mercoledì 14 marzo 2012

Poi viene il giorno / 2

Poi viene il giorno del mal di stomaco, delle lacrime a fior di pelle, della rabbia che ti tira come una corda di violino. 
Quello in cui l'universo dovrebbe andare a fare in culo senza se e senza ma. 
Quello in cui parli, parli, parli ma, evidentemente, non dici nulla di comprensibile per nessuno.
Quello delle urla e dei silenzi, delle delusioni e delle arrabbiature davanti alle quali manco puoi piangere o prendere a calci nessuno, perché hai da consolare qualcun'altro come te.
E ti prendi cinque minuti per sfogarti in silenzio davanti a un pc mentre sorridi e saluti chi ti gira attorno, come niente fosse. 

E pensare che questa capacità di starci dentro costi quel che costi qualcuno la chiama "responsabilità".
Dicono anche sia una bella qualità.
Io da oggi la voglio chiamare bischeraggine, perché la domanda è: "ma chi cappero te lo fa fare?"


Poi ci ripensi. 
Di fatto non digerisci tanta maleducazione e arroganza.
Di fatto non sei più capace di perdonare chi non si rende conto di quanto è violento nel rapportarsi al prossimo. Una violenza sottile, raccontata e servita come debolezza atta a smuoverti dalle budella la più pura "pietas" di latina memoria. E tu giù che ci credi. Giù che ti lasci coinvolgere. E ami senza limiti ogni cosa.

Ma i limiti te li ribadisce la realtà: in una giornata come oggi si arriva fino all'assurdo. 
Il più depresso della schiera si sveglia al mattino e ti taccia di esser psicologicamente ed emotivamente instabile.
Come? Alla fine saresti tu quella instabile? Mavaffanculo!
Minchia! Quanto coraggio.

Certo, un bel vaffanculo è liberatorio, sarebbe la soluzione più rapida e indolore. 
Perché, miseria cane, a te non basta? Che maledetto vizio è quello di ricavarne la morale?
Ti dicono "ti voglio bene" e frattanto ti accoltellano. Si, perché ovviamente vogliono più bene a Sara, Alessandra, Roberta, Barbara, Andrea, Michele, Luigi e Nicola etc etc etc. Tu vieni dopo, anzi: tunonvieniperniente! (tuttoattaccato)
Te lo dicono in faccia. 
E invece di rispondere mavaffanculo, ci resti proprio male di esser stata ancora una volta incompresa, ci resti male di venire sempre ultima in fondo alla fila quando c'è da prendere e prima, davanti alla fila quando c'è da dare.
Perché poi "ti voglio bene" non significa una mazza fionda se non ti viene fatto vedere in concreto quel bene.I fatti ci vogliono, altroché. 

E invece niente dolcezza, niente comprensione, niente rispetto o almeno delicatezza, non sono doni per te.
Qui ed ora e anche dopo e più in là, non gliene frega niente, proprio un bel niente, a nessuno della tua rabbia. Di te.
Vomiti fegato e veleno, ma fai un torto solo al tuo stomaco e alla tua persona.
E pensare che questa capacità di sentire male qualcuno la chiama "sensibilità". 
Io da oggi la voglio chiamare dabbenaggine-che-regala-le occhiaie.
Ma c'è un termine più volgare, sebbene molto efficace: sono una cogliona. Ecco, è tutto qui!

Stasera c'è il calcio. C'è una partita che pare importante. 
Si gioca per la Coppa, anche se non ho chiaro quale. Lo sanno i miei straordinari fruttivendoli/tifosi che mi aspettano come si aspetta un oracolo.
"Dimmi, stasera che si fa - mi dice uno - si passa?"
Si. Si. Passerà. 
Tutto passerà.

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