sabato 21 luglio 2012

Lettere&Cartoline / 3

Nella notte tra il 20 e il 21 luglio del 2012, dopo un pomeriggio caldo.


Amico ingrato (anche tu ingrato, come scopro esserlo tutti coloro a cui ho dato il meglio di quel poco che potevo).
Amico comunque, in qualche maniera, amato, compreso.

Oggi la tua anima mi ha è passata accanto.
Erano quasi le 19, ed ero seduta al tavolo del bar più frequentato dagli studenti della città.
Per caso ero lì.

Davanti a me la porta spalancata sulla strada e un bicchiere di acqua e limone.
Intorno a me il vuoto curioso di chi frequenta quel posto.
Musica dalla radio, rumori dalla strada, di fatto ho alzato lo sguardo dal mio scrivere nell'attimo in cui sei apparso tu. Passavi davanti alle due porte del bar, guardavi dritto in avanti, nel vuoto.

Ti ho visto.
O meglio. Ho visto l'ombra di ciò che rimane di te: una maglietta verde, gli stessi pantaloni che indossavi in gennaio, barba lunga e capelli incolti, oppure barba incolta e capelli lunghi. Passo veloce e inconfondibilmente trasandato.
Un attimo e mi ha raggiunta la precisa, fredda sensazione del tuo male di vivere.

Non mi hai vista. Ne sono più che certa.
Guardavi a sud, la tua direzione preferita. Dritto a sud, verso la tua casa che non è. Già perché non è casa quella che si abita senza starci dentro. Quella che si è scelta per forza e spesso maledetta per i mille problemi che ha rappresentato. Per i cambiamenti necessari che ti ha imposto.

Non ho avuto la forza di chiamarti e nel tentare di alzarmi e affacciarmi alla porta per provare a fermarti mi si è rotto anche il vestito. L'ho preso come un segno.
In fin dei conti non ci saremmo detti niente di vero, di sincero. Tu avresti negato il male che ti si legge in faccia e io il mio.
Bugie per farci forti. Per sembrare meno brutti, più autonomi.
Ma mi è dispiaciuto lasciarti andare così, verso sud. Solo. Verso l'ennesima festa del venerdì con annessa l'ennesima rimorchiata del week end e gli amici e il fumo e l'alcool e una lunga fila di perle imperfette fatte di giorni inutili come quelli precedenti e a
uguali a quelli che verranno.
Eppure quella improbabile maglietta color verde giocatore del Brasile parlava per noi.
Come se ancora fossero gli anni dei venti anni, e come se ancora lo specchio non ci avesse rivelato che per noi la primavera è finita.
Le lucciole son sparite con i papaveri ed è già iniziata l'estate. Sarebbe quasi finito il tempo di mietitura, e invece siam qui come cicale afone. Ad uccider minuti e paranoia. A cantare, coglioni come pochi, che felici come adesso non lo si era mai stati. A menare il torrone con la dignità, la libertà, l'indipendenza, noi che siamo ricattabili da tutto e tutti e che non siam liberi neppure di pisciare al bisogno.

Ma il brutto lo sai qual è? E' che le cicale mica lo sanno che poi finito Caronte, Minosse, Circe, il ciclone e l'anticiclone, il freddo loro non lo sopportano.

E col freddo fuori che si mescolerà a questo gran freddo che ci abita dentro e che tu copri con la tua pelliccia di peli e io con le vesti bucate che ho, che fine faremo?
Sarebbe stato meglio usar diversamente, lumi, chiavi, parole e cervello.

E invece ogni volta è questione di orgoglio, dignità, di rispetto, di principio, di libertà. Umiltà ci vuole e magari riconoscenza.
E invece vai con l'arroganza delle sparizioni che son pure peggio delle frasine fatte e degli applausi a comando.
Ma mi faccia il piacere, direbbe Totò.
E lui principe lo era davvero.

Io di sangue blu non ne ho, non ne ho neppure rosso... Ma principessa lo sono nell'animo. E chi mi conosce, nonostante possa spalare merda per sentirsi meglio per le proprie vigliaccate e piccinerie, lo sa. Lo sa molto bene e da prima di me.

Per questo stasera, nonostante tutto, sento anche te. Il tuo vuoto. Il tuo deserto. La tua tristezza e solitudine. E li faccio un po' (ma solo un po') anche miei.
E sebbene sarai cosi superiore da non fartene di niente ti mando un abbraccio.

Domani andrà meglio. Credici.
Cambiati la maglietta, fatti una doccia e taglia barba e capelli.
Sotto a tutto quel casino di peli e colori bruttissimi troverai quello che resta di te oltre e al di lâ di quello che hai buttato via.
Di roba buona ricordo che ce n'era tanta.

Buona fortuna amico ingrato.

Di bene te ne voglio, perché il bene non è un qualcosa che conosce la ragione.
Abbiti cura, almeno un po' di più, che la vita è bella anche quando fa schifo.

No te vayas y te vas

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