lunedì 2 maggio 2011

Quando l'amore è un'alba sconosciuta (Angelo della nebbia - Luciano Ligabue)

Aveva osservato ogni tipo di alba. Quelle piene di nebbia e foschia, grigie, quelle nere e buie, quelle rosse, quelle rosa, quelle gialline, quelle bluastre, quelle piovose, quelle dove il sole sembra scaldare.
E alla fine ci sperava ogni volta che arrivasse un po' di sole caldo.
Aveva soprattutto osservato ogni tipo di luna. Ogni fase della luna che mese dopo mese era più o meno alta nel cielo. Più o meno luminosa.
Conosceva ogni rumore della strada di notte. Conosceva il popolo della notte in periferia. Conosceva ogni parcheggio non troppo decentrato e neppure troppo buio, dove poter sostare con relativa tranquillità. 
Capitava sempre più spesso e per motivi svariati che di notte si trovasse a "viaggiare" con la sua auto e con la sua testa. Poi si fermava in uno di questi "parcheggi con vista" e perdeva un po' di tempo con carte e telefoni. 
 Alla fine arrivava la stanchezza e cercava il riposo sui seggiolini: coperta, bottiglia d'acqua e anche un piccolo cuscino. Un paio d'ore di torpore, che di dormire non se ne parlava proprio.
Sì, perché era così stanca che anche dormire era diventata una fatica inaudita. 
Poi, all'alba, via di ritorno verso una specie di casa, una doccia calda, una tazza di caffè leggero ed era tempo di rifarsi il trucco e buttarsi a pesce in una nuova giornata.

Certo, era da un bel po' che non era esattamente "un bel periodo" ma che avesse la forza di sopportare tanto a lungo, Lei non se lo immaginava. 
E comunque la forza l'aveva trovata. Per il momento era ancora viva, capace di pensare e fare e organizzare, sebbene nelle angustie delle avversità.
Aveva cercato e immaginato mille soluzioni. Ma non c'era niente da fare: o vendersi al miglior offerente e chiudersi in una nuova prigione fatta di debiti&ricatti, o aspettare un'alba finalmente ben illuminata e riscaldata dal sole.
L'aveva presa a ridere e se l'era fatta piacere così.

Lui se n'era andato molti anni prima, sebbene il suo fantasma di carne ancora occupasse e rendesse sempre più invivibile ogni spazio.
Altri Lui le avevano preso (più spesso rubato), quello che Lei in maniera assolutamente autolesionista ma sinceramente generosa aveva loro offerto o anche semplicemente prestato.
Di fatto, per un bel po', aveva creduto possibile di trovare qualcuno motivato ad amare tutto quel che Lei adesso era, ed aspettare che Lei tornasse ad essere Lei.
Ma quelli che ne sapevano di cosa davvero fosse Lei? 
L'avevano conosciuta già delusa, impoverita. 
E nessuno coglieva nei suoi occhi e nei suoi gesti la voglia, la speranza, la gioia che ogni volta Lei cercava di far rivivere. Nessuno la guardava davvero per quel ciclone di vita che era, neppure quando - nonostante tutto- era Lei ad aiutare e capire e accudire loro.
Così aveva dovuto rassegnarsi all'idea che nessuno poteva amare quel caos e li aveva visti scappare tutti. 
Prima o poi. Scappare.
Lei, aveva sofferto per tutti. Per quelli che aveva amato e per quelli che aveva solo pensato di amare.
Ogni volta si era consumata di perché. Ma un perché non c'era mai. Non era amore. Tutto qui.
E adesso le restavano quella piccola utilitaria, la notte, la luna e l'alba. 
E questo era lì, tutto per Lei. Uno spazio in cui era sola per scelta.

