venerdì 25 maggio 2012

Quando l'amore e' una carezza flebile (le cuffie di un I-pod recuperate dopo un frontale)

Mentre beveva un po' di acqua, realizzava che era successo proprio a Lei.
Quel giorno era tutta intenta a sbrigar lavoro per poi correre a prepararsi per una festa. La mente quasi in "vacanza" e il sole finalmente deciso.
Quella telefonata non se la poteva immaginare.

Ma nessuno si immagina una telefonata come quella.
Soprattutto quando una storia e' finita da tempo e non si sa bene come stanno le cose tra i due.
Ma un'amica di Lei, che per puro caso giorni prima aveva incontrato Lui rievocando i vecchi tempi, aveva deciso di avvertirla, per scrupolo. Con garbo.
E adesso che Lei riattaccava il telefono, nella sua testa si spegneva la luce.
A chi poteva chiedere?
Lui in città aveva solo due amici. I suoi vivevano lontanissimi, erano anziani e chissà se sapevano.
E in quel momento buio totale, non le venivano in mente manco i nome di quei due.

Poi, con molta fatica, e in modo rocambolesco, era riuscita a sapere che si', si trattava proprio di Lui. E che, come quella mattina era scritto ampiamente nei giornali locali, dopo quel tremendo frontale i soccorsi avevano impiegato due ore a estrarre il ferito dalle lamiere.
Poi il traffico era tornato regolare.
Ok. Adesso doveva tornare regolare il battito del cuore di Lei e di conseguenza lo scorrere del sangue.

Appena radunate le idee era salita in macchina ed era arrivata in ospedale.
In quei minuti di viaggio aveva pensato a loro due, ai loro anni di silenzio, ai rancori, alle scuse, alle lacrime versate, alle bugie, ai dispetti, alle richieste di perdono e al gran bene che alla fine vince sempre.
Pochi giorni prima si erano promessi anche una cena.
Avevano scherzato su bicchieri da rompere e altre amenità da dirsi.

Varcando la porta di quella piccola stanza bianca dove Lui ormai si trovava da 24 ore si senti' stringere il cuore. Corpo coperto da una specie di camice verde, pieno di tubi. Aveva già subito il primo intervento e aveva la mandibola bloccata da una maschera. Una gamba immobilizzata. Il torace pure. Respirava male.
Lo guardo', era ancora sporco di terra e sangue. Non potevano muoverlo per lavarlo. E avrebbero dovuto operarlo ancora nei giorni a venire.
Erano li' anche i due amici, impotenti. Nessuno sapeva con esattezza come fosse il quadro clinico. Nessuno era pratico sul da farsi. Il piu' informato era il vicino di letto.

Lei dovette trovare altro coraggio, non avendone più da un pezzo, ormai.
Respinte le lacrime in fondo allo stomaco, aveva sfoderato un sorriso.
Lui reduce dal primo intervento, tumefatto, sedato, aveva socchiuso gli occhi e aveva provato a fare lo stesso.

"Ma che combini?" disse Lei
"Grazie, sei qui" tento' di dire Lui e mentre provava a parlare scendevano lacrime.
"Non dire niente" disse Lei e poco dopo con un rotolo di carta portato dagli amici e dell'acqua, provava a pulire la sua pelle, dove possibile.
Poi telefono' ai genitori di Lui. E fu di nuovo frugare nelle pieghe del cuore per cercare lucidità e parole.

Poco dopo gli amici andarono, dicendo di aver messo gli effetti personali di Lui nel cassetto del piccolo comodino accanto al letto: il borsello, il telefono frantumato, il bracciale che Lei gli aveva regalato anni prima da cui Lui non si era mai separato, le cuffie di un I-pod che pero' non c'era. Quasi a sottolineare il silenzio che può seguire il boato di un frontale.

"C'e' il bracciale tuo?" chiese Lui che non mollava la mano di Lei e la carezzava in un modo affettuoso e familiare.
"Si, quello resiste a tutto, vedi?" rispose Lei.
"Resta un po' se puoi" provo' a dire parlando male, respirando male, "sai, non ricordo niente, so solo che sei qui e scusa se chiudo gli occhi. Ma se puoi resta ancora un po', anche se dormo. E nutrimi delle tue parole".

Non Le aveva mai chiesto una cosa del genere. Sembrava ci si mettessi di impegno per farla piangere. Ma Lei era determinata a resistere.
Gli chiese solo di non pensare a niente e gli disse che avrebbe aspettato che arrivasse il sonno profondo.

Fu allora che ragazzo del letto accanto le disse sorridendo: "mi sa che non ti farà andare via. Allunga la mano libera e mangiati un biscotto!"

Ma Lei aveva lo stomaco chiuso.
Certo, Lui l'aveva fatta soffrire. Ma mai come questa volta.

Poi le venne in mente una loro foto in controluce. Erano abbracciati. Due ombre abbracciate.

Tante volte si erano abbracciati con forza, tante volte quelle braccia l'avevano sollevata da terra, tante volte si erano addormentati abbracciati.
E adesso, tutta la forza che Lui aveva era di tenere la mano di Lei come una preghiera biascicata, in una carezza flebile, piena di paura e disperata nella sua solitudine, aspettando che la morfina potesse fare la sua parte.

E mentre Lui si stava addormentando senza manco rendersene conto Lei si ritrovo' gli occhi pieni d'acqua.

Sarebbe passata anche quella nottata. Oh, certo che sarebbe passata!

Nessun commento:

Posta un commento