio e dico solo una parola "scusa".
Se devono chiedere scusa a me, mi aspetto che si usi solo una parola: "scusa".
Perché c'è una sola parola per dire tutto questo...

martedì 20 marzo 2012

Epifanie / 13

Oggi le comiche. peccato che fanno piangere e non ridere.

E' bello vedere come chi è innamorato protegge l'oggetto del suo innamoramento.
A costo di spianare la madre e ogni affetto più caro.
La protezione prima di tutto!
Una protezione che diventa manipolazione e cecità. Anche cattiveria alla lunga.
E così l'oggetto tanto amato perde occasioni, anche importanti per la sua persona.
E così l'innamorato ci rimette di dignità. E non bastano le scuse.
Peccato. 

Non si finisce mai di imparare e di scoprire che, anche se ti eri vista simile a qualcuno, per fortuna tu sei proprio un'altra cosa.
C'è chi in termini dispregiativi ti ha definito "fenomeno". Può essere. va bene così.
Quanta miseria nell'animo umano.

lunedì 19 marzo 2012

Per l'anima / 18

Semplice e Chiaro

E' semplice, è chiaro,
comprensibile a tutti:
tu non m'ami affatto,
mai amerai.
A che dunque trascinarmi
dietro un estraneo,
a che dunque ogni sera
per te pregare?
A che, abbandonando l'amato
e il ricciuto pargoletto,
la casa abbandonando
e il paese natio,
come accattona vo raminga
in una capitale d'altra terra? 
Oh, che piacere per me
pensare che ti rivedrò!

Anna Achmatova 

CONSIGLI NON RICHIESTI / 7 non rileggere, talvolta manco leggere

Non rileggete mai certe mail.
Soprattutto quelle ricevute da gente permalosa che scrive cose abominevoli senza accorgersene e che ti spinge a scrivere cose orribili senza manco pensarci su.
Soprattutto quando dovrebbero iniziare e finire con la sola parola "scusa", meglio rafforazata da un "-mi"e invece iniziano con frasi del tipo "ci son rimasto male perché tu..."
Meglio sarebbe non leggerle proprio certe mail.
Neppure una volta. Ma rileggerle...è veramente imperdonabile!
Tocca di scoprire che tu - che solo due minuti prima andavi bene per tutto-  non vai bene per niente.
Esempio: per l'amicizia, per il sesso, per il lavoro, per la fiducia, per la stima.
Ci trovi anche scritto su che "non si può piacere a tutti".
Chapeau!
Per il Nobel per la letteratura manca giusto la nuovissima intuizione per cui "le mezze stagioni non esistono più".
Un dettaglio che è sfuggito per puro caso. Peccato!
Ma per il Premio Pulitzer siamo ancora in corsa....

domenica 18 marzo 2012

Poi viene il giorno / 3

Poi viene il giorno che si fa notte e davanti a una bottiglia di vino bianco, ignara di San Patrizio, due occhi ti guardano dentro gli occhi e una voce calda e dolce ti dice emozionata: "sai che tu sei una persona straordinaria?"
Silenzio. Sospiri. Sorrisi.
Si, lo so.
Oggi, adesso lo so.

sabato 17 marzo 2012

da sola

io cerco solo il vento e una scogliera






RIFLESSIONI 39 / i veri stronzi

I veri stronzi si fanno di spritz  (Lo Stato Sociale - Seggiovia sull'Oceano)

I veri stronzi si fanno di bugie che diventano vangelo.
I veri stronzi si fanno di frittate sempre girate ad uso lava coscienza.
I veri stronzi si fanno di gesti apparentemente generosi ma motivati da infantilismo, da bieco egoismo.
I veri stronzi si fanno di pose sparate, poesie a memoria, canzoni citate.
I veri stronzi si fanno di feste, musica, filosofie indiane e indie.
I veri stronzi si fanno paladini di una purezza irrimediabilmente macchiata.
E poi...

I veri stronzi hanno sempre ragione e sanno sempre come farti passare da essere sbagliato.
I veri stronzi prendono senza mai dare.
I veri stronzi se ne vanno senza dire ciao ma si risentono se tu non saluti.
I veri stronzi sanno che possono tutto e chi se ne fotte dell'universo.
I veri stronzi sanno che devono aver paura solo di chi è più forte di loro.
I veri stronzi guidano una fiat duna come fosse un suv
I veri stronzi quando devono chiedere scusa a qualcuno in genere dicono che sono offesi a morte da quel qualcuno.
I veri stronzi lasciano il posto alle vecchiette sul tram, il posto alla vecchietta in fila alla posta e passano sopra alle vecchiette che stirano loro i panni (sporchi).

