mercoledì 26 dicembre 2012

Lettere & Cartoline / 6

Caro Babbo Natale, finalmente ti puoi riposare e per un annetto sei in ferie!
Sai, mi piacerebbe conoscerti di persona, passare del tempo con te, capire come la pensi di questa cosa che qui chiamano "festività".

Caro Babbo Natale, io non ce l'ho con te. E' il tuo lavoro e, soprattutto di questi tempi, il lavoro è sacro. 
Ce l'ho con tutti quelli che ti "adoperano" per sentirsi "più buoni” per qualche ora. Come quelli che spruzzano il deodorante sull'ascella che puzza di sudore e subito si sentono puliti.

Il fatto è che la gente sembra impazzire in attesa di questa giornata che poi stordisce tutti di cibo e di noia. E invece di "ridimensionare" le aspettative, anno dopo anno, crisi o non crisi, è tutto un gioco a crescere. Bastano un po' di lucine che brillano ad intermittenza e un po' di palle colorate alla fine questa roba grassa la si chiama gioia, festa.

La cosa che trovo più ignobile è che chi non partecipa di buon grado a questo gioco di società nel migliore dei casi viene tacciato di esser depresso.
Ma depresso perché? Perché si rifiuta di far finta di voler bene a parenti che per 364 giorni sono perfetti estranei? Perché si rifiuta di urlare auguri a chiunque per strada, correndo a destra e a manca alla rincorsa dell'ultimo pacchetto? Perché non ha voglia di buttare due bei giorni tra tortellini e panettoni? 
Sia chiaro: viva chi ama il Natale così com'è o come viene. 
Mi inchino davanti a chi coglie l'occasione di riunire i propri affetti intorno a un tavolo o ancor più mi inchino davanti a chi usa questo tempo per dedicarsi a chi ha bisogno. 
Il mio disprezzo è per quella fiera dell'ipocrisia fatta di regole inderogabili che ti vogliono per forza come non sei. 
Le cene degli auguri a cui non puoi mancare, l'albero di Natale che se non lo fai fai peccato, i regali da ricambiare per forza, la zia a cui telefonare anche se non ne ricordi più il volto, il cugino da invitare anche se non ci parli dal 1876, l'amico che devi per forza invitare e chi più ne ha più ne metta.
Vedi, caro Babbo Natale, a me piacerebbe un Natale a modo mio.
Una sorta di pausa dal caos quotidiano, priva di regole e priva di liturgie, fatta per ritrovare sé stessi nel modo in cui uno meglio crede. 
Chi col cappone, chi col cuscino a ciascuno il suo.
Ma quello che mi sembrerebbe ancora più importante è altrove.
Mi piace che in questi giorni tutti si trovino anche involontariamente a pensare (fosse anche  per un nanosecondo) ai cosiddetti "buoni sentimenti" ma prima di ammantare tutto con questa copertina "peace and love", mi piacerebbe che tutti trovassero del tempo per amare sé stessi, coccolarsi un po', farsi un esame di coscienza e rimettere l'orologio della vita puntato giusto al minuto in cui tu sei arrivato col col tuo cammino.
Una cosa per l'anima insomma: ma sia chiaro, niente a che vedere con le cose ecclestiastiche o religiose, ma piuttosto con il sacro. Già il nostro essere sacro, la sacralità della nostra esistenza.


Ecco caro Babbo Natale, alla fine la letterina te l'ho scritta anche io. 
E li sento già quelli che ridono e dicono che questa roba è retorica e scontata. Eh, beati loro che son trincerati e ben difesi dalle loro certezze e dalle loro paure. 
Tu non ascoltarli, neppure se mi deridono. Liberami dai crostini e concedimi la libertà di poter stare con me e con chi fa davvero parte della mia vita.


Io vorrei provare un Natale così.
Ma magari ne riparliamo, tanto abbiamo un anno di tempo!
Buone vacanze!
S.,

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