Restò di sasso quando in quell'alba di primavera si accorse che una persona la stava aspettando.
Sapeva che nessuno poteva vederla quando si appisolava dentro la sua utilitaria. 
Che diamine: quei bellissimi oggetti che si mettono ai vetri per impedire al sole di entrare li avevano inventati per Lei!
Eppure quell'uomo stava lì, a pochi metri dalla sua macchina, appoggiato ad un'altra macchina, immobile nel freddo del mattino. E guardava fisso verso di Lei, o meglio, verso la sua auto.
Lei si spaventò. 
In pochi secondi pensò al da farsi. Le veniva solo in testa di scappare. Cercò il telefono: e per chiamare chi?
Niente da fare: era sola. 
Liberò completamente i cristalli. Inutile perder tempo.
Mise in moto fingendo calma ma sentiva solo il battito accellerato del suo cuore.
Lui a quel punto si mosse. Le fece cenno di stare ferma. E mentre lLi tentava di fare manovra Lui le chiese di aspettare, di non avere paura, che voleva parlarle un attimo perché la conosceva. 
Pronunciò il suo nome. 
"E che ne sa questo del mio nome, di me?"
Provò a placarsi e ragionare. Alla fine era un giovane uomo senza armi, dall'aspetto perbene. L'avesse incontrato alle 11 del mattino o alle 16 del pomeriggio non avrebbe reagito così. 
Lasciò il motore acceso e aprì appena il finestrino.
"Chi sei, che vuoi?" le chiese in maniera aggressiva.
Lui si affrettò a presentarsi e le mostrò un tesserino che attestava che era un poliziotto.
Anche se non aveva commesso reati l'ansia di Lei, se possibile, crebbe.
Lui le disse che andava bene anche se lo lasciava fuori dall'auto, però voleva parlarle un solo minuto.
"Che vuoi?" ringhiò Lei "perchè sai come mi chiamo?"
"Giorni fa - iniziò Lui - una notte ero di servizio con un collega e, se ricordi, ti chiedemmo i documenti, proprio in questo parcheggio. Tu avevi un computer acceso e una piccola pila che ti faceva luce. Mi sembrò strano. Per questo ricordo il tuo nome, ma non il cognome, stai tranquilla".
Sorrise Lui. Lei no, non sorrise ma ricordava certo che ricordava. 
Col motore sempre acceso, aggiunse: "Beh, e allora? Che vuoi?".
"Non è la prima volta che ti vedo passare le notti nei dintorni, in questa auto col computer acceso o con la penna a scrivere...al buio. Con il freddo. Perché?"
"E' proibito forse?" disse Lei ancora sostenuta.
"Il punto non è questo, magari... certo, potrebbero venirti a chiedere spiegazioni, ma non è questo il punto..."
"Scrivo - si affrettò Lei - faccio ricerche per un mio prossimo lavoro. Poi mi viene sonno. Ci viene giustamente consigliato di non guidare se stanchi, così mi metto in marcia solo dopo che ho riposato un po'. Soddisfatto?"
Lui sorrideva, calmo.
"Perdonami, non volevo spaventarti. Ho finito il turno di notte e ho deciso di aspettare per poterti parlare e capire se va tutto bene. Adesso vado a casa. Abito fuori città. Ci metterò un'oretta. Ho una moglie e un bimbo di 8 mesi che mi aspettano..."
Lei stava per aggredirlo con un sonoro "e chi se ne frega" ma le morirono le parole in bocca.
"... se dormi poco e devi guidare, accetta questi. C'è anche il mio recapito. Se hai bisogno,  chiama. E prendi questo lavoro e queste ricerche un po' più alla leggera. Qualsiasi sia la cosa che cerchi non la troverai mica in questa macchina?"
Era una piccola confezione di cioccolatini col caffè dentro. Insieme agli cioccolatini un pezzetto di carta con il suo nome, cognome, l'indicazione dell'ufficio di polizia dove lavorava e il cellulare. Sorrideva in maniera disarmante.
"E che ne sai cosa cerco e dove trovo... Oltre al poliziotto, fai anche il mago e l'angelo custode?"
"Non ci penso proprio - disse Lui -. Scusa se sono stato invadente, davvero. E' che vederti qui, spesso, beh, insomma..."
Lei colse più preoccupazione che curiosità nella sua voce; capì di essere stata scortesee tentò di riprendersi: "volevo dire, grazie, ma davvero va tutto benone. Però grazie. Grazie davvero. Dai vai a casa che adesso vado anche io e saluta tuo figlio...come si chiama?"
"Nicolò. con una sola c".
"Beh, saluta Nicolò" finalmente Lei si distese. 

Lui sparì nella sua auto.
Lei si chiese per un bel po' di tempo il perché di quell'incontro. 
Lui poteva farle mille domande, ma di fatto non le aveva chiesto niente. 
E chissà se davvero era stato sincero. E chissà che voleva davvero. Magari aveva pensato che Lei si prostituisse o chissà cosa...
E chissà perché aveva passato del tempo ad aspettarla.
E chissà, e chissà, e chissà.
Le piacque poi pensare che talvolta c'è gente perbene che si preoccupa del prossimo. 
Lui la credeva in difficoltà. E in effetti, si disse, non è propriamente "un bel momento". In cuor suo, sperò che Lui non se ne fosse accorto affatto: alla fine aveva la sua dignità seppur spettinata e pallida come quell'alba.  

Le restavano cioccolatini al caffè, un nome, un cognome, un pezzo di carta, un numero di cellulare. E la vaga impressione di essere sembrata una perfetta cretina in stato confusionale.
Ma poi, pensandoci bene, non si era sentita giudicata da Lui. 
"Va bene così", si disse. Si mise in viaggio verso casa.

Non lo chiamò mai, ma conservò quel numero.





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