I veri stronzi sono persone alternative di fuori, irrimediabilmente bigotti di dentro.
I veri stronzi si accorgono sempre dopo che sei sposato, che hai 40 anni, che hai una vita.
I veri stronzi sanno dire porcate letto ma poi odiano (per carità) chi dice volgarità e parolacce.
I veri stronzi sanno far male e lo fanno passare come un piacere che ti fanno.
I veri stronzi ti regalano pillole del loro tempo nullo e inutile e vuoto.
I veri stronzi non vogliono impegnarsi perché hanno da fare, dicono loro.
I veri stronzi non vogliono impegnarsi perché è evidente che hanno paura e sono incapaci.
I veri stronzi vogliono i tuoi sorrisi per riempire il loro nulla.
I veri stronzi guardano solo che tu sia lì senza mutande, non guardano l'anima di chi le indossa. 

I veri stronzi hanno un'ossessione per le mutande.
I veri stronzi pensano sempre che tu sia lì senza mutande, perché pensano che l'amore sia farti stare lì senza mutande, perché pensano che il rispetto sia farti stare lì senza mutande, che la bellezza sia farti stare lì senza mutande.

Però, i veri stronzi non sanno che io non porto le mutande.




mercoledì 14 marzo 2012

Poi viene il giorno / 2

Poi viene il giorno del mal di stomaco, delle lacrime a fior di pelle, della rabbia che ti tira come una corda di violino. 
Quello in cui l'universo dovrebbe andare a fare in culo senza se e senza ma. 
Quello in cui parli, parli, parli ma, evidentemente, non dici nulla di comprensibile per nessuno.
Quello delle urla e dei silenzi, delle delusioni e delle arrabbiature davanti alle quali manco puoi piangere o prendere a calci nessuno, perché hai da consolare qualcun'altro come te.
E ti prendi cinque minuti per sfogarti in silenzio davanti a un pc mentre sorridi e saluti chi ti gira attorno, come niente fosse. 

E pensare che questa capacità di starci dentro costi quel che costi qualcuno la chiama "responsabilità".
Dicono anche sia una bella qualità.
Io da oggi la voglio chiamare bischeraggine, perché la domanda è: "ma chi cappero te lo fa fare?"


Poi ci ripensi. 
Di fatto non digerisci tanta maleducazione e arroganza.
Di fatto non sei più capace di perdonare chi non si rende conto di quanto è violento nel rapportarsi al prossimo. Una violenza sottile, raccontata e servita come debolezza atta a smuoverti dalle budella la più pura "pietas" di latina memoria. E tu giù che ci credi. Giù che ti lasci coinvolgere. E ami senza limiti ogni cosa.

Ma i limiti te li ribadisce la realtà: in una giornata come oggi si arriva fino all'assurdo. 
Il più depresso della schiera si sveglia al mattino e ti taccia di esser psicologicamente ed emotivamente instabile.
Come? Alla fine saresti tu quella instabile? Mavaffanculo!
Minchia! Quanto coraggio.

Certo, un bel vaffanculo è liberatorio, sarebbe la soluzione più rapida e indolore. 
Perché, miseria cane, a te non basta? Che maledetto vizio è quello di ricavarne la morale?
Ti dicono "ti voglio bene" e frattanto ti accoltellano. Si, perché ovviamente vogliono più bene a Sara, Alessandra, Roberta, Barbara, Andrea, Michele, Luigi e Nicola etc etc etc. Tu vieni dopo, anzi: tunonvieniperniente! (tuttoattaccato)
Te lo dicono in faccia. 
E invece di rispondere mavaffanculo, ci resti proprio male di esser stata ancora una volta incompresa, ci resti male di venire sempre ultima in fondo alla fila quando c'è da prendere e prima, davanti alla fila quando c'è da dare.
Perché poi "ti voglio bene" non significa una mazza fionda se non ti viene fatto vedere in concreto quel bene.I fatti ci vogliono, altroché. 

E invece niente dolcezza, niente comprensione, niente rispetto o almeno delicatezza, non sono doni per te.
Qui ed ora e anche dopo e più in là, non gliene frega niente, proprio un bel niente, a nessuno della tua rabbia. Di te.
Vomiti fegato e veleno, ma fai un torto solo al tuo stomaco e alla tua persona.
E pensare che questa capacità di sentire male qualcuno la chiama "sensibilità". 
Io da oggi la voglio chiamare dabbenaggine-che-regala-le occhiaie.
Ma c'è un termine più volgare, sebbene molto efficace: sono una cogliona. Ecco, è tutto qui!

Stasera c'è il calcio. C'è una partita che pare importante. 
Si gioca per la Coppa, anche se non ho chiaro quale. Lo sanno i miei straordinari fruttivendoli/tifosi che mi aspettano come si aspetta un oracolo.
"Dimmi, stasera che si fa - mi dice uno - si passa?"
Si. Si. Passerà. 
Tutto passerà.

lunedì 12 marzo 2012

***incidenti

Pagliaccio, buffone, clown, in una camera d'albergo, nel letto di un qualcuno, addosso a un corpo qualsiasi.
Buffone, pagliaccio, clown, con cicca in bocca e tono da sbruffone a spiegare l'ABC di una vita che hai sentito dire.
Clown, buffone, pagliaccio, con la mano sulla patta a misurar quanto sesso puoi, hai, vuoi.

