martedì 29 marzo 2011

***bastano circa 36 ore

Bastano circa 36 ore.
Basta un panorama che cambia.
Basta che ti ti affidi a quello che senti e sia quel che sia.

Ti trovi a parlare con gli occhi. Con le mani.
Non sai se vieni capito o no. Ma a questo non ci pensi.
Per il momento hai finito le parole. O meglio, le parole non riescono a descriverti o perchè son troppo faticose o perchè son troppo dolorose.
Alla domanda "come va?" sai rispondere solo "male". Quindi glissi, eviti, sorridi, taci.

Ti senti fredda, ti chiedi: "non ho più voglie, non so dove andare, sono solo stanca e basta. Che io sia già morta?"

Cerchi qualcosa che possa somigliarti, qualcuno che possa "sopportarti".
Cerchi minime, esistenziali, basilari, concrete certezze: pelle da carezzare, occhi da guardare, parole che possano distrarti. Per provare ad andare altrove (almeno per un po', almeno per circa 36 ore).

Mi chiedo poi cosa penseranno gli occhi che ti hanno osservata strana, cosa avrà provato quella pelle che hai sentito la necessità di carezzare. Magari imbarazzo. O forse piacere. O forse fastidio.
Il fatto è che tu cercavi solo la conferma che "l'essere umano vivo" è caldo. Non nel senso di "focosità", "ardore", "passione". Nel senso di temperatura. Circa 36 gradi.
E poi respira, più o meno regolarmente.
E ha un cuore che pulsa. Ne senti i battiti.
Ha occhi con cui ti guarda.
Ha parole con cui chiede o racconta.
Ha fame.
Ha sonno.
Ha voglia di divertirsi.

Ti senti già meglio: intanto hai avuto la conferma che la vita passa da automatismi indispensabili, piccoli gesti, grandi attenzioni di cui avevi perduto coscienza.
Ne eri "immemore" come direbbe una mia amica.
Non riuscivi più a vederli né in te, né negli altri.

Che fortuna trovare una sorta di beauty-farm dove perderti del tutto e poi ritrovarti almeno un po': dopo ci sono gli stessi guai di prima, ma con 36 ore di benessere addosso che hanno ricaricato le batterie.

E non solo!
Capita che sei fortunato. Si crea l'atmosfera adatta e in questo tuo momento di "smarrimento", vieni sorpreso da epifanie.
Ti trovi a parlare di qualcosa che non sia la tua vita, ma la vita di altri. Scopri che sei stato capace di guardarla con attenzione. Parli dei progressi che hai visto fare: bei passi avanti.
E sei felice, davvero profondamente felice, di provare amore per qualcuno che sta crescendo, che si sta evolvendo. E anche se ancora il viaggio è lungo, vedi che rispetto ad un mese fa, a un anno fa, a un giorno fa, di strada ne ha fatta tanta. E tu ne scorgi la bellezza, capisci che da lì nasce pace, serenità.

E' una "benedizione" viaggiare con qualcuno che ti cammina accanto con affetto sincero.
Perché anche quando tu sei nel buio più buio, accorgersi che l'altra persona sta andando ben spedita verso una qualche luce, ti rende orgoglioso di avere un compagno di viaggio così in gamba, ti conforta, ti fa felice.
Davanti a un piatto etnico che non avevi mai assaggiato prima, riscopri che anche tu hai fame, che anche tu hai parole, che anche tu respiri.
E vedendo che c'è chi si evolve, dimentichi il tuo essere fermo nel fango e pensi che l'evoluzione è un diritto/dovere anche per te.

Non so cos'è l'amore. L'ho detto e ripetuto.
Però credo che -qualunque cosa sia - serva anche a questo.
Penso che guardare un figlio che cresce e riconoscerlo oggi più adulto di ieri, sia cibo per la tua crescita. Penso che guardare un amico che guarisce, sia medicina anche per te.
Penso che ascoltare qualcuno che ha salutato un po' dei suoi fantasmi, serva a far sparire anche le tue paure. Penso che apprezzare l'umiltà di chi riconosce i propri limiti e le proprie eccellenze, sia nutrimento per la tua umiltà, i tuoi limiti e le tue eccellenze.
Penso che riflettere sulle parole che usano gli altri per descriverti (azzeccate o meno che siano), sia fondamentale per imparare ad usare le parole giuste per parlare agli altri.
Penso che onorare anche il più piccolo sforzo che fa chi ti vuole bene per venirti incontro e, di conseguenza, perdonare le sue mancanze, sia il modo più naturale, semplice, dovuto e bello di dire un grazie che non è di forma, ma di sostanza, perchè nasce dal cuore.
Già, quel tuo cuore inguaiato che è ancora lì nel buio ma che (fosse anche per 36 ore), hai sentito battere forte. E lo hai sentito parlare.
E ti ha detto che se la vita di chi ti vuole bene è serena, è più serena anche la tua.
E ti ha detto che se chi ti sta vicino è felice, sei più felice anche tu.
E ti ha detto che se quel cibo che non amavi ti è offerto col cuore, diventa buono.
E ti ha detto che persino le parole che più possono ferirti se sono dette con amore, sono parole preziose.

Poi viene il tempo di ripartire. Già. Verso dove? Guardi ovunque: non c'è niente che ti sorride.
Non ti sta sorridendo neppure un angolo di cielo perché piove che manco la macchina ce la fa a marciare sull'asfalto (e sì che è bella grande!).

Però decidi di non affogare subito sotto tutta quell'acqua. E respiri quel poco di ossigeno conquistato in 36 ore circa: hai ancora addosso l'odore di chi, con un abbraccio ti ha detto che prima o poi un ombrello lo si trova. Non c'è acqua che può tirar via quel profumo.

Così, se il cielo non ti sorride, lo guardi e gli sorridi tu...qualcuno deve pur cominciare!
E ne hai di che sorridere, pur in apnea e dentro il fango!
Pensaci: hai fatto una grande esperienza, in appena 36 ore.
Sì! Perché perdersi, uscire dai propri pensieri e calarsi nella vita di qualche altro che ti apre il cuore e ti dice di sé delle sue conquiste e delle sue paure, delle sue fatiche e delle sue certezze, delle sue delusioni e dei suoi sogni è incontrare di nuovo il calore della vita. La passione per la vita.
Quella vita che ti sembrava di non sentire, di non avere più addosso.

Piova pure quanto gli pare: per queste 36 ore è stato tutto sorprendente e meraviglioso.
Piova pure quel che deve piovere: anche se lo metterai in dubbio altre mille volte, la vita è bella comunque.
E tu hai una gran fortuna: hai qualcuno che è lì a ricordartelo!

Grazie

Getting crazy on the waltzers but it's the life that I choose




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