mercoledì 22 giugno 2011

RIFLESSIONI / 24 sangue amaro

Impegni, appuntamenti, occasioni, ombrelli, persone perdute per mancanza di tempo e/o attenzione. Che differenza fa?

Pensi cose che poi non traduci in parole. Immagini progetti che poi non diventano realtà. Vuoi fare cose che per mille motivi non fai. Rimandi perché tanto c'è tempo o perché non vuoi trovare tempo. 
Ma tempo poi non c'è davvero e la vita passa anche per chiedere scusa a sé stessi.

Trascuri attenzioni che ricevi perché sei troppo preso dal tuo egocentrismo. Sei abituato alle attenzioni. Ti sembra addirittura naturale riceverle. Dici mille volte al giorno "grazie", "bello", "bella", perché non sai più che cosa vuol dire quella parola. Non guardi più nessuno negli occhi, o meglio: non guardi più negli occhi coloro che dai per scontato che restino sempre e comunque lì, tanto quelli ti vogliono bene ad ogni ora, ad ogni costo, in ogni modo. In tutte le stagioni.
Ma le stagioni passano veloci e la vita passa anche per dire un "grazie" col cuore e guardare chi o cosa  è davvero "bello" o "bella".

Ora, io penso che sia vero che chi ti vuole bene resta lì comunque e sempre e gratis.
Ma credo anche che questo bene vada rispettato, coltivato e onorato con verità. E non con mezze bugie "a comodo".
Se ci si fida a metà, si vuole bene a metà. E per me vuole bene solo chi si fida.

Ma il problema è più a monte.
Ci sono quelli che fanno le riunioni di famiglia, e sono famiglie piene di amore che ti ricaricano le pile. E tornano a casa pieni di bei ricordi e belle speranze. 
Ci quelli che quando fanno le riunioni di famiglia preferirebbero avere la febbre terzana. Ci vanno per convenzione, sanno che si sparla del parente di turno, che non si vede l'ora di alzarsi dal tavolo del convivio per andare via, sanno che la parola amore lì proprio non esiste.
Ci sono sono famiglie che sono tali solo all'anagrafe e famiglie di gente che a malapena si conosce ma che si sceglie per affinità elettiva e naturale.

Ora succede che, sopratttto coloro che hanno una famiglia solo all'anagrafe, si trovino incerti e insicuri negli affetti: o troppo timorosi nel viverli con serenità, o troppo affamati di volerne godere.
C'è poco equilibrio, molta emotività, tanti nervi scoperti.
E queste persone o danno poco, o danno troppo. Sempre a loro danno.

Perchè non hanno una madre che li ha sempre ri-abbracciati qualsiasi cosa sia successa, o un padre che alla fine, anche se burbero, li ha guardati con orgoglio. Non lo sanno cos'è una famiglia. Lo immaginano dai film e dalle pubblicità. Ma non lo sanno.

Per queste persone amare è davvero una cosa che si fa gratis. Lo hanno imparato sin da piccoli, perché non si può non amare un padre, o una madre, o un fratello, o una sorella anche se non è come la si vorrebbe. Si ama e basta, anche se nessuno ti carezza, o ti ringrazia, o ti vede, o ti riconosce. Tu esisti, sei grato di esistere e ami chi ti ha permesso di esistere. Ami gratis.
E queste persone, sono abituate così, ad amare anche chi le ferisce, convinti che sia l'unico modo per vivere da uomini.

E poi è chiaro che qui mi brucia qualcosa e non è colpa del caldo: sei nato e cresciuto a due metri di distanza da una persona con cui hai passato momenti divertenti, felici, tristi, con cui hai una confidenza profonda al punto che dopo 40 anni ti fa prendere addirittura in esame l'idea di condividere il quotidiano. Tutto meraviglioso fin quando, davanti alla prima scelta davvero importante che gli viene posta da terzi e che suona come "l'uno o l'altro", sceglie sé stesso senza manco pensarci o parlarne o spiegare magari in privato dal momento che fin lì eravamo arrivati insieme.

Avrei dovuto esser contenta per questa persona? Bah.
Non so: io ci resto sotto.
Mi ferisce soprattutto la facilità con cui uno si dimentica che "esisto", che dall'altra parte ci sono io, la vicina di culla nel reparto maternità.
E lo fa così, senza mostrare imbarazzo. O mostrandolo dopo.
Anzi, a dirla tutta, è un imbarazzo irritato che non ce la fa a guardarmi negli occhi perché magari sa anche di essere nel torto e sa anche con quale aggettivo classificarsi ma gli dà fastidio proprio questa consapevolezza: "lei non avrebbe fatto come me".
E' vero io non avrei fatto così. E anche se conosco parecchi aggettivi appropriati, non lo giudico perché gli voglio bene.
Va bene così
Gli voglio bene lo stesso, ma ci resto sotto.

Intendiamoci: non sono buona, né santa: sono scema. Poco rispettosa di me.
E sbaglio.
Perché poi anche in casi più stupidi e molto meno eclatanti mi capita così. Resto al palo. Non posso mai osare di chiedere. Mi si dice no. A prescindere.
"Ma come, tu che non chiedi mai, osi chiedere? E che succede? Ma siamo pazzi? E che vuoi????Tu???"

Evidentemente il voler bene così è "a senso unico": tu ci sei sempre e comunque e senza appuntamento, l'altro c'è quando c'ha voglia e tempo e non deve prendersi impegni.
Se ti lamenti dai anche modo di passare da rompicoglioni e far sì che l'altro/a si possa lavare la coscienza tacciandoti di essere mestruata.

Oggi io che penso di avere una famiglia elettiva, passo un brutto quarto d'ora. Perché prendo atto che manco quella c'ho.
E il peggio è che quella anagrafica mi è toccata così, l'altra me la sono costruita da me buttandoci del bel sangue e sudore.
Non è un bel bilancio.
Non è un bilancio che mi corrisponde: io valgo di più. E pretendo di più!
Ovvia, rimettiamoci a lavoro, che domani è un altro giorno!

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