Qual è l'arte di difendersi da tutto questo niente?
Tu che sai tutto, saprai anche questo.

Qual è l'arte di difendersi da tanta solitudine?
Tu che possiedi tutti a tuo comando, saprai anche questo.

Qual è l'arte di difendersi da tanto egoismo?
Tu che confondi rispetto e disprezzo, saprai anche questo.

Insegnami a soggiornare nell'animo altrui gratis o almeno con tariffe low cost.
Insegnami a scassinare con destrezza carni e pazienza che non son mai le tue.
Insegnami a costruire, compiacendomi, meravigliosi cumuli di macerie.
Insegnami a sfamare le mie voglie di vita senza preoccuparmi della vita che mi sta attorno.
Insegnami a non avere mai rimorsi, mai rimpianti, a non provare nessun dolore come se tutto ciò che a che fare con la sensibilità fosse questione di puro vocabolario.
Insegnami a vedere solo me.

E poi, se mai ti avanza tempo, spiegami cos'è la paura, cos'è la bellezza, cos'è l'amore.
Magari mi convinco che son solo frottole.

Invece, non dirmi niente della solitudine, della disperazione fatta stile di vita e della tristezza: mi basta guardare te.

Sono solo incidenti.

sabato 10 marzo 2012

io salto




Poi viene il giorno / 1

Poi viene il giorno che scopri che non gliene frega niente a nessuno. 
Non gliene frega niente a nessuno di provare ad esser almeno un po' coerente con quello che dice.
E tu che hai bevuto -credendoci- ogni parola, ti senti del tutto imbecille.
E così, l'ennesimo buon umore dell'ennesima bella giornata se ne va a puttane grazie alla ben poca grazia del più indelicato rappresentante di quel folto e nutrito esercito di coloro che ti vogliono bene ma solo quando e come fa comodo a loro.
L'imbecille sottoscritta ringrazia sentitamente.
Si impara sempre da tutto.

giovedì 8 marzo 2012

Post-it / 15 festa della donna

Poi viene la festa della donna.
Ma la donna è una festa tutti i giorni.
Quando ama, quando odia, quando è appassionata, quando è stanca, quando crea, quando sogna, quando è stronza, quando è generosa, quando è capricciosa, quando è vecchia, quando è piccola, quando è coraggiosa, quando è madre, quando è figlia, quando si offre, quando sbaglia, quando è piacere e quando è dolore, quando è compagna e quando è compagnia, quando è pace e quando è guerra.
Quando è vita, perché è la vita a costo della vita.
Sempre. Anche quando non lo sa. Anche quando non ci riesce. Anche quando le è impedito.
La donna è una festa anche quando è triste, perché festa è una parola femmina.
E se non ci fossero le donne non potrebbe esserci festa.
E non provateci nemmeno a dire che non è così!

sabato 3 marzo 2012

***Alfama

Dalla terrazza punta lo sguardo sull'Oceano: blu su blu. Non si vede altro che una distesa d'acqua, nessun confine, nessun limite, nessuna barriera.
Annusa il profumo del mare e pensa: "Forse è così che si dovrebbero guardare i fatti della vita, senza metter confini, limiti, barriere. Senza conformismo né staticità. All'infinito. In perenne movimento".
E sente una fitta al cuore ma non sa se è dolore o felicità.

Epifanie / 12

Ora so. Ora lo so.
Sarebbe stato tutto perfetto: il luogo, i colori, le persone, i profumi, i suoni, questo tetto, la luna.
Ora so, per l'ennesima volta, che mi fido troppo di troppi perché non imparerò mai a dosare la mia maledetta indole generosa.
Ora so che ho di nuovo e con leggerezza regalato anima (la mia) a chi non sapeva che farsene. E ha ragione il mio amico quando dice di pentirsi del tempo perso dietro ad alcune persone che all'improvviso si rivelano poco "persone" e molto "gente".
Ora so che non ne sarebbe mai valsa la pena. Restano pochi minuti e i lividi di una passione calcolata, simile alla schiuma che scivola via dalla pelle e lascia appena l'odore.
Ora so che le bugie uccidono soprattutto chi le dice, quei disperati che non sanno guardarsi allo specchio per la paura di vedersi proprio come sono. Quei disperati che parlano d'amore, sanno cos'è l'amore e vogliono bene a tutti ma alla fine non ne vogliono a nessuno, manco a loro stessi.
Ora so che l'egoismo bieco e spietato è l'anticamera certa della solitudine più buia. 
Ora so come sono occhi che apprezzano, sorrisi che apprezzano, sospiri che apprezzano.
Ora so che c'è tempo e tempo. E so che adesso è un buon tempo.
Ora so che nessuna notte potrà essere così compiuta e pulita e dolce come questa, una notte con una luna beffarda attaccata a un tetto colorato, una notte piena di vita che respira una nuovissima aria piena di primavera.
E non avrebbe potuto essere più bello di così. Ora lo so.