venerdì 22 luglio 2011

*** di poco, di niente

Di poco si vive, di niente si muore.

Questo diceva la mia zia Argentina.

E aveva ragione, lei che era nata nel 1901 ed era analfabeta e aveva imparato senza l'aiuto di nessuno, a leggere e a scrivere, ricopiando le lettere dai libri o dai giornali o dalle cartoline, quelle che non si usano più.

Di poco si vive, di niente si muore.

Ed è vero sempre: nel borsello, nell'armadio, nel frigorifero, in casa, nel pericolo, nella malattia, nel cuore.
Già, nel cuore.

E tramonto dopo tramonto, luna dopo luna fra poco torna l'inverno e il mare non l'ho ancora visto e manco lo vedrò.
Il fatto è che perdi pezzi e non te ne accorgi. Perdi pezzi di quel poco che ti basterebbe per vivere. Di quel poco che ti nutre il cuore, l'anima, i sogni.

Ieri ad un uomo che ha davvero tutto e di più e che faceva il compleanno, ho augurato di avere sogni all'infinito.
Non me l'aspettavo: nonostante i suoi mille impegni mi ha risposto con un messaggio personale e affettuoso. Forse da tempo nessuno gli augurava di avere sogni.

Di poco si vive, di niente si muore.
Sì, si muore anche se si ha tutto.
Perché avere tutto senza quel poco che serve è come non avere niente.

A forza di costruire la realtà, il quotidiano, si perdono pezzi: ci si dimentica che l'affetto passa anche dalla carne, che va carezzata, abbracciata, annusata. Ci si dimentica che la fantasia deve stare in quel poco che ci basta a vivere. Ci si dimentica che una parola, un po' di tempo, un po' di attenzione spostata da se stessi su qualcun altro ci fa sentire meno soli.
E invece si parla sempre e solo di ciò che siamo, ciò che vogliamo, ciò che facciamo. Il resto non ci interessa. Non ci interessano le "lagne" altrui.

Io per una serie di vicissitudini mi trovo a tacere da un po'. E guardo, ascolto la gente, osservo.
Osservo chi mi cerca per bisogno e chi lo fa per amore e chi non lo fa per niente perché lo faccio sempre e solo io.
E allora adesso scelgo, talvolta con dolore, quel poco che poi mi serve a vivere e lascio andare via cosa e chi succhia tempo ed energia.
Magari perderò qualcosa, qualcuno che ho sopravvalutato, ma sarà il dolore di un attimo, perché quella è solo zavorra che lascio lì.
Quel famoso essenziale che è invisibile agli occhi, alla fine verrà con me.

Me lo ha insegnato zia Argentina: di poco si vive, di niente si muore.
Lei si è spenta a 98 anni, ne avrà ben saputo qualcosa!
Fino a 96 faceva salti con la corda e cercava di rispondere in inglese al telefono ai miei amici "stranieri" (come diceva lei), quando io non c'ero. Aveva imparato a memoria due frasi: "Sonia is not here" "call later". E aggiungeva "io 'un intendo niente".
'Un intendeva niente, però aveva capito la vita senza aver viaggiato, letto, studiato, incontrato gente, forse senza manco aver avuto la possibilità di uscire di casa.
La sua "bibbia" era il "Sesto Cajo Baccelli", un lunario stampato per gli agricoltori arricchito con un po' di proverbi e con il calendario delle fiere e dei mercati. Non era il Siddharta, ma a lei bastava.
In Toscana si pubblica ancora ogni anno e io lo compro in ricordo di lei, ma non riesco a capire che cosa ci trovasse di utile per il suo sapere... e questo la dice lunga di quante cose ho ancora da imparare!
Guardava soprattutto la luna, lo faceva con mio nonno, suo fratello, e io già piccola mi infiltravo tra loro.
"Nonno Nano, la nuna" (trad: Nonno Severiano, la luna).
Avrò avuto due tre anni ma ricordo che loro ne parlavano come una cosa che si tocca, con cui si tratta, con cui si discute. Una roba animata, che puoi convincere o persuadere.
Poesia e concretezza. Ci leggevano tante di quelle cose che nessun libro potrà mai insegnarmele.
E io credo sia questa l'essenza di quel poco di cui si vive.

Chissà se sarò capace di avere gli occhi di zia Argentina che anche se appesantiti da occhiali spessi e buffi fino alla fine hanno visto lungo.
Chissà se saprò apprezzare quel poco con cui si vive.

Perché di poco si vive, di niente si muore.

1 commento:

  1. A chi non è capitato nella propria vita di incontrare una zia Argentina? Un parente, un amico, un vicino di casa. Quelle persone che affidano la propria saggezza, vissuta, ad una frase, spesso consumata, ma che molto racconta del loro passato…
    Avere tutto senza quel poco che serve è come non avere niente, ma quanta strada dovremo ancora fare prima di rendercene conto e decidere che forse sarebbe il caso di fare qualche passo indietro?
    M.

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