sabato 26 marzo 2011

Quando l’amore nasce dall’orrore (Smisurata preghiera – Fabrizio De Andrè)

Lei aveva avuto pochissimo dalla vita ed aveva appena sette anni.
Giusto  una madre e neppure troppo presente. Tant’è che dopo quanto era accaduto pensò bene di lasciarla sola perché lei, la madre, aveva troppa vergogna.
Tutti lo sapevano, tutti la scansavano, tutti la guardavano con pena e disgusto. Era come se il dolore diventasse schifo negli occhi degli altri.
Dalla sua parte la nonna, che viveva per far sì che Lei potesse dimenticare.
Già, dimenticare.
Dimenticare quel pomeriggio che aveva avuto il permesso di andare al luna park con i due vicini di casa. Due signori rispettabili, umili ma rispettabili, padre e figlio.
I soldi erano pochi e trovare chi poteva offrire a quella bambina un po’ di svago era sembrata una bella occasione. Dopo la scuola infatti i suoi pomeriggi erano trascorsi con la nonna a fare pulizie per i piccoli condomini popolari della piccola periferia di quella piccola città.
E fu così che, felicissima, quel pomeriggio partì con i suoi macellai per andare al luna park, vero avvenimento cittadino di fine primavera.
Quella sera non tornò a casa.
Fu trovata molte ore dopo dalla polizia ancora svenuta in una piccola stanzetta dove i giardinieri riponevano gli attrezzi, ricavate a margine del parco pubblico che ospitava il luna park.
Lei non era solo svenuta: era letteralmente sventrata.
Violentata al punto di non avere più un ventre.
Per i due animali un processo e qualche articolo nella cronaca cittadina (allora se ne parlava poco).
Per Lei interventi di chirurgia e poi di chirurgia plastica.
Infine, con il ventre pieno di cicatrici la vita era salva, ma la prospettiva era quella di diventare una donna che non avrebbe mai potuto passare la vita.
Non avrebbe potuto essere madre.

La nonna aveva fatto di tutto per farle dimenticare quella terribile carneficina che non sapeva neppure raccontare, capire, credere vera. La madre era scappata per la vergogna e forse in quel momento il trauma più grave da superare per Lei fu questo.
Pensò che fosse per colpa sua che la mamma l’aveva abbandonata. Per quella cosa che era accaduta, perché era stata male e aveva passato tanto tempo in ospedale. Perché non veniva considerata come gli altri bambini.

Poi era cresciuta mettendo i sensi di colpa e la disperazione dell’abbandono in un angolo segreto del suo cuore e della sua testa.
Non ci pensava più ed era come se non ci fossero.
Era bellissima e se accorgeva ogni giorno tanti erano i suoi corteggiatori.
Ma era una ragazza da “evitare”, così dicevano le madri degli altri. Anzi: “una famiglia (quel poco che aveva di famiglia) da evitare”. Lo diceva "la maggioranza" dei benpensanti.

Crescendo conosceva persone nuove che non sapevano, non erano di quel quartiere. Ai ragazzi che incontrava però non raccontava il suo passato.
Teneva segreta la sua infanzia. E lo faceva senza sceglierlo, semplicemente perché gli veniva “naturale”.
Sembrava davvero aver dimenticato.

Poi, dopo un po’ di esperienze, incontrò un ragazzo che le fece battere il cuore. Lo sposò. E miracolosamente, senza manco cercarlo, senza fare fatica, ebbe da lui un figlio.
Lo crebbe in grembo con paura. Sapeva di rischiare molto. Ma decise di fidarsi della vita.
Nacque: bellissimo, perfetto.
Le sembrò chiaro allora che “quel niente che non ricordava”, non era mai accaduto.
La prova era quella meravigliosa creatura che aveva dato alla luce.

Dopo un po’ di felicità furono però i ricordi ad affiorare. Di fatto le sembrava di essere troppo felice e di non meritare quella felicità.
Non meritava neppure quella meraviglia di figlio che – era certa - avrebbe pagato per il passato che l’aveva tanto segnata.
Lei era la donna delle cicatrici e presto anche il cesareo divenne una sorta di “peccato” da scontare.

Fu infatti con l’accusa di essere diventata madre e aver iniziato a trascurare il marito che dovette sopportare nuova violenza.
Lui, che si era sentito come messo in secondo piano rispetto al figlio, iniziò a giocare col sesso. Anche con estranei, fino ad esagerare. E quando Lei si rese conto di cosa stava accadendo ebbe il coraggio di rifiutare anche lui.
Fu l'ennesima prova del fatto che Lei non meritava la felicità.
Una sorta di “condanna”. Di “destino” ineluttabile il suo.

E la sua testa iniziò a suggerirle altre “soluzioni”. Alcool, farmaci. Fino ad arrivare in fin di vita per due volte in ospedale.
Poi una lunga terapia per imparare ad amarsi un po’. Almeno un po’.

E questo le richiese tanta forza: dovette tornare a quel pomeriggio, rivivere quello che aveva già vissuto e cercato di sublimare, per scendere fino in fondo, dentro quell’orrore infinito e poi finalmente risalire. E provare a chiamare le cose col loro nome. Senza più giudicarsi o peggio sentirsi colpevole.

I medici l’avevano aiutata, ma fu Lei e solo Lei che decise di farcela.

Continuò ad essere madre, lottò per riuscire ad “esserci” sempre e comunque per suo figlio.
Trovò un lavoro nuovo e un po’ di pace.
Un giorno incontrò un uomo nuovo. A dire il vero ne aveva incontrati tanti, perché era sempre bellissima, ma non li voleva neppure più guardare. Non le interessavano. Non le piacevano.
Quel giorno però ebbe il coraggio di puntare il suo sguardo dritto negli occhi di quell’uomo.
E le parve così tanto dolce che a lui confidò subito tutto.
Lui l’accolse. L’abbracciò così com’era. Senza paura, senza schifo, senza giudizio, con amore.

Lei si trovò davanti a un fatto nuovo.
Bastò un abbraccio e capì che quella era casa sua.
Provò per la prima volta a mettersi in gioco davvero.
Disarmata come sempre era stata, ma stavolta sentiva di non essere davanti a un assassino.
Lasciò andare le paure del passato e provò a fidarsi ancora della vita.
Una vita che fino ad allora le aveva lasciato solo cicatrici. L’unica sopportabile col tempo era tornata ad essere quella del taglio cesareo.
Fu grazie a quel “di nuovo fidarsi” che iniziò a vivere la sua vera vita.

Era sopravvissuta a tutto.
Adesso sapeva che ce la poteva fare.

E mai fu bella come in quel momento, il momento in cui ancora e di nuovo e in piena libertà disse il suo SI alla vita.
La sua vita, nonostante tutto e tutti, finalmente.

che dopo tanto sbandare
è appena giusto che la fortuna li aiuti
come una svista
come un'anomalia
come una distrazione
come un dovere






Nessun commento:

Posta un commento