lunedì 5 settembre 2011

*** e vado

Ho percorso quasi duemila chilometri dentro una macchina incandescente. Un viaggio fatto di benefico sudore attraverso l'Italia bella ovunque. Un viaggio per capire che si è vivi ogni attimo e si sceglie ogni attimo. Ho scelto me. Lascio agli altri i loro inferni e i loro voli pindarici, le loro distrazioni e i loro silenzi. I "ciaooo, come va?" e i "ma sei in forma splendida, ci sentiamo presto!". Lascio agli altri le parole che non sanno e non riescono a dire, quelle aggressive o incomprensibili e quelle di circostanza. Le loro incompletezze e solitudini. I loro buoni propositi e il loro andare sempre senza muoversi di un passo se non con l'immaginazione.
Ho preso la macchina, ho messo su un cd, uno solo, e son partita.
Lascio a chi, fingendo di improvvisare, organizza ogni attimo del suo viaggiare, a questi lascio la gabbia di una falsa libertà, fatta di paure.
Per quasi 20 ore, pur viaggiando per necessità e dovere a una temperatura di 42 gradi, ho guardato la strada. E lì sopra c'ero proprio io. Così bella e brutta come sono. Tra i clacson dei camionisti che salutavano le mie gambe scoperte, con i miei segni sulla pelle, con un telo di spugna bagnato d'acqua fredda all'autogrill e stretto attorno al corpo per abbassare la temperatura, le prostitute nelle stradine di campagna dove capitava di fermarsi a far pipi. E sentivo fatica. La mia fatica dell'andare.
E andavo. E vado.
E ancora vado.
E vado.

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