domenica 6 marzo 2011

Quando l'amore è solo un andare altrove (A Ma Femme - Charles Aznavour)

Lui era sicuro che Lei non l’avesse mai tradito.
E adesso, davanti a tanta evidenza, che avrebbe fatto?
Non era ciò che pensava la gente che lo tormentava. Era proprio che Lei lo aveva tradito nel modo peggiore.

Lui era certo che Lei non l’avrebbe mai lasciato.
E invece l’aveva vista andarsene all’alba -come una ladra- a braccetto di un certo signor cancro.
Sì, come una ladra, quella schifosa: l’aveva lasciato e andandosene aveva rubato anche la sua vita.

Era sempre stato sicuro che sarebbe stato Lui il primo.
In quasi 50 anni insieme ne avevano attraversati di mari agitati, si erano voluti bene ma anche trattati parecchio male, ma questo no, non poteva perdonarglielo.

E adesso, finite le interminabili procedure del caso, salutate tutte quelle persone, tranquillizzati figli e nipoti era lì, solo, in quella casa vuota.

Erano passati pochi giorni dalla processione dei parenti e dei vicini.
Aveva ricominciato a vivere..ma no, non ci riusciva.
Vivere per che cosa? Almeno fosse riuscito a piangere! Neppure quello, era troppo arrabbiato.

E a voce alta, camminando con passo un po’ insicuro, girellava per la casa parlando con Lei: “Prima parlavamo di quello che avremmo fatto, in un attimo ci siamo ritrovati a parlare di quello che era già stato, e adesso con chi parlo che tu te ne sei andata?”.

Si erano conosciuti da ragazzi: Lui ricordava esattamente il momento in cui la vide. Lei aveva un vestito leggero a fiori, lo stesso con cui quella mattina al’alba l‘aveva vista andare via.
Si era vestita bene per tradirlo, la schifosa! Lo aveva fatto seducendo quel bastardo di amante con lo stesso vestito che aveva fatto innamorare lui.

Si era incamminata sorridente, come una che se ne frega di lasciare una vita fatta di piccole sicurezze e piccole abitudini. Se n’era andata guardando il suo amante con malizia, come a sfidarlo: “dai, conquistami…” e aveva lo stesso sguardo di quella sera che poi Lui le aveva dato il primo bacio, sotto un tiglio appena un po’ lontano da uno dei lampioncini che illuminava la balera all’aperto in un caldo giugno chissà di quale anno.

Lui ricordava tutto di quel momento: Lei, il suo vestito, il suo profumo, la sua paura. E poi i papaveri e le lucciole tra il grano di quei campi appena fuori dal paese dove quella sera si faceva festa e si ballava.

Perchè Lui l’aveva corteggiata mesi, e quella sera l’aveva invitata a ballare poi, si era fatto coraggio aveva affrontato lo sguardo malizioso di Lei che pareva dirgli  “dai, conquistami…” e allora l’aveva portata sotto quel tiglio.
Dopo quel bacio era iniziato un viaggio lungo quasi cinquant’anni.

E ora?
Chi poteva immaginarselo che Lei non ci fosse più, che se ne fosse andata in quella maniera. Come una ladra, la schifosa!

C’era rimasto il vuoto in quella casa, un vuoto ormai definitivo.
Perché il vuoto c’era anche quando Lei era lì e i figli ormai erano andati via, e i nipoti cresciuti al punto che ogni tanto passavano a salutare...giusto la domenica.

E in quel vuoto loro due, che ormai si erano detti tutto, non avevano più parole da regalarsi.

Solo discussioni perché lui lasciava le scarpe fuori posto o comprava troppo pane e poi teneva la televisione altissima e Lei non lo sopportava.
Lui invece non sopportava che Lei leggesse a letto, con tutta quella luce che gli impediva di dormire.

Quella sera la figlia e il nipote erano passati a portargli un po’ di spesa. Avevano preparato la cena per lui. Lui aveva sorriso nel salutarli.

Ripensò agli ultimi 50 anni e gli sembrò che fossero passati cinque minuti.
“Maledetto quel vestito a fiori” diceva
“Maledetto quel giugno” imprecava
“Maledetto quel cielo che ora ti tiene con sé” bestemmiava
“Maledetto quel bastardo che ti ha portato via” continuava fuori di sè

Gli sembrava di urlare ma in realtà era seduto su quella sua poltrona lisa con la televisione a tutto volume.

Erano passati pochi giorni dalla processione dei parenti e dei vicini. Aveva ricominciato a vivere..ma no, non era vita e proprio non ci riusciva.
Lo perseguitava l’idea di Lei con quel vestito a fiori, di Lei sorridente che se ne andava con quell’inqualificabile amante.

“Schifosa!” disse forte e finalmente riuscì a piangere.

Un pianto infinito. Nessuno avrebbe potuto misurarne la lunghezza.

Poi si alzò dalla poltrona, andò a metter via le scarpe lasciate in disordine. Non c’era pane avanzato quella sera.
"Meno male", si disse.

Si avviò a letto.
Accese la luce dalla parte di Lei. Si girò come se Lei fosse lì: “scusa per prima, non volevo dirti schifosa, ma è che non dovevi esser tu ad andare, me lo avevi promesso”.

In quel momento sentì la voce di Lei che brontolando gli diceva: "Uhhh, girati e dormi se ti dà fastidio la luce”.

Lui, sorrise, capì che andava tutto bene, che lei lo aveva perdonato.
Chiuse gli occhi.
Si sentì leggero, libero.
Poi fece un sogno lungo 50 anni.




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