lunedì 14 febbraio 2011

Quando l'amore sembra destino (Il trio per archi e pianoforte di Schnittke)

Dal palchetto centrale del primo ordine li vedo bene. Siedono in platea, tra il pubblico.
E io non riesco a non guardarli.
Guardo la nuvola bionda dei riccioli di Lei appoggiata, anzi, abbandonata morbida sulla spalla di Lui che le siede a destra.
Lui di capelli ne ha molti meno. Si inizia a vedere un po' di “piazza” come si dice da queste parti, eppure hanno la stessa età. Erano compagni di liceo.
Il trio per archi e pianoforte di Schnittke sembra perfetto per la loro storia di amore.
Una storia che si muove a tempo di rock e di musica da camera, che condivide la passione per l'arte.
Una storia “minima” ma anche straordinaria.
Comunque unica, come tutte le storie d'amore.
Lei è bella come quando, non ancora conseguita la maturità, divenne madre del suo primo figlio. Una madre bambina. Lui la guarda come la guardava allora, ed è seduto lì al suo fianco come a scuola le sedeva accanto di banco.
Ma non è Lui il padre dei figli di Lei. Lei a quel tempo non lo “filava” neanche. Lo trovava “bruttino”.
Si innamorò infatti di un ragazzo più semplice, con cui condivideva meno interessi, ma con cui fece famiglia. E non perché rimase incinta. No: Lei lo amava davvero. Tant'è che dopo più di dieci anni nacque la loro seconda creatura.
Nonostante la fatica di esser madre Lei aveva continuato a studiare e si era laureata come Lui ma molti anni dopo. E poi specializzata. E nonostante le gravidanze il suo corpo era sempre ed è sempre bellissimo.
Lui nonostante il marito, i figli, gli anni che passavano, non aveva mai smesso di starle accanto.
Come un amico. Ma accanto. Senza chiedere niente. Ma accanto.
Lui collezionava fidanzate più o meno “durature” sin tempi del liceo, e aveva iniziato a suonare rock in una band della città.
Ma nonostante quelle ragazze e le convivenze, ci viene da pensare che in cuor suo non aveva mai rinunciato a Lei.
Si capiva da come la guardava, da come le offriva il caffè, da come le rivolgeva la parola anche anni dopo, quando dai banchi di scuola si ritrovarono accanto attorno a un tavolo di lavoro.
Fu lì che Lei, una bella mattina, dette notizia della sua seconda gravidanza. E Lei era felice, mentre Lui moriva dentro, ma era felice per Lei. E continuava a aprirle la portiera della macchina ad accompagnarla a casa, ad aiutarla nel lavoro perchè non si stancasse troppo durante quei nove mesi.
Riusciva anche a farsi piacere il marito: davvero un brav'uomo sì, sebbene un uomo senza nessuna evidentissima qualità straordinaria che però -capperi- era riuscito a far sua tanta meraviglia.

Le note di Schnittke continuano ad accompagnare i ricordi. I miei ricordi.
Quelli di una morte e di una palingenesi.
E ricordo il marito, tesissimo e triste, che mi diceva che Lei aveva deciso di separarsi e che era disperato.
E mi ricordo di Lei che mi diceva di essersi resa conto di non amarlo più, il marito, dopo vent'anni quasi.
E mi ricordo che Lei che diceva tra parole e lacrime di aver scoperto che sì, avevamo tutti ragione.
Che sì, Lui era ancora innamorato di Lei.
Che sì, Lei per la prima volta in quasi trent'anni si rendeva conto di amarlo, sì di amare Lui proprio Lui, quello che era solo un amico.
Un amico speciale pieno di attenzioni che ra rimasto sempre lì perchè Lui, pur innamorato da sempre e sofferente per non esser ricambiato, era pronto a tutto pur di vederla sorridere.
E certo, adesso che Lei ci pensava bene, si rendeva conto che Lui aveva provato a mettersi l'animo in pace tante volte, ma... ma mai aveva smesso di guardarla come la guardava.
E come ancora la guarda.

E poi ricordo che il marito aveva fatto una nuova famiglia e trovato pace, che Lei e Lui avevano deciso di vivere insieme e finalmente per tutti c'è serenità.

Nel buio del teatro la testa bionda di Lei ogni tanto si muove e si aggiusta sulla spalla di Lui, come a riposarsi e a trovar finalmente pace dopo tanta fatica. Lì è la sua casa. Di Lei.
Lui ad ogni movimento di Lei si volta appena a guardarla e la luce del palcoscenico riflette sui suoi occhiali. Lì è la sua casa. Di Lui.

Silenzio dopo l'ultima nota.
Pausa. Applausi.
Guardo nel buio loro due ancora per un attimo, che poi la luce si accende e porta via i ricordi.
Come sono belli!
Allora è vero che -qualchevolta- questa cosa chiamata amore può essere una favola a lieto fine?
Boh, io non lo so. Davvero. Non lo so.

Visto da questo palchetto centrale del primo ordine, l'amore di Lui e Lei sembra viaggio, attesa, coraggio, pazienza.
Sembra destino. Ecco.
Destino.
Il concerto è finito. Fuori fa freddo. Saluto e sorrido.
Col sorriso me ne vado verso la notte -che adesso sembra meno fredda- di un freddissimo venerdì di dicembre.

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