Una fotografia e sei in un interno. Sei proprio lì, in quella stanza: senti l'odore. Quel misto di profumi che ti ha segnato l'anima, perché pensavi fosse casa, o così ti avevano fatto credere.
Un bel soggiorno accogliente fatto di luce anche quando la luce non c'è.
Un soggiorno con un divano e pieno di oggetti e significati. Bicchieri, dischi, libri, fogli, chiavi, menta e basilico. E ancora. Caffè, incenso, candele talvolta, cartoline, bigliettini e calamite.
Un tavolo su cui mangiare, lavorare, fare l'amore.
Un tavolo che è caldo come il legno di cui è fatto
Quello è un mondo intimo fatto di complicità, disponibilità, sincerità: la tua almeno.
Poi ti svegli e torni al presente.
L'onda di tenerezza si vela di delusione: quel tempo era fuori tempo già allora e tu eri un riempitivo fuori moda già allora.
Non significavi niente.
Ripensi a quel tavolo e ti accorgi che ha fatto bene il suo lavoro: è servito soltanto a consumare.
E si è consumato di tutto lì sopra...
Le migliore delle pietanze servite: paté della tua persona con macedonia dei tuoi migliori sentimenti.
Pare che il commensale se ne sia nutrito con voracità anche se non ricorda neppure se ha o meno gradito.
Sorridi.
Anche questo esser sempre coi pensieri fuori luogo lo chiamano vita.
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